La modernità nel folle tentativo di valorizzare l’uomo fino a costituirlo unica ragione di se stesso, lo ha reso solamente vittima di una serie infinita di condizionamenti che lo imprigionano e lo opprimono. Ben altra è la realtà dell’essere umano nella luce della Verità cattolica che dichiara l’uomo sostanzialmente libero anche nelle più grandi prove e tentazioni.
I nostri tempi sono strani... anche se fino ad un certo punto, perché, con un po’ di sale in zucca, è possibile individuare una logica in questa “stranezza”. Dicevo: sono tempi strani i nostri, tempi in cui da una parte si vogliono valorizzare le scelte individuali a tal punto da ritenere che ogni desiderio, perché desiderio, debba necessariamente trasformarsi in diritto; dall’altra si è sempre più convinti che l’uomo sia totalmente condizionato (anzi: determinato) da fattori esterni, i più disparati: genetici, neurologici, biologici, sociali, ecc... Insomma, da una parte l’uomo sarebbe un sovrano incontrastato e incontrastabile della propria esistenza e del proprio destino, dall’altra non più che un automa costretto ad assecondare impulsi costringenti e opprimenti.
Si tratta però – come dicevo – di una contraddizione apparente. Prima di tutto perché quando si vuole troppo valorizzare l’uomo, meglio: quando si vuole valorizzare l’uomo trovando il suo fondamento solo nell’uomo stesso (come ha preteso fare l’antropocentrismo radicale della modernità), tutto si valorizza fuorché l’uomo. Basterebbe a riguardo vedere cosa ne è stato della filosofia moderna e contemporanea: l’uomo vittima di tutto. L’economicismo, l’uomo vittima dell’economia; lo storicismo, l’uomo vittima della storia; lo strutturalismo, l’uomo vittima delle strutture; la psicanalisi, l’uomo vittima dell’inconscio; l’ermeneutica, l’uomo vittima delle interpretazioni; il materialismo, l’uomo vittima della materia... e la cantilena potrebbe continuare. Altro che l’uomo fondamento immanente di tutto!
Ma c’è anche un altro motivo che palesa la logica nascosta dell’apparente contraddizione di cui sopra. Per dare sostanza all’affermazione secondo cui l’uomo deve poter far tutto, cioè deve farsi guidare unicamente dal proprio desiderio, bisogna riconoscere che l’uomo non è ragione né soprattutto volontà, che la sua natura non è quella dell’antropologia tradizionale (figlia della metafisica classica), bensì quella “nuova” della rivoluzione in interiore homine della cultura Sessantottina e post-Sessantottina, cioè di quella postmoderna, in cui confluiscono, in una “macedonia” filosoficamente e antropologicamente criminale, la “rivoluzione sessuale” di Wilheim Reich, la Scuola di Francoforte, il freudismo e compagnia bella... pardon: brutta, molto brutta. Insomma, un uomo completamente istintivizzato e “bestializzato”.
E il Cristianesimo? Cosa dice la Teologia cattolica? Che l’uomo rimane sempre libero. Che per quanto siano forti gli impulsi esterni, le tentazioni e i cosiddetti “condizionamenti”, la sua libertà rimane “sovrana”... e soprattutto che questa libertà è aiutata dalla grazia. Ovviamente bisogna chiederla; ma di certo Dio non può mai permettere delle prove al di sopra delle possibilità umane senza dare la grazia sufficiente per poi chiedere la grazia necessaria per vivere cristianamente qualsiasi prova.
Su questo punto facciamo parlare il Santo di riferimento del nostro Settimanale. Altro che i tromboni di cui sopra. Solo alcune citazioni tratte dal suo Epistolario.
Scrive San Pio da Pietrelcina a Raffaelina Cerase: «Comprendo che i nostri nemici sono forti e forti assai, ma l’anima che combatte assieme a Gesù qual dubbio vi potrà esser di riportar vittoria? Oh! Non è forse il nostro Iddio il più forte di tutti? Chi potrà fargli resistenza? Chi avverserà i suoi decreti, i suoi voleri? Non ha egli forse promesso ad ogni anima che egli non permetterà ch’ella venga tentata sopra delle sue forze? Forse che egli non è fedele nel mantenere le sue promesse? Vi sarà anima che ciò il pensi? Se ve n’è una, è quella del pazzo: “Il pazzo disse nel cuore suo non vi è Dio (il Dio veritiero)” (Sal 14,1). E pazzo è l’uomo, o Raffaelina, che pecca per la incredulità, per la mancanza di fiducia. E voi più che mai ne avete avuta non una, ma infinite prove di questa divina promessa. Desse prove sono tante, quante ne sono le vittorie, che enumera l’anima vostra sopra dei suoi nemici. Senza la divina grazia avreste potuto superare tante crisi e tante guerre, cui è stato soggetto il vostro spirito?».
Ancora a Raffaelina Cerase: «Tenete sempre davanti alla mente, quale regola generale e sicura, che Iddio mentre ci prova con le sue croci e con le sofferenze, lascia sempre nel nostro spirito uno spiraglio di luce, per cui si conserva sempre una grande fiducia in lui e si vede la sua immensa bontà».
Scrive a Maria Gargani: «Gesù non ti ha abbandonato, né ti abbandonerà. Non è la giustizia ma l’Amore crocifisso che ti crocifigge e ti vuole associare alle sue pene amarissime, senza conforto e senz’altro sostegno che quello delle ansie desolate. Ecco la verità e la sola verità. Nelle ore della prova non ti affannare, figliuola mia, a cercare Dio; non credere che egli sia andato lontano da te: egli è dentro di te anche allora in un modo assai più intimo; egli è con te, nei tuoi gemiti, nelle tue ricerche, simile ad una madre che spinge il figliuolino a cercarla, mentre essa è dietro ed è con le sue mani che lo costringe a raggiungerla invano».
Leggiamo adesso cosa il Santo di Pietrelcina dice di se stesso: «Ignoro quello che mi accadrà; so soltanto però una sola cosa con certezza, che il Signore non verrà mai meno nelle sue promesse: “Non temere, io ti farò soffrire, ma te ne darò anche la forza – mi va ripetendo Gesù –. Desidero che l’anima tua con quotidiano ed occulto martirio sia purificata e provata; non ti spaventare se io permetto al demonio di tormentarti, al mondo di disgustarti, alle persone a te più care di affliggerti, perché niente prevarrà contro coloro che gemono sotto la croce per amor mio e che io mi sono adoperato per proteggerli».
Dio non abbandona mai nelle prove: «[...] il Signore carica e discarica, poiché quando egli impone una croce ad uno dei suoi eletti, lo fortifica talmente, che sopportando il peso con essa, egli ne è sollevato».