Un uomo, con i gomiti poggiati sul balcone e la testa fra le mani, era da tempo in sacrestia. Io gli ero a fianco, pregando.
Appena ritto, gli domandai: «Non ti senti bene?». «No! Sto bene, grazie!», rispose prontamente. «Se ti posso essere utile, ritienimi a tua disposizione», replicai.
Dopo un grosso respiro, disse: «Padre Pio mi ha cacciato dalla confessione perché non voglio figli. Sono professore di filosofia. A parte la mancanza di volontà di mettere al mondo altri figli, non ritengo giusto che la Chiesa o Cristo mi vengano a regolare i fatti miei in casa mia e, tanto meno, mi va giù di accettare un modo di fare così duro di un frate dal quale son venuto a trovare un po’ di pace. Sono sorpreso per l’incomprensione e la durezza di Padre Pio nei miei confronti».
«Mi dispiace vederti così e sentirti parlare in questo modo», gli dissi. Poi, feci più o meno il seguente ragionamento: «Il mondo non può averlo fatto l’uomo né può essersi fatto da sé; un essere supremo deve esistere per fare dal nulla ogni cosa, cioè per creare. Questo essere noi lo chiamiamo Dio. Egli, avendo offerto la materia prima, cioè l’essere di ogni cosa e avendola messa nell’esistenza con il suo lavoro, è il Padrone assoluto, il Signore dell’universo.
Tutto gli appartiene, anche l’uomo. A ogni cosa ha il diritto di dettare leggi perché raggiunga il fine proprio. Dio ha il diritto di dettare leggi all’uomo, il quale ha il dovere di ubbidire a Dio e rendergli conto.
La generazione è soggetta alle leggi che Dio ha posto nella natura dell’uomo. La Chiesa, che ha la missione divina di difendere e far conoscere la Legge di Dio, ha il diritto/dovere di ammaestrare l’uomo secondo il Volere di Dio, di cui è promotrice.
I sacerdoti, incaricati a parlare a nome di Dio e della Chiesa, hanno il diritto di chiedere agli sposi cristiani la loro conformità o meno alle Leggi sulla generazione e, nello stesso tempo, hanno il dovere di assolvere in confessione solo chi, sinceramente pentito, promette di conformarsi a ciò che è stabilito da Dio.
Padre Pio, quindi, aveva il diritto di chiederti in confessione circa l’osservanza degli obblighi matrimoniali e il dovere di assolverti o meno secondo il tuo comportamento. Se ti ha cacciato è segno che tu hai mostrato di essere restio ad accettare l’impegno cristiano e, quindi, di non poter ricevere l’assoluzione».
Il professore rispose: «è giusto! Io non ho accettato anzitutto il contenuto dell’invito di Padre Pio e, di conseguenza, neanche il modo. Ora ho capito. Mai avevo sentito parlare così. La sua durezza mi ha terribilmente scosso e mi ha aperto la ragione più che a cercare la verità, a crederla senza discutere. Se non sono io il padrone della vita, è giusto ubbidire a Dio e a chi parla in suo nome».
Tornò quindi, pentito, a confessarsi dal Padre ed ebbe l’assoluzione.
Pierino Galeone,
Padre Pio. Mio Padre,
pp. 60-61