«Non posso annacquare la Morale...», così diceva Padre Lio, fedele alla Verità, illustre e stimato maestro di Teologia morale. Sulla Dottrina – specie riguardo a Matrimonio e famiglia – nulla poteva smuoverlo dalle sue forti posizioni: non “sue”, in verità, ma della Chiesa di Cristo.
Nel dibattito di questi nostri giorni sulla famiglia, proprio in mezzo a tanto pensiero distorto entrato anche tra coloro che ci dovrebbero custodire nella Verità, ritorna alla memoria la figura di un illustre maestro, il Padre Ermenegildo Lio, dei Frati Minori Francescani, del quale Gesù stesso si servì in modo singolare per il trionfo della Verità riguardo alla santità del Matrimonio cristiano e alla difesa della vita.
“Un caso di 20 pagine”
Nacque a Castiglione Cosentino (Cosenza) il 3 maggio 1920, allora festa dell’Invenzione della Santa Croce di Gesù. Al Battesimo fu chiamato Ferdinando e nella sua cattolica famiglia crebbe nella fede, nella rettitudine morale, nell’amore a Gesù con uno stile di luce e di coraggio che già conquistava. Quindicenne, entrò nell’Ordine dei Frati Minori il 4 ottobre 1935, festa di san Francesco d’Assisi: vestendo il santo saio del “tutto Serafico in ardore”, assunse il nome di Fra Ermenegildo, con l’intento di essere tutto di Dio. Novizio esemplare, il 5 ottobre 1936 offriva a Dio la sua prima Professione religiosa. Seguirono gli studi filosofici e teologici, condotti con impegno e passione, ardente nella ricerca e nell’approfondimento del Verbo divino.
Tra gli studenti dei Seminari dei Frati Minori di Calabria, si distinse presto per la sua predilezione alla Teologia Morale, tutta incentrata in Gesù, sommo Maestro di vita e santità. «Quando era studente – ricordava un suo anziano Confratello – Fra Ermenegildo, dovendo trattare un caso di Morale, scriveva 20 pagine, con profonda documentazione, lucidità e passione. Noi ne scrivevamo 2-3 pagine».
A 23 anni, al termine della Teologia, era già un maestro: «Non posso annacquare la Morale: lo vuole il Vangelo, una Morale esigente». Il 19 marzo 1943 offrì a Dio la Professione perpetua; il 25 luglio 1943 (lo stesso giorno del crollo del Duce del Fascismo in Italia) era ordinato Sacerdote. Una gioia immensa nel cuore, di essere diventato non solo “alter Franciscus” ma “alter Christus”.
Immediatamente dalla Calabria fu mandato a Roma a specializzarsi e a laurearsi in Teologia morale, presso il Pontificio Ateneo “Antonianum”, alla scuola allora di dotti e retti maestri. Il giovane Padre Lio attrezzò la sua mente di una formidabile preparazione filosofica, storica, teologica e ascetica, radicandosi profondamente nella dottrina di san Tommaso e diventando sempre di più profondo conoscitore delle Fonti patristiche e medioevali e del Magistero della Chiesa, così da essere chiamato a soli 30 anni, nell’anno accademico 1950/’51, a insegnare – sempre Teologia morale – alla Pontificia Università Lateranense come Ordinario.
Un grande maestro
Religioso esemplare, dall’intensa preghiera eucaristica e mariana e dalla filiale devozione all’Immacolata, imitatore appassionato di san Francesco d’Assisi, docente sicurissimo per la Dottrina e la indiscutibile competenza, per volontà del venerabile Pio XII iniziò con l’essere consultore al “Sant’Uffizio” dove sarà riconfermato più volte nell’incarico prestigioso.
Perito al Sinodo romano, indetto da Giovanni XXIII e nelle commissioni preparatorie al Concilio Vaticano II, e in seguito durante lo stesso Concilio, Padre Lio appena quarantenne vi portò la sua straordinaria scienza teologica che spaziava dalla Sacra Scrittura ai Padri ai Pontefici e ai Teologi di tutta la Chiesa, attinta alle fonti di prima mano costantemente approfondite, insegnata a schiere di candidati al Sacerdozio e ai “titoli accademici”, illustrata in numerosi scritti su diverse questioni.
