ATTUALITÀ
Assalto alla vita interiore
dal Numero 46 del 22 novembre 2015
di Lazzaro M. Celli

Uno sguardo complessivo alla realtà moderna mostra come tutto cospiri contro qualsiasi forma di vita interiore, tenendo prigioniero l’uomo nell’esteriorità e nella superficialità, lontano da se stesso e da Dio. Dominanti, nel percorso esistenziale, sono le emozioni e non i valori, con conseguenze ovvie e tragiche.

In un libro di Carlo Climati (1) è riportata una frase di George Bernanos che sintetizza un concetto che, diverse volte e in vari modi, abbiamo già espresso in precedenti articoli: «Non si può capire niente della civiltà moderna se, prima di tutto, non si riconosce che essa è una cospirazione universale contro qualsiasi forma di vita interiore». Invero, l’assalto alla vita interiore mira a sganciare la persona da se stesso; è quasi un modo per sdoppiarla, per frantumarla interiormente e farle perdere ogni riferimento con le norme universali iscritte nella retta coscienza di ogni essere umano. È un’iscrizione contrassegnata più profondamente di quanto gli stessi Comandamenti siano stati impressi su tavole di pietra che, se contemplati, orienterebbero la nostra mente ad una riflessione su noi stessi e su Dio.
Tale cospirazione è diventata più manifesta e sfrontata negli ultimi anni perché, gradualmente, il suo potere è accresciuto fino a diventare quasi incontrastabile. Oggi è espressione di un tentativo di un indottrinamento storico, per la sua ampiezza e profondità, volto a massificare l’essere umano e ad assoggettarlo a quei precetti che dovrebbero rimodellarlo a seconda del progetto di pochi “architetti”.
La cultura dominante spinge l’uomo a vivere la vita nella dimensione più superficiale, quasi esterna rispetto all’io, esasperando e valorizzando tutto ciò che appartiene all’esteriorità, all’apparenza. Tutto quello che irretisce i sensi è come deificato e tale risultato è coscientemente e deliberatamente voluto dal centro di potere che muove questa maestosa ed invisibile macchina da guerra. Questi risultati mirano ad allontanare l’uomo da se stesso e da Dio e a ridurlo ad una marionetta. Però, vivere di apparenza di superficialità, del passeggero, vuol dire morire lentamente; significa provare la nostalgia di quel bisogno di afferrare la certezza che ci appaga e riempie veramente la nostra vita. Bisogna imparare a guardare dentro e ad ascoltare la voce della retta coscienza. È allora che l’uomo si soddisfa: quando decide di vivere i valori universali e perenni dell’esistenza.
Occorre smetterla di recitare, fingere di essere ciò che non siamo, poiché, in tal modo, restiamo eternamente insoddisfatti. L’anelito profondo alla Verità, che muove l’agire dell’essere umano, non troverà riscontro finché non ci riconosceremo nel nostro Creatore, finché non metteremo in pratica i suoi precetti, in primis accogliere l’invito di nostro Signore Gesù Cristo a prendere Maria come nostra Madre.
Sebbene sia passato più di un decennio, ancora fa specie leggere quanto accaduto a Kurt Cobain il cantante del gruppo dei Nirvana. Ancora nel libro di Climati (2) troviamo riportato il messaggio di addio trovato accanto al cadavere del musicista che si era sparato un colpo di fucile alla testa: «Ho perso la gioia di vivere. Meglio andarsene con una vampata, che morire giorno dopo giorno. [...]. Da anni ho perso il gusto della vita, e non posso continuare ad ingannare tutti. Il peggior crimine è l’inganno. Ho bisogno di staccarmi dalla realtà per ritrovare l’entusiasmo che avevo da bambino. Sono anni che non provo più niente. Ho perso tutto l’entusiasmo».
Personalmente mi intristisce sentire queste riflessioni di un uomo all’apice del successo e mi colpisce quell’espressione: sono anni che non provo più niente, come se la vita fosse un’interminabile ricerca di emozioni, come se tutto l’entusiasmo della e per la vita fosse necessariamente la conseguenza di emozioni provate e sempre nuove. Se questa è la caratteristica dominante del percorso esistenziale, non meraviglia che il suicidio sia il capolinea.
Di questo caso, come di tanti altri simili, la cultura dominante orienta a cogliere solo il lato superficiale del fenomeno. C’è un aspetto commerciale, come nel caso del cantante il cui messaggio d’addio fu riportato su migliaia di magliette vendute e andate a ruba, e un aspetto interpretativo limitato a far risaltare, dell’accaduto, solo il disagio del giovane suicida, tacendo volutamente sulle ragioni profonde che l’hanno spinto all’infausto gesto. Accoglierle o semplicemente discuterle significherebbe capovolgere gli obiettivi del potere egemone; significherebbe bruciare i suoi percorsi educativi e formativi verso quei fini che si è posto.
Che piaccia o no, che ci rendiamo conto o meno, le cose stanno proprio così. Ciò che può sollevare e tornare alla dimensione più autentica della nostra vita è ritrovare in essa quel Dio che si è fatto uomo ed è morto per noi.  

Note
1) Carlo Climati, I giochi estremi dei giovani. Mode, hobby e tendenze oltre ogni limite, Ed. Paoline, p. 49.
2) Ivi, p. 50.

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