Il sogno francese di quella che fu una delle rivoluzioni che ha cambiato il corso della storia deve cedere il posto alla realtà. Sempre più manifesta è la debolezza di un pensiero che ha voluto costruire un’Europa e una cultura senza Dio. Le vicende di Parigi ne sono un primo monito.
Hanno messo in ginocchio la Francia gli attentati rivendicati dall’Isis e, come prevedibile, si ascoltano le voci dei leader politici e con esse si cercano strategie e soluzioni. L’attentato di Parigi non è un attentato solo contro i francesi, ma alla pace dell’umanità. Quanto successo a Parigi, in un prossimo futuro, potrebbe accadere in qualunque altra parte del mondo, anche in Italia, dove sono forti le preoccupazioni per l’imminente giubileo.
Strano, però, che questo massacro si sia tenuto proprio in uno Stato in cui si esalta il suo carattere della laicità, in nome della quale sono stati tolti crocifissi dalle scuole, e finanche introdotto lo studio della cultura islamica, nei programmi scolastici. Strano che succeda nella laicissima Francia che tollera nel suo territorio la presenza di forti concentrazioni islamiche, tanto da far sussistere, all’interno del suo Paese, dei sub territori, le cosiddette “zone islamiche”, che rendono insicuri i cittadini dello Stato ospitante, nelle quali è impossibile accedere e dove, alcune volte, è necessario l’intervento dell’esercito per entrare in queste “repubbliche indipendenti” all’interno delle città. La periferia di Parigi ne è un esempio, i vicoletti di Lione un altro, molte zone di Marsiglia sono ad esclusiva fruizione di musulmani e via discorrendo.
La laicità dello Stato doveva essere la nuova bandiera sotto cui si sarebbero dovuti riconoscere gli uomini di tutto il mondo; la dea ragione si sarebbe dovuta innalzare a simbolo di una nuova civiltà; il progresso scientifico avrebbe dovuto liberare l’umanità dai residui superstiziosi della religione o, quanto meno, piegare la religione ai principi universali dello Stato laico. Sembrava che la Francia stesse realizzando il sogno di deificare lo Stato e invece un gruppetto di 20, forse 30, uomini armati ha piegato il Paese. Proprio quando la Francia consolidava sempre le “conquiste” dello Stato laico, come l’estrema facilitazione per aprire i corridoi dell’aborto e dell’eutanasia, le nozze gay e quant’altro viene stoltamente considerato diritto, proprio quando ormai lo Stato si era sostituito a Dio, la Francia è ferita. La divinizzazione dello Stato, cominciata con la Rivoluzione francese, si trova oggi a fare i conti con la storia e a constatare il proprio fallimento. Questo, però, nei commenti televisivi, nessuno lo dice, né lo leggiamo sulle pagine di qualche quotidiano.
Certo c’è l’orgoglio dei cittadini e la ripresa ci sarà, anche se, non solo in Francia, l’effetto di questi attentati è quello di far accrescere il senso di insicurezza tra i cittadini del mondo e non solo quelli francesi. Dobbiamo però chiederci se si poteva evitare, o quanto meno se è stato fatto tutto quello che si doveva fare per evitare questo massacro. Sono interrogativi che aprono a risposte con scenari diversi, ma se vogliamo essere sinceri, semplici e concreti, dobbiamo dirlo: l’attentato è una conseguenza di questa cultura della tolleranza, in nome della quale ci si spoglia della propria identità e quando un popolo non riconosce più le proprie radici è come un figlio che non si riconosce più nella propria madre. Se non si riconoscono le proprie origini, se tradiamo la nostra identità, non abbiamo più riferimenti oggettivi e rischiamo di scambiare la tolleranza socialmente negativa per la collettività e, dunque, per i cittadini di uno Stato, come un’azione di progresso civile. Ora la Francia ha chiuso le frontiere, ma a cosa serve se esistono nel suo Paese zone islamiche in cui si può entrare solo con l’esercito e un nutrito squadrone di polizia?
Il sogno di quella che fu una delle rivoluzioni che ha cambiato il corso della storia si sta infrangendo sullo scoglio di una realtà che ci mostra tutti gli errori di un pensiero che si è voluto sostituire a Dio, che ha costruito un mondo senza Dio, che si è illuso di unificare uomini di ogni razza, religione, sesso, sulla condivisione di principi disumani. È questione di tempo, solo questione di tempo. Negare il bisogno fondamentale dell’uomo, cioè quello di riconoscersi nel vero Dio, è, invero, un atto disumano che si può ottenere in due modi: o negare la religione rivelata da Cristo, o assoggettarla alle pretese delle Stato come nei “migliori” regimi.
La questione è sempre e solo una: riconoscersi nella Verità di Cristo; non in una “verità” tra le tante, come se la Verità fosse il frutto di un processo storico, ma nell’unica religione rivelata mediante la Nascita, la Morte e la Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Il processo storico può avere anche una certa influenza, ma mai dovrebbe intaccare i baluardi del pensiero cristiano, come si sta facendo già da qualche decennio. Lo Stato e tutte le altre componenti sociali dovrebbero essere a servizio di questa unica, grande Verità. Altre strade per uscire dalla crisi in cui stiamo cadendo tutti, uno dopo l’altro, come le persone sotto i colpi dei terroristi nel teatro di Bataclan, non ce ne sono. Questo è l’unico modo per invertire la tendenza che si è originata. In caso contrario penso che la stessa sorte toccherà a Roma.