Ecco quali barbarie sono state compiute contro Cristo e la sua Chiesa, in nome del comunismo, nella Spagna dell’ultimo civilissimo secolo. La guerra civile spagnola prese così la forma di una vera e propria Crociata di liberazione dai soprusi delle forze repubblicane.
Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e anche papa Francesco ne hanno beatificati a centinaia. Ci riferiamo ai martiri della guerra civile spagnola (1936-1939, ma alcuni furono ammazzati anche prima, a partire dall’instaurazione della Repubblica in Spagna, nel 1931), uccisi in odium fidei dal Fronte Popolare, che raggruppava comunisti, socialisti, radicali e anarchici. Ancora oggi, a distanza di oltre settant’anni, queste beatificazioni sono oggetto di polemiche, perché dimostrerebbero la connivenza della Chiesa con la dittatura franchista. In genere, da parte cattolica si risponde male a tali critiche, sostenendo che non c’è nulla di politico nelle cerimonie in cui si elevano agli altari i martiri. È senz’altro vero, ma incompleto. Infatti i martiri dei “rossi” sostenevano le forze nazionaliste guidate da Francisco Franco e da esse furono strenuamente difesi. Inoltre, se la Spagna si salvò dall’anticlericalismo massonico e comunista, lo si deve proprio al Generalissimo: cerchiamo di non dimenticarlo!
Come ricordato all’inizio, sin dall’avvento della Repubblica, nel 1931, il Capo dello Stato Manuel Azaña dichiarò che la Spagna avrebbe cessato di essere cattolica. Venne quindi approvata tutta una serie di leggi violentemente anticlericali, che misero la Chiesa sul lastrico. Di fronte ai soprusi contro i cattolici e ai provvedimenti ingiusti presi dai governi di Sinistra, il 18 luglio 1936 alcuni militari insorsero in difesa della Spagna cristiana e tradizionale. Fu l’alzamiento, che fece scoppiare la guerra civile, in cui chiaramente i buoni militavano dalla parte dei nazionalisti guidati dal Generalissimo Franco, mentre i cattivi parteggiavano per la Repubblica del caos e dell’ateismo. Durante il conflitto, le forze repubblicane scatenarono una vera e propria caccia al cristiano. Il loro obiettivo fu quello di distruggere completamente la Chiesa spagnola. Nell’arco di tre anni vennero uccisi 4.184 preti diocesani (inclusi i seminaristi), 2.365 religiosi, 283 suore e 11 vescovi, per un totale di 6.832 vittime. A queste però vanno aggiunte decine di migliaia di laici massacrati solo perché trovati in possesso di una semplice medaglietta religiosa o dell’immagine di un santo. Quasi sempre i carnefici cercavano di ottenere dalle loro vittime un atto di apostasia in cambio della salvezza. Ma da quanto è noto, quasi nessuno cedette a tali satanici ricatti, preferendo piuttosto morire, spesso al grido di “viva Cristo Re!”. Le violenze, come accennato, furono inaudite. «Mai, nella storia d’Europa e forse in quella del mondo, si vide un odio così accanito per la religione e i suoi uomini» ha scritto lo storico laburista Hugh Thomas. In effetti, in tutta la Spagna chiese e conventi vennero incendiati e saccheggiati, oppure trasformati in magazzini e stalle. I miliziani rossi si abbandonarono a numerosi atti sacrileghi, indossando ad esempio i paramenti sacri, fucilando le statue di Gesù e della Madonna e le immagini dei santi, profanando le Ostie con urina e sterco, usando i calici come bacinelle per radersi. Salme di religiosi e religiose vennero riesumate per essere fucilate, si giocò a calcio con i teschi dei morti. Furono commesse le peggiori oscenità davanti agli altari, sacerdoti e suore vennero costretti alla promiscuità, i confessionali trasformati in rivendite di giornali e sigarette. Le torture e gli stupri non si contarono. Chi cadeva nelle mani dei “rossi” era fucilato, arso o sepolto vivo, crocifisso, gettato nei recinti dei tori da combattimento, costretto a ingoiare crocifissi o medaglie benedette arroventate. E ci fermiamo qui.