Al suo posto, redasse lo schema “Sull’ordine morale cristiano”, in cui confutando “i novatori”, affermava che la Legge di Dio non dipende dalla situazione né dalla coscienza soggettiva di ciascuno, ma è reale e vera in se stessa, è “oggettiva” secondo l’ordine stabilito da Dio stesso. In seguito, lo schema diventerà un luminoso trattato, L’ordine morale cristiano (Pont. Università Lateranense, Roma 1972, pp. 231): stupendo rileggerlo oggi, questo testo, per ritrovare da parte soprattutto delle guide del popolo di Dio la rettitudine morale di cui “chierici” e laici abbiamo urgente bisogno.
Lavorando sulla stessa linea dell’oggettività e della fedeltà assoluta ai Comandamenti di Dio, preparò pure lo schema sulla indissolubilità-santità della famiglia, meritandosi l’elogio di diversi Teologi, Vescovi e Cardinali. (Attingiamo queste notizie biografiche dal libro di Padre Lio, Humanae vitae e infallibilità, Libreria Editrice Vaticana, 1986).
Papa Paolo VI, conosciutolo di persona, prese a stimarlo a fondo per la sua Dottrina e l’esemplarità della vita religiosa e lo volle vicino a sé come consigliere, amico e sostegno, scambiando spesso con lui, a voce e con note autografe, idee e riflessioni utilissime.
Nell’autunno 1965, il Concilio volgeva al termine e venivano approvati i suoi Documenti, tra cui la Costituzione pastorale Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Grazie a Padre Lio, lucido e attento su tutto, tanto più su temi tanto gravi che ne parlò al Card. Alfredo Ottaviani, la medesima Costituzione poté essere perfezionata con il richiamo alla Casti connubii (1930) di Pio XI, e ai discorsi del 29 settembre 1951 (al Convegno dell’unione italiana delle ostetriche) e del 12 settembre 1958, di Pio XII, che già aveva affermato senza alcun dubbio la Dottrina della Chiesa sul Matrimonio, in modo limpido, chiaro e immutabile: il fine del Matrimonio è la trasmissione della vita e non è mai lecita la contraccezione (cf. Gadium et spes, cap. 51 e nota 14, opera di Padre Lio). La contraccezione era e resta peccato mortale che offende gravemente Dio e meriterebbe l’inferno.
Di questo principio mai dubitò Paolo VI che volle riservata a sé l’ultima parola sulla questione, anche per rispondere in modo autorevole a tutte le obiezioni di quelli che dissentivano dalla Legge di Dio e dal Magistero della Chiesa (Padre Lio, Humanae vitae e infallibilità, cit. pp. 455-456). Soprattutto, per opera di Padre Lio, docile strumento nelle mani di Gesù Maestro e Redentore, la verità di sempre sul Matrimonio e sulla vita, sulla castità giovanile e matrimoniale, doveva emergere, oltre i fumi delle passioni e dei sofismi, in tutto il suo splendore.
Humanae vitae, 1968
Sulla persona di Paolo VI, giunsero pressioni di ogni genere affinché dichiarasse lecito oggi con i moderni mezzi contraccettivi ciò che non è mai stato né può essere mai lecito. Paolo VI sentì più volte di persona Padre Lio e lo incaricò di trovare Telologi esimi e di redigere “il voto”. Scrive Padre Lio: «Feci “un voto” di quasi duecento pagine che aveva come titolo “Sull’intrinseca malizia della contraccezione”. In quello studio [...] non solo rispondevo alle varie obiezioni, ma mostravo positivamente come poteva essere la risposta del Papa, e quanto al contenuto e quanto alla qualifica di immutabilità e irreformabilità. Con documenti non conosciuti, mostravo che anche i pretesi argomenti permissivi per ragione dell’amore coniugale, della totalità degli atti, ecc... erano già conosciuti dai teologi del secolo passato e mai erano stati accettati».
Il 25 luglio 1968 (era proprio il XXV anniversario della Ordinazione sacerdotale di Padre Lio), Paolo VI, sfidando impopolarità e contestazione, pubblicò l’Enciclica Humanae vitae in cui affermava in modo chiaro e preciso, al cap. 14: esclusi aborto e sterilizzazione, «è altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale o nel suo compimento o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga come scopo o come mezzo, di rendere impossibile la procreazione» (Tutto questo, è stato sempre confermato dai Pontefici, trattandosi di Magistero infallibile, immutabile e non riformabile da alcuno, parte integrante del “Sacro Deposito” della Fede e della Tradizione cattolica).
