RELIGIONE
La Chiave della Scienza
dal Numero 46 del 22 novembre 2015
di Antonio Farina

«Guai a voi, dottori della Legge, che avete tolto la chiave della scienza...». Così si rivolge severamente Gesù ai dottori della Legge. Ma cos’è la Chiave della Scienza a cui si riferisce il Salvatore? Dove e come trovarla?

Nostro Signore Gesù Cristo durante tutta la Sua vita pubblica si scontrò più volte e in alcune occasioni in modo molto aspro con i notabili del suo tempo: farisei, sadducei, scribi, e sommi sacerdoti. Pur con diversi toni e non senza i dovuti distinguo – «C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei» (Gv 3,1) che fu trattato piuttosto “bene” –, Gesù ebbe sempre parole chiare, severe, molto critiche per non dire di aperto dissenso verso tutti costoro. Ma chi erano e che cosa Nostro Signore rimproverava loro? 
1) I farisei: il loro nome proviene dall’ebraico e aramaico parush o parushi, che significa “colui che è separato”. Erano fondamentalmente dei laici, non appartenevano all’ordine sacerdotale, fingevano di amare intensamente la Legge di Dio ma amavano di più se stessi e i loro interessi. Per far trasparire all’esterno questa loro osservanza di facciata moltiplicavano i precetti, imponevano gravosi fardelli al popolo, sembravano rigorosi nelle loro opere umane. Erano molto ammirati dalla gente per la loro pseudo-perfezione nel rispetto delle norme divine.
2) I sadducei: ricchi e potenti, tra le loro fila veniva scelto il sommo sacerdote, non credevano alla vita dopo la morte e, socialmente parlando, non disdegnavano nemmeno di collaborare coi Romani, invasori e occupatori della Palestina. Mentre i farisei si attribuivano un’autorità mosaica nelle interpretazioni delle leggi ebraiche (Halakhah), i sadducei incarnavano la casta sacerdotale e vantavano la loro “patrilinearità” da Aronne fratello di Mosè. Punto di conflitto coi farisei (irriducibili avversari nel Sinedrio) era la diversa interpretazione della Torah e su come dovesse essere applicata alla vita ebraica. I sadducei riconoscevano solo la Torah scritta e respingevano le dottrine della Torah orale e ogni altra forma di tradizione trasmessa verbalmente. Viceversa dal punto di vista dei farisei i sadducei volevano cambiare la comprensione ebraica della Rivelazione. Secondo Flavio Giuseppe, il grande Storico del giudaismo, le divergenze tra queste due classi erano non solo di ordine religioso ma anche filosofico: mentre i sadducei credevano che la persona avesse un completo libero arbitrio, i farisei erano attanagliati dal dubbio che la prescienza divina del destino umano andasse ad indebolire la libertà della persona. Facevano, insomma, parecchia confusione.
3) Gli scribi erano specialisti nello studio della Bibbia e nella spiegazione dei precetti della Legge. Erano – per così dire – una categoria “trasversale”, si facevano chiamare «rabbì», cioè maestri ed erano quasi tutti farisei. Esperti di scrittura, tra i quali figuravano non pochi sacerdoti colti, gli scribi ebrei erano dotti conoscitori di regole e dottrine culturali specializzati nella trascrizione dei testi sacri, sempre in lingua ebraica, avevano il compito di custodire la Legge di Dio racchiusa nelle Scritture. A partire dall’esilio in Babilonia, ebbero anche l’incarico di leggerla, tradurla e interpretarla per il popolo. Il Profeta Geremia fin dal VI secolo a.C. li indicava come i veri concorrenti dei sacerdoti.

