Sulle orme di Don Bosco, don Franco Amerio segue, pur nella sua vocazione sacerdotale, la via dell’insegnamento liceale, per trasmettere Cristo e la sua Dottrina ai giovani attraverso la Filosofia. “Vita e scuola furono una cosa sola” per questo instancabile apostolo e maestro della Verità.
A Lugano (Svizzera), figlio di padre italiano e di madre luganese, il 26 marzo 1906 nacque Franco Amerio. Educazione cristiana intensa in casa. Frequentando l’oratorio festivo di Lugano e passando al Collegio di Maroggia, tenne sempre innanzi a sé la fede e la bontà dei suoi genitori, l’immensa carità di suo padre, il dottor Amerio, medico competentissimo che visse in povertà francescana.
Sulle orme di Don Bosco
Con gli anni di Maroggia, scelse la vocazione salesiana come via indicatagli da Dio per spendere al massimo prezzo la vita: per Gesù e per i giovani, con Don Bosco come modello. Noviziato a Schio (Vicenza) nel 1921/’22. Professione religiosa a Este nel 1922 e ingresso nella comunità salesiana di Valsalice di Torino. Ingegno eccezionale con serietà nello studio e vivacità brillante e contagiosa. Studio della Filosofia tomista e della Teologia. Laurea in Lettere all’università di Torino nel 1928, in Teologia nel 1929, in Filosofia nel ’32. Una mente singolarmente attrezzata.
Il fratello, prof. Romano Amerio, professore e poi preside di liceo a Lugano, vede negli studi di Filosofia e Teologia un vero itinerario della luminosa anima di Franco verso Dio. Fin da giovanissimo, Franco ebbe un impellente sentimento della “grandezza intellettuale” della Chiesa Cattolica, alla scuola di Gesù Cristo, unico Maestro, sulle orme di san Tommaso d’Aquino, il più grande filosofo e teologo che l’umanità abbia mai avuto.
Ordinazione sacerdotale a Torino nel 1930. Quindi a Foglizzo maestro e apostolo dei giovani ai quali fa dono della Verità. I chierici di Foglizzo, ritornando ai loro paesi di origine, diffusero la fama di quel loro insegnante eccezionale per la salesianità che lo legava a Don Bosco, per la sua didattica meticolosa e avvincente, per la sua bontà fraterna e paterna insieme. Grazie a loro, non ancora trentenne, sarà noto in mezzo mondo, come “il prof. Amerio”.
Sulla cattedra
Nell’anno scolastico 1934-’35, iniziava il suo insegnamento di Filosofia e Storia al liceo classico di Valsalice, esercitando il suo servizio alla Verità in due direzioni: la scuola, oltre che di Filosofia e di Storia, anche di Religione, e l’attività editoriale, quasi subito iniziata e continuata sino al termine della vita.
Destinatari immediati del suo magistero, furono sempre i suoi allievi di Valsalice: le sue pubblicazioni erano il risultato e l’approfondimento accurato di ciò che con impeccabile saggezza trasmetteva ai giovani studenti. Anche con il conseguimento della Libera Docenza in Filosofia nel 1954, e l’insegnamento della Storia della filosofia che tenne alla nascente Facoltà di Filosofia dell’allora Pontificio Ateneo Salesiano, anche con l’opera di conferenziere che lo legò in amicizia con filosofi come Federico Sciacca e Carlo Mazzantini, non si allontanò mai dalla sua opera nel Liceo che riteneva il compito principale, la ragione stessa della sua vita.
Così nella sintesi superiore di consacrazione a Gesù Maestro e Sacerdote, vita e scuola furono una cosa sola per lui e per coloro che letteralmente lo seguivano con lo sguardo, nel suo girovagare la classe, e rimanevano per ore piegati a prendere appunti dalle sue parole vive, rifiutandosi poi di aprire il libro di testo. Don Franco era il maestro di Verità per i suoi liceali; il testo era soltanto un sussidio, che con un maestro e apostolo così, poteva anche rimanere chiuso! Nella sua parola luminosa e suadente, passava la sua passione per la Verità e l’amore a Gesù, che è la Verità assoluta ed eterna.
