ATTUALITÀ
Una legge omicida
dal Numero 08 del 23 febbraio 2025
di Francesca Romana Poleggi Direttore editoriale di “Notizie Pro Vita & Famiglia”
La relazione sulla legge 194 del 2022 riporta dati sconcertanti: 65.661 bambini uccisi, aumento dell’aborto chimico (“fai da te”) e impennata di aborti tra le minorenni. Le conseguenze psichiche dell’aborto sulla donna? Su questo solo silenzio.
Dalla recente relazione ministeriale al Parlamento sull’applicazione della legge 194 del ’78, che illustra i dati del 2022, risulta un aumento degli aborti volontari. Si potrebbe dire: «Le IVG [interruzioni volontarie di gravidanza] sono state 65.661, 2008 unità in più rispetto all’anno precedente». Sarebbe, in realtà, più veritiero e corretto scrivere la stessa cosa in quest’altro modo: «Nel 2022 sono stati eliminati 65.661 bambini, 2008 in più rispetto all’anno precedente». Questo, però, non si può dire. Non si può più dire che nella pancia della mamma c’è un figlio. Bisogna ignorare che ciascuna di quelle “unità” aveva il DNA unico e irripetibile di un essere umano e che – se l’avessero lasciato crescere e nascere – da embrione o feto sarebbe diventato un neonato, poi un lattante, un bambino, un adolescente, un adulto e un anziano. Magari, a sua volta, padre o madre o nonno di chissà quanti altri bambini. È un po’ triste questa deliberata e ideologica cancellazione degli esseri umani operata dall’ideologia mortifera dominante. Ed è ancor più triste che spesso anche dei “sedicenti prolife” diano la sponda a questa mistificazione. Detto questo, il commento ai dati pubblicati dalla relazione potrebbe finire qui. Proseguiamo invece nel condividere con i lettori altre considerazioni. Primo: la relazione continua a negare l’evidenza scientifica dell’umanità del concepito, anche perché non tiene conto dei cripto aborti causati dalle pillole usate dopo il rapporto. Le confezioni di ellaOne e Norlevo, pillole dei 5 giorni dopo e del giorno dopo, vendute nel 2022, sono arrivate a 748.137 in totale. Sarebbe logico calcolare che circa il 20% dei rapporti siano fecondi. Ma per essere molto prudenti, diciamo che lo sono stati il 10% dei rapporti avuti il giorno prima o 5 giorni prima. A fecondazione avvenuta, le pillole non hanno effetto contraccettivo, ma antinidatorio, cioè all’embrione è impedito l’annidamento in utero e viene abortito. Quindi, ai 65.661 aborti registrati bisogna aggiungerne almeno altri 35.000. Secondo: aumentano gli aborti tra le minorenni. Nel 2022 hanno abortito 1861 «donne di età inferiore ai 18 anni». “Donne” sotto i 18 anni, giusto? In particolare, le italiane sono state 1675, mentre nel 2021 erano 1543. Chissà cosa è passato e cosa passa nella testa e nel cuore di quelle ragazzine. Chissà se qualcuno avrà mai spiegato loro che mediante il proprio corpo, Dio ha fatto dono all’uomo e alla donna di poter partecipare alla sua opera creatrice, con la generazione di altri bambini, futuri figli di Dio, destinati a popolare il Paradiso, e non piuttosto ad usare il proprio corpo, tempio dello Spirito Santo, per appagare desideri che provengono soltanto da istinto animale e non da vero amore. Sicuramente, invece, hanno saputo che abortire è così semplice! Basta prendere un paio di pilloline (la RU486 e le prostaglandine). Gli aborti chimici sono ormai più di quelli chirurgici (52%). E si fanno comodamente a casa, da sole, anche se a rischio di emorragia, infezione e aborto ritenuto. Nota a margine: gli abortisti oggi promuovono quella “dimensione solipsistica dell’aborto” (ovvero l’aborto che avviene tra le mura di casa) che qualche tempo fa denunciavano molto preoccupati. Come si cambia!... Terzo: dopo questa relazione le compagne di Non Una Di Meno potranno tranquillizzarsi, infatti i dati dimostrano che il loro diritto all’aborto, in adempimento alla legge 194, è garantito. Nel 2022 il 92,9% delle madri ha potuto abortire nella regione di residenza e l’86,9% nella provincia. Quindi pochissime sono state costrette a migrare. Sarebbe interessante paragonare il dato “migrazioni per aborto” con il dato “migrazioni per TAC o PET-TAC”, ma non è questa la sede. Non solo: i tempi d’attesa tra rilascio del certificato e intervento sono in netta diminuzione. Del resto, «per ogni 1.000 nascite si conta 1 punto nascita, mentre per ogni 1.000 IVG ci sono 5,2 punti IVG. In proporzione, quindi, i punti IVG sono più dei punti nascita». Insomma: è più facile essere abortiti che nascere. E infine, «il numero di IVG per ogni ginecologo non obiettore è pari a 0,9 IVG a settimana». Un carico di lavoro decisamente sostenibile, tant’è vero che c’è un buon 7,4% di medici non obiettori che non effettuano aborti: evidentemente non servono. Gli obiettori di coscienza, quindi, non riescono ad impedire l’accesso all’aborto neanche a una sola madre. Tra l’altro il numero degli obiettori è in calo (anche se è sempre più del 60% del totale dei ginecologi). Infine, ci dispiace dover rilevare che anche questa volta la relazione non risponde a tante domande. Per esempio: per quali motivi le madri chiedono di abortire? Dovrebbe interessare a chi si occupa di politiche sociali sapere se e quante donne abortiscono per motivi economici, per esempio. O per motivi di lavoro. O per solitudine, paura... Il fatto è che agli ideologi dell’aborto non interessa il perché, purché ci sia la massima libertà di farlo, a richiesta. Anche senza alcun valido motivo (per questo alcuni dicono che il diritto di abortire è “meramente potestativo”). Altre domande a cui la relazione non risponde riguardano la salute delle donne e le complicanze post-aborto. Non sembra che alla relazione interessi l’effettiva libertà di “scelta”, altrimenti interesserebbe fornire i dati necessari perché le madri possano maturare un reale consenso informato rispetto alla procedura cui vanno a sottoporsi. Quindi alle donne andrebbe spiegato che cosa è l’aborto e quali conseguenze comporta. E invece, del bambino non si parla (è un “grumo di cellule”), e quanto alla salute fisica non viene data alcuna informazione sulle complicanze post-aborto a lungo termine, e le complicanze a breve termine sono indicate in modo superficiale. Nella relazione che presentava i dati del 2020, scrivevano che il numero di donne morte in seguito ad aborto era “basso”. C’erano. Quelle donne morte non contavano, ma c’erano. Nel 2021 e nel 2022 il dato è stato semplicemente omesso. E poi anche questa relazione continua ad ignorare le conseguenze psichiche dell’aborto sulla salute femminile che – soprattutto da quando nel 2011 la dottoressa Coleman ha pubblicato la sua metanalisi – possono essere ignorate solo da chi è totalmente accecato dall’ideologia. In mezzo a tanti dati sconcertanti, per non dire agghiaccianti, però, abbiamo trovato un lumicino di speranza: più figli si hanno meno si abortisce. Il che potrebbe stupire chi pensa che un terzo o quarto figlio sia del tutto insostenibile. E invece no. Evidentemente l’umanità prevale ancora sul freddo calcolo economico.
Casa Mariana Editrice
Sede Legale
Via dell'Immacolata, 4
83040 Frigento (AV)
Proprietario: Associazione CME Il Settimanale di Padre Pio. Tutti i diritti sono riservati. Credits