Conosciamo davvero il Volto di Cristo? Perché le raffigurazioni di Gesù si rassomigliano, seguono forse un modello? Non solo la fede, ma la scienza ci svela il mistero dell’immagine dell’Uomo-Dio attraverso la Sacra Sindone e documenti storici.
Su qualsiasi documento di riconoscimento (carta di identità, patente di guida, passaporto...) c’è la foto della persona cui appartiene. Tra i numerosissimi documenti storici di Gesù (ne esistono più di 34.000 e Gesù è la figura più documentata della storia!) esiste la sua foto, l’immagine, il ritratto di Lui? Noi – che non l’abbiamo visto di persona – vorremmo almeno per ora vederlo in un’immagine vera, in attesa di vederlo per sempre in Paradiso, quando il suo Volto sarà tutta la nostra gioia.
Un certo Lentulo
Un funzionario romano in Palestina ai tempi di Gesù, di nome Publio Lentulo, avrebbe scritto all’imperatore Tiberio di Roma, la seguente lettera: «È apparso in questi tempi e ancora c’è un uomo (se è lecito chiamarlo solo uomo) di grande potenza, chiamato Gesù, il Cristo, che viene detto dalla gente il profeta della Verità e che i suoi discepoli chiamano Figlio di Dio: risuscita i morti e guarisce i malati: alto, slanciato di statura, ha un volto splendido che coloro che lo guardano possono amare o temere; i capelli del colore della nocciola matura, lisci fino alle orecchie, dalle orecchie in giù ondulati e alquanto luminosi, mossi sulle spalle, divisi in mezzo, secondo il costume dei nazareni; la fronte spaziosa e serena con il volto senza ruga né macchia alcuna, che un colore roseo rende ancora più bello; il naso e la bocca regolari, la barba folta, dello stesso colore dei capelli, non lunga e un po’ spartita sul mento; un aspetto semplice e austero; gli occhi cerulei. È forte nel riprendere, mite e amabile nell’insegnamento, lieto con la dovuta gravità; talora fu visto piangere, mai fu visto ridere; eretto nel portamento, affascinante, autorevole nel discorso, umile e straordinario, così che giustamente è stato definito il più bello tra i figli degli uomini».
Questa pagina stupenda è riportata dal famoso storico prof. Giuseppe Ricciotti nella sua Vita di Cristo (Mondadori, Milano 1941) che è stata un diffusissimo libro finora ristampato, di cui si sono nutriti studiosi, non-credenti e credenti a non finire, umile gente del popolo e capi di Stato, rimanendone tutti profondamente segnati.
L’abate Ricciotti dubita dell’autenticità di questo scritto, ma è certo però che in questa descrizione attribuita a Lentulo, sono rispecchiate in tutto le immagini di Gesù che abbiamo dalla sua venuta fino a oggi. C’è da domandarsi perché Gesù sia sempre rappresentato più o meno allo stesso modo: un’origine comune deve pure esistere, un’immagine originale antichissima di Lui, risalente alla sua vera fisionomia, così come lo videro coloro in mezzo ai quali Egli visse. Diversamente non si spiega perché le immagini lo raffigurino con lineamenti uguali o molto simili.
Il suo lenzuolo funebre
Quest’immagine originale di sé è Gesù stesso che ce l’ha lasciata, nel lenzuolo compratogli da Giuseppe d’Arimatea per avvolgerlo calato dalla croce e seppellirlo, la sera del Venerdì Santo, come narrano i Vangeli (cf. Mc 15,46; Mt 27,59; Lc 23,53; Gv 20,6-7).
Il lenzuolo funebre, cioè la Sacra Sindone che dal 1578 si conserva a Torino nella Cattedrale e che riporta l’impronta facciale e dorsale di un Uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito alle mani, ai piedi e al costato, proprio come i Vangeli raccontano di Gesù.
Non è possibile narrare in poche righe la storia della Sindone e trattare diffusamente le questioni che la riguardano; tuttavia le riassumiamo in breve dal libro La Sindone. Un enigma alla prova della scienza (O. Petrosillo – E. Marinelli, Rizzoli, 1990), più volte ristampato e arricchito, a cui rimandiamo.
«Oggi, dopo lunghe e accurate indagini di indole storica, biblica, patristica e soprattutto scientifica, si è in grado di ritenere con tutta la certezza umana possibile, che la Sindone conservata a Torino è precisamente quella che avvolse Gesù deposto dalla croce, il Quale volle lasciarci impresse le sembianze del suo corpo a modo di quinto Vangelo della sua passione redentrice. La scienza dimostra che l’immagine dell’Uomo offerta dalla Sindone può essere solo quella di Gesù, secondo il racconto evangelico della passione da Lui subita. Contro tale tesi, c’è solo una probabilità su duecento miliardi».
«L’immagine non può essere stata dipinta o disegnata da un falsario del Medioevo, risultando prodotta unicamente dal contatto di un corpo, come confermano: a) l’analisi di vero sangue umano rinvenuto nel tessuto; b) la presenza, in questo tessuto, del polline di piante proprie delle zone geografiche per le quali successivamente sostò la Sindone: 25 di Gerusalemme, 11 del Mar Morto, 18 dell’Anatolia (attuale Turchia), 11 di Costantinopoli, 19 della Francia centrale, 13 della Savoia, 16 del Piemonte [...]; c) la documentazione storica che accompagna il trasferimento della Sindone da Gerusalemme a Torino [...]».
