RELIGIONE
Il Matrimonio secondo il Catechismo romano
dal Numero 5 del 1 febbraio 2015
di Fabrizio Cannone

Apprendiamo la verità sull’istituzione del Matrimonio da quello che è un vero monumento di saggezza e di dottrina, il “Catechismo Romano”, che pur vedendo la luce tanti secoli fa, non ha mai smesso di illuminare i cattolici, brillando dell’intramontabile Luce di Cristo.

La storia del Catechismo si intreccia con la Storia della Chiesa e ne è una sua peculiare espressione, dottrinale e assieme spirituale e culturale. La Chiesa infatti esiste per insegnare, dare l’esempio, amministrare i Sacramenti e pascolare i figli di Dio sulle vie della salvezza. Già le Lettere apostoliche contengono dei passaggi catechetici quasi da mandare a memoria per l’istru­zione dei cristiani. Si pensi a san Paolo e a san Pietro quando parlano della famiglia, del ruolo distinto dell’uomo e della donna, dei doveri dei figli, dei domestici, dei politici, ecc. Ma furono soprattutto i Padri della Chiesa, come Agostino e Gregorio il Grande, con le loro opere di imperitura grandezza, ad e­sporre la Dottrina cristiana in modo approfondito e tendenzialmente globale, ma anche volutamente accessibile ed edificante.
Nel periodo medioevale vi furono tantissime opere di taglio catechistico e pedagogico, come ad esempio le esposizioni di san Tommaso sul Credo, il Padre Nostro, l’Ave Maria, i tanti opu­scoli di san Bonaventura, ecc. E gli stessi sermoni dei monaci medioevali, regolarmente tra­scritti da copisti e dagli amanuensi, avevano lo scopo precipuo di istruire, formare, catechizzare i cristiani. Nel periodo umanistico-rinascimentale poi ci fu un notevole aumento dei catechismi cattolici veri e propri anche per far fronte al catechismo di Lu­tero e agli altri libri dei riformatori cinquecenteschi.
Così, il solo Catechismo di san Pietro Canisio, a metà del XVI secolo, ebbe oltre 400 edizioni, sia in latino che nelle principali lingue europee: l’o­biettivo del catechismo infatti è quello di far capire e di far apprendere al meglio possibile le Verità della Fede. Secondo l’Enciclopedia Cattolica, «il Concilio di Trento [1545-1563], dopo maturo esame e la constatazione della ignoranza religiosa del popolo [virus nient’affatto nuovo, dunque...], aveva ordinato di comporre e di pubblicare un manuale, di cui i parroci si servissero, predicando e catechizzando, per esporre in ordine logico la dottrina cri­stiana [...] pur lasciando la li­bertà di mutare il solito ordine (Credo, Sacramenti, Comandamenti, Pre­ghiera) a seconda della necessità degli uditori» (vol. III, col. 1123).
Il più grande Concilio della storia moderna della Chiesa, tenutosi a Trento proprio per riportare all’ovile i riformatori germanici, si proponeva di fare chiarezza sui temi fondamentali della Sacra Scrittura (testo ufficiale e interpretazione), sul peccato originale e attuale, sulla grazia, sui Sacramenti (specie la Santa Messa), sulle Indulgenze, sul culto delle immagini sacre, ecc. Ma uno degli scopi del grande Concilio tridentino fu altresì quello di offrire a fedeli e pastori «un testo unico ed uniforme, come unica ed uniforme era la regola della fede» (Ibidem). Così, nel 1566, poco dopo la chiusura dell’Assise ecumenica, vide la luce, in lingua latina, il Catechismus ad parochos, prestissimo tradotto in italiano (a cura del domenicano Alessio Figliucci) col celeberrimo titolo di Catechismo Romano. «L’opera fu accolta con plauso universale e se ne fecero anche estratti e compendi ad uso dei fanciulli. Quanto ad autorità e valore dogmatico, essa man­tiene [l’autore, padre Celestino Testore, scrive nel 1949] il primato sopra tutte le opere simili» (Ibidem).