Su questa linea, la scuola si allargava in colloqui prima legati all’insegnamento, ma presto e spesso sfociavano in indicazioni preziose, in entusiasmanti richiami alla vita dei suoi giovani che solo nella Verità totale – che è Gesù Cristo – può trovare la pace e la letizia e insieme la forza di lottare e la necessità di donarsi, andando contro-corrente al mondo per amore a Lui solo.
I suoi allievi li trattava come “uomini capaci di pensare” e dotati di una ricerca profonda del vero senso della vita, dell’orientamento decisivo che sfida il tempo e la morte. Così dedicava le più faticose e impegnative ore di lezione a iniziare gli allievi del primo anno alle nuove non facili discipline della Filosofia e della Storia, intese come amore alla sapienza e alla Verità. Quando vedeva i suoi allievi così giovani aprirsi alla Verità, don Franco mostrava la sua profonda soddisfazione spirituale, soprattutto percependo che le sue parole penetravano e trovavano la via del cuore e dell’intelletto degli allievi.
Questo senso della vita egli lo indicava in Gesù Cristo, Maestro e Redentore, Educatore delle personalità più alte e più luminose che l’umanità possieda. Don Franco ha due mete: garantire l’oggettività della conoscenza, la continua fedeltà al reale, all’essere, nello stile della Filosofia di san Tommaso d’Aquino, “filosofia dell’essere” e pertanto “filosofia perenne”; far vedere, secondo il criterio che lui chiamava dell’“esistenzialità” che solo la Verità – che è Gesù Cristo – dà senso pieno e totale alla vita rispondendo in modo adeguato e definitivo ai grandi perché dell’uomo.
Questa è la sua “lezione”, valida ieri come oggi, valida sempre, senza la quale nulla si costruisce di positivo. La “lezione” di san Tommaso d’Aquino e la lezione di Pascal.
Scrittore
Dall’insegnamento, don Franco Amerio passò alla diffusione del suo pensiero mediante l’attività di scrittore, a patto di non rinunciare alle caratteristiche del suo insegnamento. Nulla di cattedratico, pur nel rigore scientifico. Nulla di inutile e di esibizionistico, sempre chiarezza limpida e semplicità ai limiti del possibile, perché – non dimentichiamolo – “Dio è semplice”. I suoi destinatari, come scrisse nella prefazione della sua prima opera, non erano i competenti, ma gli studenti delle superiori: come san Tommaso d’Aquino, anche lui scriveva “ad eruditionem incipientium”.
Il suo ideale didattico-pedagogico ha una netta impostazione storica e filosofica che gli fa pensare tutta la nostra più sana Tradizione di pensiero precedente secondo la linea più retta e luminosa che parte da sant’Agostino d’Ippona, raggiunge il suo vertice negli Scolastici, in primo luogo in san Tommaso d’Aquino, e giunge alla Neo-Scolastica, promossa dall’enciclica Aeterni Patris (1879) di papa Leone XIII. Solo questa è Tradizione di Luce e Verità e lui non fu mai tentato di ricercare qualcosa nella linea eterodossa che da Machiavelli porta al positivismo di Ardigò, tanto meno di porsi alla tenebrosa sequela di Cartesio, che arriva a Kant e attraverso Hegel, Marx e Nietszche, si inabissa nella disperazione del relativismo e del nichilismo. Non c’è “aria fresca” in questa sequela dei tedeschi, come si pretende oggi, ma solo la puzza dell’abisso!
