RELIGIONE
I legami di Adamo
dal Numero 32 del 16 agosto 2015
di Fulton J. Sheen

Le difficoltà della vita matrimoniale non giustificano la rottura del vincolo stabilito, molto spesso anzi sono un’opportunità per rendere l’amore stabile e duraturo. È legge della natura che le gioie della vita divengono permanenti a condizione di aver superato un periodo transitorio di tedio o sofferenza.

Il Matrimonio va inteso come un vincolo che solo la morte può sciogliere, poiché l’amore, per sua natura, non ammette limiti tanto nello spazio quanto nel tempo. Tuttavia, nonostante questo ideale del Matrimonio, la dura realtà della vita lo fa terminare talvolta miserabilmente in rovina e fallimento. Viene il momento in cui legami prima considerati saldi come l’acciaio sembrano ora fragili come fili di seta e l’affetto, un tempo così ricco di delicatezza e sollecitudine, inizia a considerare tutto come scontato. È in questa fase che l’amore ha bisogno di un ricostituente, la fedeltà deve essere rafforzata. Qualcosa deve essere fatto per mantenere uniti marito e moglie affinché possano adempiere la loro comune funzione sociale. La Chiesa insegna che questo ricostituente e questo rafforzamento sono forniti in triplice modo: anzitutto dando maggiore enfasi all’aspetto spirituale dell’amore rispetto a quello fisico, poi con la fedeltà alla promessa, infine dall’amore per i figli.
Viviamo in quella che può essere definita l’era della carnalità. L’epoca vittoriana pretese che l’amore carnale non esistesse, la nostra epoca, al contrario, sostiene che esso è il solo che esista. Questa pulsione naturale è stata così sconsideratamente esaltata, gonfiata, popolarizzata, volgarizzata e propagandata che non si è più in grado di contenerla nei giusti limiti, come si conviene nel gustare un pranzo o nel ridere di una facezia. Indubbiamente l’amore carnale, il sesso, ha un ruolo particolare nella vita, ma è cosa meravigliosa solo in quanto parte di un complesso, parte cioè di quella umanità che ci è stata data dall’Onnipotente, che non è solo biologica, ma anche intellettuale, morale e spirituale. L’averla isolata dal tutto e la sua conseguente ipertrofia, ha prodotto un’orgia sfrenata di bassi istinti lussuriosi e sconci che ha distrutto il senso della cavalleria nell’uomo e quello della modestia nella donna. La Chiesa, che ha avuto a che fare col Matrimonio per 20 secoli, nella cerimonia nuziale non parla mai di sesso, parla invece d’amore. E fra le due realtà c’è una differenza fondamentale.
Il sesso è come un fulmine che si scatena fra due nuvole che si incontrano, il bagliore di un istante seguito dal boato del tuono. L’amore è piuttosto una persistente luminosità irradiata dal trono di Dio, che permea, si infonde e pervade i cuori, mettendoli in sintonia con il gran cuore di Dio. Il sesso è un conflitto fra i due cuori, i quali, raggiunta la sazietà, gridano: “Basta!”. L’amore, per contro, non conosce il “basta”, ma solo il “sempre”. Il sesso può arrivare a distruggere la vita, terminare in un reciproco massacro, l’amore è impegnato a dare la vita, a scoprire se stesso nell’altro, diventando immortale. L’amore carnale è come un cinghiale che si rivolta nel fango in mezzo ai gigli, sempre assetato poiché invano cerca di catturare la musica rompendo il liuto. L’amore è come il volo d’un uccello che lasciato il suolo si innalza a grande altezza, lassù dove l’atmosfera rarefatta consente allo spirito di muoversi con la libertà dei figli di Dio. Il sesso è facoltà tipicamente animale, l’amore realtà propriamente divina. Quindi se uomini e donne del nostro tempo, spersonalizzati e senz’anima, vogliono recuperare la gioia nella loro vita matrimoniale, non la devono cercare nel sesso, che è egoismo, ma in quell’Amore che ha raggiunto il culmine e la sua più sublime espressione nel Sacrificio della Croce, dove l’Uomo-Dio ha donato la sua vita affinché noi l’avessimo in abbondanza.
Il secondo rimedio contro la stanchezza nel Matrimonio è la fedeltà alla promessa e questo anche dal punto di vista psicologico. La promessa, fatta reciprocamente dagli sposi il giorno delle nozze, è ciò che veramente tiene unita la coppia nel periodo travagliato della crisi matrimoniale, permettendo loro di ricuperare una condizione di felicità. È una realtà ben nota, a livello psicologico, che grandi soddisfazioni si possono ottenere solo superando un momentaneo travaglio, gioie intense possono essere conservate solo sapendo sopportare una temporanea condizione di sofferenza. Infatti, solo dopo aver superato lo shock del primo tuffo nell’acqua fredda, possiamo gustare il piacere di nuotare in mare. Solo dopo lunghe ed estenuanti ore di esercizi musicali, abbiamo la gioia di eseguire magistralmente una sonata di Chopin; solo dopo lo studio noioso della grammatica latina possiamo apprezzare la saggezza di san Tommaso d’Aquino. Solo dopo aver superato lo scoglio iniziale della fatica, possiamo gustare il benessere apportato dall’esercizio fisico.
Allo stesso modo, solo dopo il disappunto che segue il primo litigio, l’irritazione della prima visita prolungata di un parente non gradito, la coppia ritrova se stessa ed inizia a gustare la propria unione e affiatamento. Solo dopo un sofferto noviziato, fatto di dolorose cadute, qualcosa di simile alla mistica notte dell’anima, gli sposi scoprono la gioia di elevarsi reciprocamente verso Dio; solo dopo aver represso con fatica il proprio egoismo in una serie di mutue concessioni, essi gustano la gioia della reciproca comunione; solo sulle ceneri dell’amor proprio, come la fenice, si elevano a quella condizione stabile di reciproco affetto che chiamiamo Matrimonio cristiano. 
Essendo sopravvissuti al Venerdì Santo della crisi, grazie alla loro fedeltà alla promessa, la coppia è ammessa alla Pasqua della pace e della gioia. I momenti d’intensa gioia si fanno più frequenti e profondi, la sintonia fra di loro si rafforza, mentre gli scontri dovuti alla passione si fanno meno accesi. Tensioni e urti dovuti alla sensibilità si attenuano e gli sposi iniziano a gustare nella calma la bellezza e la gioia dello stare insieme. L’amore diventa più consapevole della propria missione spirituale, si occupa più a lungo delle cose del Padre celeste e la ricompensa che la coppia riceve per la sua fedeltà alle promesse, per aver superato il momentaneo disincanto, consiste nelle gioie della vita matrimoniale, nel dono celeste dei figli che rende gli sposi una sorta di Trinità terrestre, a testimonianza che Dio non si è ancora stancato degli uomini.
Il terzo modo di evitare la crisi matrimoniale è quello di renderlo fruttuoso. L’amore fra marito e moglie ha le sue stagioni di estasi e trasporto, ma anche il suo inverno del disincanto. Il marito, dopo qualche anno di vita matrimoniale scopre che la moglie non è più una figlia degli dèi e questa a sua volta si rende conto che egli non è più il suo prestante Apollo.

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