RELIGIONE
Il Sinai interiore
dal Numero 21 del 24 maggio 2015
di Fulton J. Sheen

La coscienza con il suo triplice ruolo: legislativo, esecutivo, giudiziario, rende testimonianza ad un Potere che legifera, ad una Rettitudine che fa rispettare ed applica la legge, ad una Giustizia che giudica secondo la legge. Questo Potere, questa Rettitudine, questa Giustizia è Dio.

La scienza moderna ha esplorato l’intero globo terrestre, ha penetrato i segreti degli abissi oceanici, ha descritto il movimento del sole, ha rivelato i misteri delle galassie, tuttavia tutta questa esplorazione ha però riguardato il mondo esteriore. L’uomo moderno poco ha fatto per esplorare quella parte di mondo che è più vicina a lui, che è tuttora per lo più ignota, cioè le profondità della propria coscienza.
Cos’è la coscienza? È quella sorta di governo interiore che esercita le medesime funzioni di ogni istituzione umana, cioè il potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Essa ha il suo Parlamento, il suo Esecutivo, la sua Corte suprema: legifera, controlla le nostre azioni in rapporto alla legge e infine ci giudica in base ad esse.
Innanzitutto la coscienza legifera. Basta essere vivi per sapere che, in ciascuno di noi, c’è un Sinai, dal quale, fra i tuoni e i fulmini della vita quotidiana, viene promulgata una legge che ci comanda di fare il bene ed evitare il male. Questa voce interiore ci riempie di un senso di responsabilità, ricordandoci non che dobbiamo, ma che dovremmo fare certe cose, perché la differenza fra l’uomo e la macchina sta proprio nella differenza fra il devi e il dovresti.
Anche senza essere consultata, la coscienza esercita il suo ruolo legislativo, dichiarando certe azioni intrinsecamente cattive ed ingiuste ed altre moralmente rette e buone. Quindi quando il cittadino riscontra la mancanza di coerenza fra la legge civile e quella della propria coscienza, sente di poter disobbedire all’Istituzione proclamando a propria giustificazione: «La mia coscienza mi dice che ciò è male!».
In secondo luogo la coscienza, oltre alla funzione legislativa, per cui redige e promulga la legge [morale], è pure esecutiva in quanto controlla che questa legge sia messa in pratica nelle azioni. Un’imperfetta, ma utile analogia si può trovare nel nostro governo statale. Il Parlamento approva una legge, il Presidente della Repubblica la promulga ed il Governo la applica e ne controlla il rispetto da parte dei cittadini.
Allo stesso modo, la coscienza applica la legge [morale] controllando l’aderenza ad esse del nostro comportamento. Assistita dalla memoria, ci manifesta il valore delle nostre azioni, rivelandoci se siamo stati completamente padroni di noi stessi, quali condizionamenti abbiamo subito per effetto della passione, dell’ambiente, della costrizione e dell’impulsività; se le conseguenze delle nostre azioni erano prevedibili o meno; ci mostra, come in uno specchio lo svilupparsi di ogni nostra azione; punta il suo dito sulle motivazioni recondite delle nostre decisioni, si manifesta a noi come un testimone verace dicendo: «Io ero là, ti ho visto mentre facevi ciò che hai fatto, queste o quest’altre erano le tue intenzioni. Nel campo della giustizia civile, sono ammesse solo le deposizioni dei testimoni che hanno conosciuto l’imputato ed i fatti esteriormente, mentre la coscienza ammette anche la testimonianza di me che conosco me stesso. E, che mi piaccia o meno, non posso mentire rispetto a ciò che viene testimoniato contro di me».
Infine la coscienza, oltre a redigere la legge [morale] ed a controllarne il rispetto o la violazione da parte mia, pure mi giudica in base ad essa. Il cuore di ogni uomo è sede di una silenziosa Corte di Giustizia. La coscienza è il Giudice, presiede il giudizio, formula sentenze con una tale autorità che esse non ammettono appello, poiché nessuno può appellarsi contro una sentenza che egli stesso ha emesso a proprio carico. Ecco perché alla sbarra della coscienza si riuniscono tutti i sentimenti e le emozioni connesse con ciò che è giusto e ciò che non lo è, gioia e tristezza, pace e rimorso, compiacimento e timore, plauso e biasimo.
Se compio il male, la coscienza mi colma di un senso di colpa, al quale non c’è modo di sfuggire, perché se nel più recondito santuario del mio essere arriva la voce dura e ferma di questo giudice, sono condannato da me stesso. Dove posso fuggire allora se non in me stesso, senza potermi separare dal doloroso senso di colpa, rimorso e disapprovazione che è il vero inferno dell’anima?
Se al contrario la coscienza approva la mia azione, allora si diffonde su di me, quieta come la rugiada che si forma in una fredda nottata, quella gioia che sorpassa di gran lunga qualunque effimero piacere sensuale. Il mondo mi può ritenere colpevole, la sua giustizia può giudicarmi un criminale, i suoi ferri mi possono pesare come ancore, ma la mia anima, nonostante l’opposizione che infuria all’esterno, si trova come in un paradiso, inondata da una pace interiore che il mondo non può dare e che, nonostante ogni suo attacco, non mi può togliere.

Continua

Casa Mariana Editrice
Sede Legale
Via dell'Immacolata, 4
83040 Frigento (AV)
Proprietario: Associazione CME Il Settimanale di Padre Pio. Tutti i diritti sono riservati. Credits