La chiave rubata

Il Vangelo di san Matteo soprattutto nei capitoli 21, 22 e 23 rende ampia descrizione di come Nostro Signore aveva tacitato sia i farisei che i sadducei confutando e condannando tutti i loro errori dottrinali: «Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme» (Mt 22,34), e per questo motivo essi cercavano di ucciderlo e lo assillarono con molte questioni tendenziose: «Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi» (Mt 22,15). I motivi di contrasto sono rimasti famosi: l’ipocrisia e il formalismo dei farisei, le guarigioni e i miracoli fatti nel giorno di sabato, la bontà del battesimo di san Giovanni, la morte dei Profeti, il tributo a Cesare e le tasse imposte dai Romani, il tesoro del Tempio e, non ultimo, il problema della risurrezione dei morti che i sadducei si sforzavano di dimostrare impossibile con l’esempio della donna sposata con sette fratelli che nell’Aldilà non si sarebbe capito di chi fosse moglie... Gesù li mise “a posto” tutti quanti ed a modo suo, non risparmiando critiche e non lesinando duri giudizi: «Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?» (Mt 23,33).
Ma anche ai dottori della Legge non fu risparmiata una memorabile lezione. Anzi, ad essi fu somministrato un avvertimento amaro e sorprendente: “Guai a voi, dottori della Legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito» (Lc 11,52). A questo punto ci si chiede: cos’è la Chiave della Scienza?
Detta così appare subito come una cosa buona e desiderabile, tutti vorremmo possedere la Chiave della Scienza e della Conoscenza. Ma la Conoscenza di che?, per entrare dove?, e perché poi questa “cosa” starebbe “sotto chiave”? A cosa alludeva Nostro Signore?
La risposta a tali quesiti la fornisce molto bene il Sacerdote Don Dolindo Ruotolo il quale così commenta la pericope: «Gesù, come figlio di Dio, era generato dalla sua conoscenza eterna, [...] ma sulla terra appariva come il figlio dell’umile fabbro, che viveva obbedendo al Signore, genuflettendo alla sua Volontà, e benedicendolo nelle angustie [...]. Venne per compiere la Legge ed i Profeti, ed i Dottori avrebbero dovuto farlo riconoscere spiegando il vero senso della Parola di Dio. Ma essi, pur avendo la chiave della scienza, cioè pur sapendo che la ragione vera di tutte le Scritture stava nel Redentore, e pur possedendo il segreto dell’interpretazione delle Scritture e la chiave dei suoi misteri in questa idea fondamentale, commisero l’enorme delitto di non accettare la verità e d’impedire agli altri di accettarla». Sbalorditivo! La Rivelazione divina acquista un senso solo nella figura di Gesù Cristo Redentore e Salvatore, altrimenti resta incomprensibile. E in effetti è così.
Chi ha creato il mondo? La Sapienza di Dio ed appunto Gesù è “il Principio” e la Sapienza di Dio. Chi hanno annunciato i Profeti di tutti i tempi? La venuta di un Salvatore, ed appunto Gesù è il Redentore che con il suo Sacrificio cruento sulla Croce e con la sua Risurrezione ha riscattato l’uomo dal potere del maligno. Chi verrà a giudicare l’Umanità nell’Ultimo giorno e chi separerà i reprobi dagli eletti? Il Giudice Supremo, il Re dell’Universo ed appunto Gesù è il Giudice Supremo. Dunque tutto, passato presente e futuro dell’Umanità e la stessa Creazione si spiega, si rende comprensibile e non contraddittoria se la si radica sulla Persona di Nostro Signore. Lo dice bene san Paolo: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose» (Col 1,16).

