Non è necessario avere vita lunga, ma è necessario approfittare dell’ora che Dio ci dà per fare il proprio dovere.
(sant’Antonio M. Pucci,
sacerdote dei Servi di Maria).

«Viva Cristo Re!». Furono queste le ultime parole pronunciate dal martire messicano, il beato Miguel Pro, accusato ingiustamente e fucilato in odio alla fede il 23 novembre 1927 a soli 36 anni d’età. Nel periodo della persecuzione messicana contro la Chiesa, egli si donò completamente per sostenere i cattolici perseguitati, i poveri, i malati, i moribondi. Svolse clandestinamente il suo ministero di sacerdote, e in un giorno riuscì a distribuire anche 1500 Sante Comunioni. Questo Beato, che agli occhi di tutti sembrava essere sempre felice e ottimista, in realtà nascondeva le lacrime dietro al sorriso e passò nel crogiolo della sofferenza più acuta e della depressione a causa della persecuzione che stava patendo il suo popolo e la sua famiglia. Arrestato, quando si rese conto che gli restavano poche ore di vita, chiese di essere portato sul luogo dell’esecuzione, senza essere bendato né trascinato. Poco prima di ricevere il proiettile in petto, perdonò i suoi assassini e allargò le braccia a forma di croce, tenendo in mano il Rosario.
Un anno dopo la morte del Beato, san José Sanchez del Rio, ragazzo messicano di 14 anni, subiva anche lui il martirio in difesa della fede cattolica, dopo atroci torture. Prima di morire, dopo essere stato ripetutamente pugnalato, un soldato gli chiese di lasciare un messaggio per suo padre: «Ditegli che ci rivedremo in Paradiso. Viva Cristo Re! Viva la Madonna di Guadalupe!».
La beata Irene Stefani, missionaria in Africa, morta in Kenya nel 1930, era instancabile nel correre tra i malati, nell’amministrare ai moribondi il Battesimo (amministrò il Battesimo a circa tremila anime in punto di morte), nel catechizzare, nel sanare le piaghe dell’anima e del corpo. Tutti questi Santi (e tanti altri ancora) dove trovavano la forza spirituale (e fisica) nell’andare avanti?
Nelle nostre vite le sofferenze, i dolori, i travagli e le avversità sono innumerevoli, ed è impossibile che spariscano. Quello che però fa la differenza è come li affrontiamo nel tempo che ci è dato da Dio. Le alternative sono due: possiamo comportarci da eroi o da mediocri. Gli eroi, i Santi, sono coloro che danno valore soprannaturale alla sofferenza, perché vedono in essa un mezzo per unirsi più intimamente a Cristo e per andare in Paradiso; i mediocri invece si lamentano di essa, si chiedono perché Dio li abbia voluti punire mandando quei castighi, arrivano alla disperazione e alla mancanza di abbandono in Dio.
La fortezza è perciò quella virtù che fa affrontare senza temerità e timidezza qualunque pericolo per il servizio di Dio e del prossimo. Tra temerità e timidezza c’è una differenza grande quanto il giorno e la notte: la prima ci fa affrontare i pericoli confidando solo nelle nostre forze, la seconda invece non ci dà il coraggio di superare le difficoltà, non facendoci confidare nell’aiuto della grazia. Due eccessi a cui la virtù della fortezza sa ben rispondere in maniera equilibrata. Questa, inoltre, ci fa superare le tentazioni e le difficoltà che provengono da parte del demonio, del mondo e delle passioni. La fortezza fa vincere il rispetto umano, ci dà la forza per affrontare le derisioni, le persecuzioni, la morte e anche il martirio. Integra questa virtù la pazienza, grazie alla quale sopportiamo con animo sereno le tribolazioni permesse da Dio per la nostra santificazione.
Nelle Litanie lauretane invochiamo l’Immacolata sotto il titolo di Vergine potente. In effetti, non si può forse considerare la nostra Mamma celeste come l’esempio, per noi più importante, di Colei che ha vissuto integralmente e in maniera eroica la virtù della fortezza? Quante difficoltà ha dovuto affrontare nella sua vita, a partire dalla Nascita di Gesù, la fuga in Egitto, la profezia di Simeone, la Passione e la Crocifissione dell’amato Figlio? Tutto ciò che ha patito Cristo, l’ha sofferto intimamente e interiormente anche Lei. Solo l’Immacolata può veramente insegnarci come si soffra e si offra santamente. Solo Lei può insegnarci la magnanimità, che rende pronti a compiere opere eccelse per il servizio di Dio, la pazienza nel sopportare tutti i mali senza contristarsi, e la perseveranza, che fa proseguire nell’esercizio delle virtù.
È a Lei dunque che chiediamo la grazia dell’esercizio perfetto della virtù della fortezza, come i martiri, come i missionari, instancabili nel servizio a Dio, come tutti i Santi che hanno fatto di Dio la loro roccia, il loro sostegno, senza temere le tempeste della vita perché totalmente fidenti in Lui.