«Oltre tutto, la Sindone in cui fu avvolto Gesù deposto dalla croce dovette essere conservata gelosamente come l’unica “reliquia” del Salvatore espressamente documentata dai Vangeli. Il Volto di Gesù, quale si contempla nella Sindone può essere solo quello medesimo lasciato da Lui impresso nel tessuto; nessun artista avrebbe potuto riprodurlo quale ora appare».
L’esame dei campioni della Sindone fatto nel 1988 con il metodo del carbonio 14, che avrebbe dimostrato si trattasse di un’immagine risalente solo al 1260-1390, e non all’epoca di Gesù, è stato ormai rifiutato da tutti gli uomini di scienza seri, infatti quel metodo non consente più alcun risultato sicuro, essendo trascorsi molti secoli e a causa dei “detriti” di incendi subiti deposti sul tessuto.
Prestigiosi uomini di scienza hanno affermato che l’immagine in negativo dell’Uomo della Sindone – Gesù di Nazareth – sembra essersi formata per una singolare radiazione di luce, ciò che fa pensare con fondamento al fatto, l’accadimento mirabile e unico al mondo, della sua Risurrezione per cui Egli è uscito dall’involucro sindonico, senza disfarlo e lasciandovi i suoi lineamenti. Come è testimoniato dal Vangelo di Giovanni.
Ed è recente la risposta di altri scienziati che, alla luce di tutte queste e altre prove scientifiche, riportano la formazione dell’immagine della Sindone all’epoca e alla vicenda straordinaria e unica di Gesù, il Redentore crocifisso, quindi risorto.
Il vangelo dell’immagine
Ci fermiamo qui, facendo però notare che il Volto di Gesù come lo vediamo sulla Sindone, è tale e quale lo descrive quel Publio Lentulo prima ricordato, e che gli scienziati della Nasa sono riusciti a restituirci, con i loro sofisticati strumenti, nella sua straordinaria bellezza.
Tutti gli artisti, da quelli umili e sconosciuti delle catacombe al tempo dei cristiani, a Giotto, al beato Angelico, a Michelangelo e migliaia di altri, fino ai nostri tempi, Gesù lo hanno rappresentato così come appare nell’impronta che Lui stesso ha lasciato e che noi, uomini d’oggi, possiamo ammirare con singolare penetrazione come un vangelo “scritto” da Lui per questo nostro “tempo dell’immagine”.
Secondo la notissima e più che autorevole archeologa Margherita Guarducci (1902-1999), il più antico ritratto di Gesù eseguito da mano d’uomo, a noi pervenuto, è quello che si trova nella catacomba di Commodilla, situata sulla via Ostiense a Roma. Si veda il libro della Guarducci, Il primato della Chiesa di Roma (Rusconi, Milano 1991, pp. 81-92), dove l’illustre Studiosa, che godette della fiducia dei Pontefici, dal ven. Pio XII al beato Giovanni Paolo II, racconta come sant’Ireneo di Lione nel suo Adversus hæreses, e sant’Agostino d’Ippona nel De hæresibus, ricordano la presenza in Roma di immagini di Gesù risalenti al tempo di papa Aniceto (155-166), provenienti addirittura dall’ambiente della Palestina. Eusebio di Cesarea scrive nella sua Historia ecclesiastica di aver visto egli in Palestina immagini di Pietro, di Paolo e dello stesso Gesù «conservate su tavole di legno».
Ma torniamo al Volto di Gesù tuttora visibile nella catacomba di Commodilla: questo bellissimo Volto è simile a quello della Sindone e ha i tratti come Publio Lentulo li presenta nella lettera a Tiberio. È evidente a chiunque che unico dovette essere il modello a cui tutti gli artisti dall’inizio della Chiesa a oggi si ispirano nel raffigurare la fisionomia del nostro Salvatore.
Ebbene, tutto questo non è un’altra prova di Lui, della sua verità e della sua presenza? Sì, abbiamo anche la “foto” di Gesù e ce l’ha preparata Lui stesso con il suo fantasioso ineffabile amore. Davanti alla Sindone, nel Duomo di Torino, ho potuto fermarmi pochi minuti, ma ho indugiato più a lungo nella navata della chiesa, a pochi metri di distanza. Ancora una volta mi sono sentito guardato da Lui, dai suoi grandi occhi pieni di certezza e di amore.
Adesso tocca a noi ricopiare nella vita quel suo Volto divino, rassomigliargli evitando ogni più piccolo peccato e vivendo nella sua grazia divina, in modo che quando verrà la nostra ultima ora, il Padre, guardando ciascuno di noi, possa vedere il Volto del Figlio suo ed accoglierci in Paradiso. Là, Gesù, il Cristo, l’Unto, il Consacrato da Dio, e pure il Profumato, l’Odoroso, l’Olezzante, il Bello, il Gentile, il Delicato, Gesù, l’Uomo-Dio, sarà il nostro Paradiso.