E la nostra generazione

Noi possiamo pensare che la questione sia finita qui, nel senso che “Ben gli sta ai farisei, ai Sadducei e agli Scribi che non avevano capito niente della Sacra Scrittura e si sono presi una bella sciacquata di testa”, ma – ahimè – le cose non sono così semplici ed indolori. Noi, sì proprio noi figli del Terzo Millennio dopo Cristo, siamo sicuri di aver rettamente compreso la Rivelazione e la vera essenza di tutta la Creazione? Se fossimo sinceri dovremmo ammettere di no. Quanti sono quelli che accettano la Verità Suprema che Gesù di Nazareth è l’Alfa e l’Omega di tutto l’Universo visibile ed invisibile? Proviamo a chiederlo agli scienziati. O perlomeno a molti di essi. Quasi tutti sorriderebbero ironici immersi come sono nel materialismo più deteriore. Si pensa a tutto: al Big Bang, alla Cosmologia del Modello Standard, ai neutrini, agli elettroni, alla particella di Dio (il cosiddetto Bosone di Higgs), a quale fine potrebbe fare l’Universo fra miliardi di anni (una sorta di “morte termica”), alla teoria del tutto (che ancora è di là da venire) ma non certamente a Nostro Signore e all’Immacolata che sono la “ragione di tutto”. Eppure la Chiave della Scienza è lì!
Non si ammette la Trascendenza, non si prende in considerazione la Metafisica, non ne parliamo poi della Mistica e dei miracoli... cose da creduloni. Padre Pio, le stimmate? Un abbaglio della fantasia popolare sovreccitata dal fanatismo religioso. Giudizi liquidatori che non lasciano spazio alle repliche ed alle discussioni. E così, al pari di farisei, sadducei e dottori della Legge non capiamo nulla della vera essenza del reale! Dice bene Don Dolindo: «La lezione che Gesù Cristo fece agli scribi e farisei è estremamente necessaria alla nostra generazione, abituata ad accecare prima la ragione, a seppellirla sotto i rottami di mille falsità, e poi a pretendere che sia unica luce ed unica guida della vita. Dolorosamente, gli studi, così come sono impostati, sono ammassi di tenebre fitte in ogni campo, e massime in quelli prettamente speculativi. Noi beviamo gli errori pagani dall’infanzia e ci nutriamo tra le tenebre della letteratura antica quando la ragione dovrebbe svilupparsi e s’accende, le gettiamo addosso tutto il cumulo di immondizia del pensiero traviato dei filosofastri antichi e moderni, e la oscuriamo. Quasi, poi, non bastasse, lordiamo con mille impurità l’occhio dello spirito ed orientiamo le stesse attività corporali ad una meta falsa ed illusoria. Nell’epoca che per feroce ironia si chiamò e si chiama dei lumi, noi in realtà non abbiamo acceso che pochissime candele fumiganti, poste sotto il moggio, cioè al piano della terra. Non fa meraviglia, perciò, se a questa generazione sia ostico il soprannaturale e che si getti a capofitto nel baratro delle più banali e cervellotiche trovate dei più stupidi mestatori. Viviamo in mezzo alla splendente luce della Chiesa e dei suoi Santi, ma vediamo tenebre dovunque, perché l’occhio nostro, interiore ed esteriore, è impuro. Intellettualmente siamo ciechi e moralmente siamo nelle fitte tenebre dell’impurità. Il Signore ci faccia la grazia di guardare solo alla Chiesa, lampada che sta sempre in alto e di purificare l’occhio nostro dai fumi dell’impurità. L’unica salvezza nostra sta nella Chiesa Cattolica, Apostolica Romana, e senza di Essa l’umanità non farà che precipitare, precipitare fino al fondo del baratro. È vergognoso che dopo venti secoli di Redenzione noi siamo ancora alle prese con gli errori, quando dovremmo essere tutti luce di verità; è spaventoso che, vivendo in mezzo ai miracoli della vita della Chiesa, noi andiamo ancora cercando prodigi impressionanti per credere. Siamo mille volte più rei dell’antico popolo giudaico, e dobbiamo implorare a gran voce la divina misericordia per risorgere».
Interessante il punto di vista dell’acuto commentatore che attribuisce questa ondata di neo-paganesimo ed ateismo all’impurità. Egli non fa altro che riecheggiare le affermazioni dell’Apostolo delle Genti al riguardo degli “inescusabili” increduli: «Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balia d’una intelligenza depravata...» (Rm 1,26ss). Sembra la cronaca dei nostri giorni.
È amareggiante dover constatare che ci affanniamo nel trovare soluzioni improbabili ai problemi planetari più scottanti: mutamenti climatici, guerre, fame e malattie; ci lambicchiamo il cervello nello studio di astruse teorie matematiche che dovrebbero giustificare la nascita dell’Universo, ci perdiamo nei mille rivoli di una intelligenza depravata mentre la soluzione è lì a portata di mano: è sufficiente entrare in una Chiesa, inchinarsi e prostrarsi al cospetto del Tabernacolo per ottenere la Chiave della Scienza.

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