Paolo VI si attirò addosso l’ira dei progressisti che volevano calpestare la santa Legge di Dio, e l’odio del mondo, ma resistette senza cedimenti, sostenuto anche da Padre Lio; il quale scriverà: «Paolo VI poi mi ringraziò per lo studio e per il lavoro, nella preparazione non di una semplice asciutta e fredda risposta, ma poi anche di un’enciclica ben nutrita» (Ivi, p. 462). Nella sua umiltà, Padre Lio però commenta: «Il vero e unico Autore è il Sommo Pontefice Paolo VI. Personalmente non ho avuto e non ho che sofferenze che accetto gioiosamente per testimonianza a Cristo, l’unico infallibile Maestro» (Ivi, pp. 422/425).
Forte nel sacrificio
In difesa della Dottrina della Chiesa di sempre, da Gesù al Concilio di Trento, a Leone XIII, a Pio XI, Pio XII e Giovanni Paolo II, Padre Lio scrisse due libri carichi di luce: Humanae vitae e coscienza (Ed. Vaticana, 1980) e il più volte citato Humanae vitae e infallibilità (Ed. Vaticana, 1986) da cui non si finisce di imparare e di ammirare lo splendore della Verità che la Chiesa insegna, senza venire mai meno, neppure nei tempi più confusi e burrascosi. In questa opera monumentale – più di 900 pagine, che abbiamo letto – con il coraggio del profeta biblico e dell’apostolo autentico di Gesù, a p. 252 Padre Lio scrive: «È gravemente colpevole chi compie volontariamente l’atto contraccettivo. Non si può essere arbitri dell’opera divina e creatrice, come ammonisce l’Enciclica al n. 13. La Humanae vitae difende e promuove non solo la vita umana che secondo il disegno del Creatore può e dev’essere ordinata immutabilmente secondo la Legge divina; ma la stessa natura dell’uomo e degli sposi, indica che essi sono “cooperatori, non creatori, senza perdere, anzi arricchendo, la loro stessa natura sacra e la propria identità! Quando si vuole legittimare il peccato contro la vita in cui Dio solo può infondere l’elemento essenziale, l’anima immortale, è voler legittimare la propria insipienza creaturale [...]. I dissidenti dalla Humanae vitae... sono empi”».
Per questa sua forte posizione Padre Lio ebbe un cumulo di sofferenze accolte per rendere feconda la sua missione di Teologo della vita e della santità del Matrimonio e in riparazione di tanti peccati contro la purezza e contro la vita, contro quanto Dio di più sacro ha creato. Sostennero Padre Lio la sua fede invitta, la celebrazione del Santo Sacrificio della Messa, l’Adorazione eucaristica e il Rosario alla Madonna, sgranato ogni giorno, la riconoscenza di ottimi Sacerdoti e Confessori che, nei suoi libri di Teologia morale trovano ancora oggi la luce per il loro ministero, e pure la riconoscenza di giovani e di sposi che da così grande maestro ebbero l’aiuto per essere casti e santi.
A chi voleva fargli smentire l’Humanae vitae rispondeva, fermo come roccia: «Non sono io, è il Papa, è la Chiesa, è la Verità immutabile di Gesù Cristo!». Per questa causa ebbe a soffrire fino all’ultimo giorno. Giovanni Paolo II lo confortò con una lettera autografa (possiedo la fotocopia di questa lettera) in cui il 21 luglio 1986, gli esprimeva «animo grato e vivo apprezzamento per i sentimenti di sincera adesione al Magistero della Chiesa, che hanno sempre guidato la sua attività di ricerca e di insegnamento», e gli impartiva «una speciale benedizione apostolica, pegno della continua assistenza celeste per la fervorosa perseveranza nell’amore alla Verità e nel servizio delle anime».
Dopo la sua morte, avvenuta il 6 maggio 1992 a Grimaldi (Cosenza), sul ricordino funebre, i suoi Confratelli di Calabria scrissero mirabilmente di lui: «Dottore esimio, lodò Dio, servì la Chiesa, onorò il nostro Ordine, insegnando, scrivendo, soffrendo molto. In un periodo di arbitrarie teorie, attinse solo al Vangelo, ai Santi Dottori, al Magistero. Saldezza di dottrina, integrità di costumi, in una visione mistica della vita».
E noi spieghiamo: in mezzo a uomini, definiti da Paolo VI, «sfrenati nella carne e folli nello spirito», grande difensore della purezza, della santità del Matrimonio, della vita, secondo il progetto di Dio. Che cosa direbbe oggi davanti al gigantesco tentativo di profanare Matrimonio ed Eucaristia? Come Gesù, avrebbe parole di Verità, parole di fuoco.