SANTO NATALE
Un Natale strumentalizzato
dal Numero 47 del 15 dicembre 2024
di Antonio Farina
Nella nostra società si è perduto il vero senso del Natale soffocato dal consumismo più compulsivo. Il Natale non è più la solennità in cui celebriamo la nascita di Gesù, ma è diventata la festa di Babbo Natale e del cenone. Solo la preghiera ci farà ritrovare il vero senso del Natale.
Il periodo liturgico dell’Avvento si conclude come ogni anno con la festa del Santo Natale. Tutti festeggiamo – tutti festeggiano – il Santo Natale. Da un capo all’altro del mondo cristiano – sia esso cattolico, protestante o ortodosso – benché con diversità di modi, di tradizioni e di date si festeggia la nascita di Gesù Bambino. Ma che cos’è esattamente il Santo Natale, e come lo si festeggia, oggi, nel 2024? La Nascita di Gesù costituisce il primo segno visibile, tangibile, diremmo quasi collettivo, “pubblico” della realizzazione di un mistero, un grande mistero: l’Incarnazione e la nascita del Figlio di Dio fattosi uomo. Concepito ab æterno e messo in atto fin dal primo istante successivo al peccato d’origine, il progetto di Dio di salvare l’umanità si palesa nel tempo e nello spazio con una successione di fatti soprannaturali: l’Immacolata Concezione di Maria Santissima, la sua Verginità perpetua, la Sponsalità con lo Spirito Santo, la Maternità divina... tutto si sussegue in una logica infallibile, in un disegno perfetto di Redenzione e di Corredenzione e tutto approda a quel drammatico, storico, cruento Sacrificio salvifico dell’«Agnello di Dio» (Gv 1,36) che toglie i peccati del mondo. La nascita di Nostro Signore è poi il momento più solenne, commovente, coinvolgente, partecipato ed essenziale di tutta la storia dell’umanità, al punto tale che la stessa catena del tempo universale si divide in avanti Cristo e dopo Cristo. Alla luce della fede, non c’è nulla di più sublime, di più alto e unico degli eventi immortalati nel presepe: una notte stellata (in cielo si stagliava una stella cometa), una giovane Donna israelita, un Bambino appena nato, dolcissimo e indifeso, una grotta scavata nella roccia, i pastori, i Re Magi, san Giuseppe che è costretto a trovare riparo in una stalla perché «non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2,7) questo è il capolavoro del Santo Natale. L’autore spirituale inglese Frederick William Faber (1814–1863), nel suo racconto Betlemme, scrive: «La santa Grotta illumina vaste regioni nella mente di Dio e ce le rivela con un misto di simboli e di realtà... Che sono mai, in confronto, i misteri dell’armonia e della poesia, le meraviglie del firmamento, l’interessante scienza... che sono tutte queste gioie intellettuali se paragonate al godimento che ci procura la scienza madre fiorita nel Cielo e cioè la teologia, la quale c’introduce così nell’interiore santuario della creazione e ci mostra in un fulgore di luce radiosa la trinità terrestre nella Grotta di Betlemme?». Perciò come si festeggia il Natale? Preghiera, penitenza, adorazione. Tutto qui. Una festa innanzitutto spirituale, l’accoglienza del Bell’Amore che vuol trovare nelle anime nostre la sua culla. Si dovrebbero imbandire i cuori cercando di adornarli con ghirlande di pensieri elevati, di meditazioni, di buoni sentimenti. La pace, il perdono delle offese ricevute, una bella e santa Confessione, il proponimento serio di cambiare vita, queste sono le strenne che Gesù gradisce, ma sono tanto pochi quelle che gliele offrono. Ormai si ha la certezza che, cammin facendo, si sia del tutto perduto il vero senso del Natale che resta soffocato, annichilito, sopraffatto dall’avanzare dell’effimero, dal consumismo più becero, dal rutilante tamtam dei media che spingono ossessivamente a comprare, a consumare, a buttare nella spazzatura quello che avanza. Per esempio la multinazionale Coca-Cola è da circa la metà del mese di novembre che ossessiona i consumatori con video e su internet col battage di un obeso Babbo Natale sorridente che ha la slitta piena di bottigliette della nota bevanda, icona incontrastata del Natale d’oltre oceano. Ma ci rendiamo conto di come stiamo vivendo quest’epoca schizofrenica che divide l’umanità in “molto ricchi” e “molto poveri”, tra chi vive nell’opulenza e chi stenta nel bisogno, tra chi va in crociera e chi invece imbraccia un fucile, tra chi viaggia in paesi esotici (senza pensare alla Messa di Natale, mandando gli short agli amici) e chi dietro l’angolo muore di fame: questo è il consumismo, un fenomeno economico-sociale tipico del nostro mondo occidentale a reddito elevato, ma che coinvolge ormai anche i paesi in via di sviluppo. Nessuna solennità è tanto strumentalizzata quanto la nascita di Gesù. Ogni anno si festeggia il record di consumi per soddisfare i bisogni indotti, quelli sollecitati dai media, dalla TV, da internet. La fa da padrona la dea pubblicità che spinge a consumare e provoca fenomeni di imitazione sociale per cui se uno ha raggiunto un certo status sociale allora tutti dobbiamo arrivare alla stessa meta. Una globalizzazione dei bisogni totalizzante che massifica gli individui nel modello “più possiedi e più sei felice”. Il Natale, nell’immaginario collettivo, è diventato piuttosto la “festa di Babbo Natale” prima, e della Befana poi; la festa dell’albero di Natale, della “ritualità” dello scambio dei doni e delle strenne; l’occasione per spendere senza tanti ripensamenti la tredicesima; la festa dello spumante, del panettone, del cenone, della settimana bianca e così via... Strana società la nostra, che anziché fare doni a Colui che è nato, a Gesù Bambino, li fa a se stessa sotto forma di sprechi, di dissipazioni e addirittura di peccati! Nell’opera teatrale tragicomica Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo scritta nel 1931 figurava uno spaccato della società di quell’epoca alla conclusione dell’Avvento, nell’antivigilia di Natale, che sembra lontana anni luce: c’era il presepe in ogni casa, ci si preparava con “un po’ di brodo vegetale...” al sacrosanto cenone di Natale. Tutto ciò è diventato un ricordo sbiadito, una tradizione dimenticata che non suscita alcun rimpianto. Preghiamo l’Immacolata e Gesù Bambino che portino loro un bel regalo all’umana società di oggi: il ritorno al vero Natale.
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