ATTUALITÀ
Le ricadute del ricorso all’eterologa quando lui è sterile
dal Numero 37 del 21 settembre 2014
di Lazzaro M. Celli

Da una celebre commedia, alcuni saggi spunti di riflessione per provare l’assurdità e l’innaturalità del ricorso alla fecondazione artificiale eterologa.

I figli sono figli. È questa una celebre frase pronunciata nella celebre commedia di Eduardo De Filippo, dal titolo Filomena Marturano. È la storia di una donna con un passato da prostituta, poi tolta da quella condizione e mantenuta per 25 anni da Domenico Soriano, don Mimì per gli amici. Mentre lei gli rigovernava casa, prendendosi cura dell’uomo, lui continuava a menare una vita dissoluta e gaudente. Fu così che Filomena escogitò uno stratagemma per farsi sposare: si finse morta ed espresse “l’ultimo” desiderio: il matrimonio. Domenico, pensando ad un legame di breve durata, acconsentì. Scoperto l’imbroglio, con l’aiuto di un avvocato, si tranquillizzò perché un matrimonio estorto con l’inganno sarebbe stato considerato nullo. A questo punto Filomena gli rivelò di avere avuto tre figli, di cui solo uno era del Soriano, esito di uno degli incontri saltuari quando ancora la donna si prostituiva. Filomena dapprima aveva allevato i piccoli con i frutti dell’illecito guadagno, poi sottraendo a don Mimì piccole somme di danaro, affidandoli alla cura di terzi, senza mai farsi riconoscere. Dopo un primo momento di incredulità, l’uomo si convinse di essere davvero il padre di uno dei tre, come del resto era vero. Chiese insistentemente alla moglie di manifestargli chi fosse il figlio, ma lei non cedette, ben sapendo che don Mimì avrebbe amato di più il figlio vero piuttosto che gli altri due.
Un dato di natura. È qui racchiusa tutta la saggezza popolare e naturale. In essa è scolpita già da tempi non sospetti una verità che vogliamo ignorare: il rischio di distacco affettivo di un genitore, quando alleva un figlio non proprio. Chi l’avrebbe detto che una commedia scritta nel ’46 potesse trattare contenuti così moderni! Infatti con il ricorso alla fecondazione eterologa, quando ad esempio un lui è sterile, si verifica una condizione affettiva simile a quella di Domenico Soriano; accade che l’uomo è del tutto estraneo alla “produzione” genetica del bambino, mentre la donna, che ospiterà in grembo il cucciolo d’uomo, è totalmente coinvolta. Si tratta di un fenomeno ben stigmatizzato da Francesco Agnoli che lo definisce un “adulterio” in provetta. In caso dei primi conflitti adolescenziali o i primi dissidi educativi, l’uomo rischia di abbandonare il problema e con esso il figlio alla donna. I figli sono figli ripeteva Filomena.
E se fosse adozione? Si potrà obiettare che il rischio esista anche in caso di adozione. Precisiamo! C’è un margine di rischio minore, innanzitutto perché con l’adozione, quasi certamente entrambi i partner hanno un desiderio di adozione di pari livello, cosa che invece non accade automaticamente quando si fa ricorso all’eterologa. In secondo luogo entrambi i coniugi sono estranei geneticamente e non ci sono controindicazioni come il senso di impotenza, di cui è vittima l’uomo, o il sentimento di riconoscenza verso il donatore, che sperimenta la donna.
La prova del nove. La riprova di quanto sia importante la partecipazione genetica del padre, ai fini di un solido legame con il futuro figlio, la ritroviamo nel fatto che ci sono coppie che ricorrono all’omologa e non all’eterologa per questo motivo; che esistono banche del seme che selezionano un seme con le caratteristiche più vicine possibili a quelle del padre apparente; che le donne che hanno fatto ricorso alla fecondazione omologa e poi per errore si sono trovate incinte con il seme di un altro, hanno chiesto l’aborto; e, dulcis in fundo, anche quando due omosessuali commissionano un figlio, si mischiano i semi di entrambi per evitare che uno si senta più coinvolto dell’altro nel legame che si verrà a creare. Così nessuno saprà chi è il vero padre e chi no. I figli sono figli! Filomena Marturano insegna!

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