Con il cuore dell’apostolo dei giovani, come l’aveva vissuto Don Bosco, don Amerio accettò e fece suo il concetto che l’insegnante sta sopra il sapere, perché ha il suo principio nella carità teologale. Non solo la Ragione e la Fede, ma la Ragione e la Fede che si dilatano nella carità del dono della Verità ai fratelli più piccoli, gli “incipientes”, i principianti delle scuole. Di lì, il suo impegno nella “letteratura scolastica” che ebbe la sua prima espressione nei Lineamenti di storia della filosofia, pubblicati nel 1939 e poi ripubblicati altre nove volte in edizioni ampliate e aggiornate.
La carità effusiva del “contemplata aliis tradere” (= trasmettere agli altri le Realtà contemplate) lo spinse a collaborare a riviste specializzate, donando agli studiosi, come aveva sempre fatto ai suoi liceali, la ricchezza del suo sapere e la luce della sua Fede. Mai si rifiutò di predicare corsi di esercizi spirituali agli umili e ai dotti, lasciando a tutti il ricordo e l’esempio della sua consacrazione totale a Gesù Cristo unicamente e sommamente amato.
Gesù solo!
A questo punto, un discorso particolare merita l’opera con cui egli conclude in rigorosa meditazione e dono della sua Fede e della sua lettura del mondo contemporaneo alla luce del Cristo, il suo itinerario filosofico e spirituale: l’opera dal titolo Il nuovo Catechismo antico, che potrebbe avere come motto: “La fede come rationabile obsequium”, la fede come ragionevole ossequio della mente, del cuore, di tutto l’uomo a Dio.
Il percorso della sintesi didattica intrapreso da don Amerio, per intrinseca “vis logica” doveva concludersi con il testo-compendio della Fede cattolica, perché nel Cattolicesimo lo scibile culmina in via naturale con la Teodicea, scienza di Dio attingibile con la ragione, e in linea soprannaturale con la Teologia, scienza di Dio quale appare alla luce della Rivelazione, inarrivabile dalla ragione, ma ragionevolmente assentita. Ogni scienza dell’essere e del dover essere è tronca e manchevole senza la Fede, come tronca e manchevole è, senza la Fede, la vita dell’uomo.
La Verità assoluta ed eterna è soltanto Gesù Cristo e tutto ciò che viene da Lui: la sua Dottrina, la sua Legge, la sua Chiesa, i suoi Sacramenti, la sua Vita divina. E questo è quanto don Amerio – e con lui ogni credente – ha di più caro al mondo!
Il nuovo Catechismo antico di don Amerio, ristampato nel 1982 con il titolo La dottrina della Fede, svolge l’intero arco della dogmatica cattolica con stile comprensibile all’uomo d’oggi, ma non piega mai la Verità immutabile all’opinione di chi vuole sentire solo cose piacevoli e ingannatrici. Don Franco è apostolo della Verità, anche quando essa dispiace e si oppone allo spirito del mondo e confuta quanto la “nouvelle théologie” è venuta narrando con danno immenso delle anime e discredito delle cattedre, negli ultimi 50 anni.
Il testo ebbe notevole eco e fu tradotto in diverse lingue. Fu l’opera prediletta di don Amerio che negli anni della malattia, dal 1973, continuò a interessarsene appassionatamente, sentendo che quella era il suo testamento, che secondo le parole di un suo amico «non contiene solo la ricerca della Verità, ma la sicura proclamazione di una Verità – Gesù solo! – da sempre posseduta e amata; Verità – Gesù solo! – che lo ha sostenuto negli ultimi dolorosi tempi della sua malattia e che ora è la sua beatitudine immortale».
Una vita religiosa esemplare vissuta nella “Regola” di Don Bosco. Il Calvario che corona l’opera e rende conforme al Crocifisso. L’ultima giornata di vita, il 21 luglio 1985, 30 anni orsono, numerosi confratelli di Valsalice gli furono vicini fino al tramonto quando il Signore accettò l’offerta della sua anima che era nelle sue mani fin dagli anni della fanciullezza. Professore e apostolo dei giovani, apostolo della Verità che oggi e sempre è Gesù solo.