La Francia, cuore geografico dell’Europa, si sta islamizzando. Si moltiplicano nelle città europee le no-go zone: zone islamiche inaccessibili allo Stato ospite, ove si rinuncia a ristabilire la legalità. Un esame critico di questa situazione allarmante.
Le no-go zone sono una porzione di un territorio all’interno di uno Stato, in cui vige una propria autonoma organizzazione sociale, che sfugge al controllo dello Stato stesso. Non sono una novità, in senso assoluto. L’esperienza dei centri sociali, insegna. Questa volta, però, con l’invasione musulmana dell’Europa, la diversità organizzativa di queste sottospecie di “repubbliche indipendenti”, diventa una potenziale minaccia per la stabilità della Nazione con cui coesistono.
Le no-go zone, chiamate pure ZUS, Zone Urbane Sensibili, oppure ZSP Zone di Sicurezza Prioritaria, sono diventate delle zone inaccessibili, non solo ai non musulmani, ma anche alle forze dell’ordine del Paese ospitante.
In Gran Bretagna, per esempio, dove la legge islamica è applicabile dal 2008, sono decine di zone no-go, dove si applica la Sharia, cioè la legge islamica. Ricordiamo che essa prevede la pena di morte in caso di omicidio ingiusto di un musulmano, di adulterio, di bestemmia contro allah e di apostasia. Ma la situazione forse più preoccupante si verifica a due passi da casa nostra. In alcune zone della Francia come a Roubaix (vicino al Passo di Calais), o come la zona a nord di Marsiglia, le forze dell’ordine non rischiano di entrare e lo Stato sembra aver rinunciato ad imporre la sua autorità[1]. A Marsiglia il governo è stato costretto a schierare reparti antisommossa della polizia per fronteggiare in città la guerra tra bande musulmane e recuperare il territorio finito sotto il loro controllo. Simili situazioni di invivibilità le troviamo nel quartiere di Fafet-Brossolette in Amiens, nel centro di Perpignan, a Les Izards, un quartiere di Tolosa dove le bande arabe di trafficanti di droga controllano le strade. Così sta accadendo anche a Grenoble dove la cultura islamica è in vertiginosa ascesa. L’elenco sarebbe lungo, ma può bastare per darci un’idea di quanto accade.
Questa situazione d’allerta, pur se tenute volutamente in sordina, ormai è condivisa da un altissimo numero di intellettuali onesti ed è confermata da rapporti e dossier dettagliatamente documentati. In fondo, non ci sarebbe bisogno neanche di fare ricorso a questi documenti, basterebbe guardare i filmati che circolano in rete per rendersene conto. La preoccupazione che la Francia si stia islamizzando, e con essa l’Europa, poggia purtroppo su un dato reale.
All’interno di questi quartieri a maggioranza islamica a volte non sono assicurati neanche i servizi di base. C’è paura di entrare. Hanno paura gli operatori sanitari e i vigili del fuoco. A volte è difficile finanche ordinare una pizza o aspettare la visita di un medico. Ci sono zone in cui è possibile acquistare kalashnikov per poche centinaia di dollari[2]. E, strano a dirsi, a volte i governanti intimano alle forze dell’ordine di non usare le armi.
La domanda che sorge spontanea è perché lo Stato rinuncia a stabilire la legalità. A mio giudizio non c’è la volontà di ristabilire l’ordine. Le lobby dell’alta finanza, dove possono confluire idee massoniche, fomentano la destabilizzazione sociale delle nazioni europee in vista sia di un conflitto sociale interno che di un conflitto globale. Lo scopo è raggiungere un nuovo ordine sociale, con un governo elitario di ricchi personaggi, su una porzione limitata di popolazione, ora in sovrannumero e pertanto bisognosa di decimazione. Un tema, questo, spesso anticipato dalla produzione cinematografica Hollywoodiana; solo che questa volta non finisce insieme alla pellicola del film, sembra avere un seguito nella vita reale. Chi potrà salvarci? Non sarà di certo l’agente segreto o il supereroe di turno, figure che peraltro sostituiscono l’intervento divino e che nella realtà non esistono. La nostra salvezza, quella vera, potrà essere solo in Dio.
[1] Dichiarazione di Fabrice Balanche, insegnante franco-musulmano all’Università di Lione, rilasciata alla Radio Televisione Svizzera.
[2] Dichiarazione di Sebastien Roché, su un quotidiano francese.