Da questi fatti si comprende perché la Chiesa si schierò con i franchisti. Nel settembre 1936, il vescovo di Salamanca Pla y Deniel pubblicò la lettera pastorale Le due città, in cui definì per la prima volta il golpe militare del 18 luglio una Crociata. L’alzamiento venne interpretato come una guerra santa difensiva e riparatrice nei confronti della violenza anticattolica, opzione necessaria per ristabilire l’ordine violato. Il conflitto diventò così lo scontro dei cristiani in lotta per Dio e per la Patria contro i “senza Dio”. Il 1° luglio 1937, festa del Preziosissimo Sangue di Gesù, fu pubblicata la Lettera collettiva dell’episcopato spagnolo, redatta dal primate di Spagna e arcivescovo di Toledo, il card. Isidro Gomá e firmata dalla quasi totalità dei vescovi spagnoli. Si tratta di un testo che tutti dovrebbero rileggere, che mostra la sofferenza della Chiesa perseguitata e il coraggio di pastori che non esitano a denunciare con chiarezza gli attacchi satanici sferzati contro Cristo e la sua Legge. Un testo il cui vigore e il cui coraggio andrebbero imitati anche oggi... La Lettera, rivolta a tutti i vescovi del mondo, descriveva dapprima le tappe della conflittualità col governo repubblicano e poi si soffermava sulla giustificazione dell’insurrezione militare, definita – lo ripetiamo e lo evidenziamo con forza – come Cruzada, una Crociata, una guerra giusta, combattuta per difendere i diritti di Dio e della Patria.
La guerra civile contro il comunismo ateo venne assimilata dalla propaganda cattolica e nazionalista alla Reconquista medievale contro l’invasione islamica. Furono presi a modello personaggi come il grande Filippo II, i re cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia (donna di santa vita, di cui purtroppo si è arenata la causa di beatificazione) ed eventi come la conquista dell’America e la battaglia di Lepanto. I combattenti del fronte franchista pregavano i Patroni di Spagna: san Giacomo, specie nella rappresentazione di Santiago Matamoros, che su un cavallo bianco guidava la lotta dei cristiani contro i musulmani, e la Virgen del Pilar, alla quale venivano resi gli onori militari e che fu dichiarata “Capitana dell’invincibile esercito franchista”. Grande importanza assunse il culto del Sacro Cuore di Gesù. I soldati di Franco spesso indossavano scapolari su cui era ricamato il Sacro Cuore con la scritta: «Fermati pallottola, il Cuore di Gesù è con me!».
La guerra civile terminò il 1° aprile 1939, con la vittoria dei nazionalisti. Il 20 maggio, a Madrid, nella chiesa di Santa Barbara, in una cerimonia che recuperava l’antica liturgia mozarabica, ebbe luogo il rito della consegna della spada e del bacio del crocifisso. Franco entrò in chiesa passando sotto un arco di palme e venne accompagnato all’altare sotto il baldacchino, onorificenza tradizionalmente riservata al Santissimo Sacramento e ai monarchi. Il cardinale Gomá benedisse il Generalissimo e celebrò la Messa nel contesto di un ricco apparato barocco, pieno di oggetti della storia cristiana spagnola. Franco chiese a Dio la sua protezione per guidare bene il Paese e auspicò che Gesù Cristo fosse conosciuto da tutti gli uomini.
Pio XII dapprima inviò un telegramma a Franco in cui si congratulava per la vittoria della Spagna cattolica. Poi, il 16 aprile 1939, inviò ai cattolici spagnoli un radiomessaggio intitolato “Con immensa gioia”, in cui impartiva ai vincitori la benedizione apostolica, riservando un elogio particolare ai «nobilissimi sentimenti cristiani di cui hanno dato sicure prove il Capo dello Stato e tanti suoi fedeli collaboratori». Il Pontefice esprimeva la sua «doverosa gratitudine verso quanti hanno saputo sacrificarsi fino all’eroismo in difesa dei diritti inalienabili di Dio e della religione, sia nei campi di battaglia, sia ancora, consacrati alle opere sublimi di carità cristiana, nelle carceri e negli ospedali» e invitava i vincitori ad una politica di pacificazione: «Tutti seguano i princìpi inculcati dalla Chiesa, e proclamati con tanta nobiltà dal Generalissimo, di giustizia per il delitto, ma di generosa benevolenza verso coloro che hanno errato».
E fu così che la Spagna, per circa quarant’anni, tornò ai suoi antichi splendori.