Santa Zita per amore a Gesù che nacque in una grotta al freddo e al gelo, la notte di Natale donò il suo mantello a un povero mendicante. Ma lo era davvero?
Era la notte di Natale. Nella città di Lucca una povera cameriera, di nome Zita – una santa giovane che la città sceglierà, appena sarà morta, come sua patrona – si avviava alla chiesa di San Frediano per la Messa di Mezzanotte.
«Prenda questo mantello, Zita – le disse il suo padrone prima di lasciarla uscire di casa –, vi
proteggerà dal freddo». «Come, mio signore? Dovrei forse concedermi questo lusso proprio nella notte in cui Gesù volle nascere così povero?». «Ve lo impongo», disse allora il suo padrone.
«Obbedirò – concluse la buona fanciulla –, ma sarebbe meglio se con questo mantello coprissi le spalle sofferenti di Gesù Cristo... Ah, se mi fosse permesso!».
«No, assolutamente, voglio che me lo riporti a casa», le rispose il padrone. Ella promise, ma a malincuore.
Sotto il vecchio portico di San Frediano, ecco un vecchio, coperto di miserabili cenci, tutto tremante dal freddo. «Lo prenda – gli disse Zita – questo mantello è del mio padrone, il signor Fatinelli. Io gli avevo promesso di riportarglielo, ma la notte è fredda e il canto degli inni durerà fino al mattino: lo custodisca fino ad allora, poi, uscendo di Chiesa, lo riprenderò».
Intanto, nella raggiante chiesa, Zita gustava le delizie di quella Notte. Si unì al canto degli inni sacri, assistette al santo sacrificio insieme agli angeli, ricevette con Maria, nell’anima pura, il Dio che discende sull’altare.
Quando l’alba del Natale tingeva ormai di bianco le volte della chiesa e i ceri erano spenti, uscendo dal luogo sacro, Zita volle riprendere il suo mantello, ma nel vestibolo non si scorgeva più anima viva. Dove, dunque, se ne è andato di notte quel poverello? «Vergine Santissima, Madre Mia – esclamò Zita angosciata – vieni in mio soccorso e fammi ritrovare il mantello. Tu che in pieno inverno hai fatto rifiorire le rose nel mio grembiule, tu che un’altra volta hai inviato i tuoi angeli ad impastarmi il pane quando mi ero trattenuta a pregare presso di Te, aiutami, soccorrimi!».
Ma il povero non comparve. Zita se ne ritornò a casa, si umiliò davanti al suo padrone, confessò la sua colpa, pregandolo di essere indulgente nel nome di quel Dio ch’era venuto a portare la pace. Nulla, però, poteva frenare la collera del padrone che, sul momento, la cacciò di casa.
In quell’istante si sentì bussare alla porta. Uno sconosciuto veniva a riportare il mantello. Chi glielo aveva consegnato? Dove l’aveva trovato? Nessuno lo seppe mai, tranne la povera Zita.
Quando lo straniero, dopo aver ringraziato, fu sulla soglia del palazzo, si trasfigurò in volto: un’aureola di luce splendida lo circondava, i suoi piedi si sollevarono da terra, e disparve come stella al primo sole.
La porta di San Frediano, che la Santa soleva passare per recarsi in chiesa e dinanzi alla quale nella notte di Natale stava seduto il celeste Messaggero sotto le sembianze di mendicante, fu da quel giorno in poi detta “la porta dell’Angelo” e il miracolo è rappresentato sulla vetrata istoriata posta sopra il capitello della stessa porta per far memoria del prodigio.