Il bene fatto alla Chiesa, alle anime e all’umanità da questo testo è incalcolabile. Oggi pos­sediamo, quali frutti maturi del seme tridentino, anche altri catechismi ufficiali o semi-ufficiali, come quello detto di san Pio X (1913), quello del cardinal Ga­sparri (1932) o il Catechismo della Chiesa Cattolica (1997) e il suo Compendio (2005).
Sarebbe tuttavia sciocco e miope pensare che i catechismi successivi, pur migliorati in certi aspetti (come le imprescin­dibili questioni bioetiche), rendano obsoleti i catechismi più antichi: sarebbe come dire che gli studi teologici o esegetici iper-scientifici attuali (a volte tanto dotti quanto eterodossi...) rendono vani e superati i commenti biblici dei Padri della Chiesa!
Quindi, anche per mante­nere in noi il senso della Tra­dizione, anima del sensus fidei, rivolgiamoci al Catechismo Tridentino o Romano per apprendere la sua dottrina, attualissima, sul Matrimonio cristiano, il Grande Sacramento e il grande onore del laicato cattolico. E ciò facciamo anche come figli devoti della Chiesa la quale ci chiede di collaborare, ognuno come sa e può, al Sinodo sulla Famiglia, aperto nel 2014 da papa Francesco.
Non è un caso che il curatore dell’edizione del catechi­smo che possediamo (Catechi­smo Tridentino, Cantagalli, Siena 1992), l’eccellente dome­nicano Tito S. Centi, scriva nell’introduzione che il celebre testo «non ha bisogno di lettere commendatizie: è un classico insuperato nel suo genere» (p. 5). Padre Centi ricorda che san Giovanni XXIII, il 25 gennaio 1960, in un’omelia fece cenno al «pre­ziosissimo Catechismo Roma­no», che, secondo le parole di papa Giovanni, un illustre cardinale definiva come «divinitus datum Ecclesiae». Nel XX secolo, come ricorda il Domenicano, in Italia il Catechismo Tridentino fu edito più volte, prima dalla piemontese Marietti (1907) e in seguito si ebbe un’edizione romana nel 1918. L’edizione più diffusa fu però quella delle Paoline che nel 1961 «diedero in pasto al clero e al popolo una nuova traduzione del Catechi­smo del Concilio di Trento, inserendola nella collana Biblioteca di cultura religiosa» (p. 7). Successivamente, secondo padre Centi, si ebbe il Vaticano II (1962-1965), «accompagnato e seguito dai tentativi più vari e spericolati di rinnovamento della catechesi; tentativi e pubblicazioni che hanno provocato gusti e tendenze non ancora ben definibili, ma che purtroppo, d’ordinario, non brillano per comprensione e benevolenza verso le linee tradizionali della catechesi cattolica» (p. 8).
Secondo il Domenicano, perfino i catechismi della CEI di quegli anni, erano «ben lungi dall’entusiasmare gli esperti», anche perché non raramente avevano «la tendenza a modellarsi sul famigerato Nuovo Catechismo Olandese (edito nel 1966)» (p. 8). Insomma la Cantagalli, ripubblicando il Catechismo Romano (o Tridentino) negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, ha fatto un’opera bella e meritoria: la continua ristampa dello stesso, anche nel nuovo secolo, mostra che i fedeli hanno davvero il sensus fidei nell’apprezzare un testo sì cinquecentesco, ma che si direbbe scritto ieri, quanto ad attualità (in realtà ciò che è collegato all’eterno non passa mai di moda).
Oggi, nella confusione dottrinale e pastorale che tutti riconoscono, questo monumento di saggezza dovrebbe essere acqui­stato da tutti i cattolici, ed essere usato come manuale catechetico di riferimento.

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