CATECHESI
Come prepararsi Come prepararsi al Santo Natale Allestiamo la grotticella della nostra anima
dal Numero 45 del 1 dicembre 2024
di Fra Gerardo M. Pio da Osimo
Con l’inizio dell’Avvento deve iniziare anche la nostra preparazione al Santo Natale. Questo, infatti, non deve passare invano, ma deve essere per noi un momento di grazia e arricchimento spirituale. Come fare? Come sempre la risposta migliore ci viene dal Catechismo e dai santi.
Il tempo di Avvento è il tempo che prepara i fedeli cristiani a vivere devotamente e intensamente la solennità del Santo Natale, nella quale il mistico gregge del popolo di Dio festeggia la nascita temporale del suo Pastore e Salvatore divino. La ricchezza delle decorazioni e degli arredi che fregiano le nostre case e gli spazi pubblici; gli incontri con i parenti, gli amici e i conoscenti; i lauti pasti e le sorprese che sogliono farsi nel tempo di Natale, non devono allontanarci e distrarci dall’eccelso mistero che viene celebrato in questa festa: la povera nascita del Dio umanato dalla poverissima Madre che lo aveva gestato per nove mesi nel suo purissimo grembo che fu reso, dalla sua presenza, un «vero Paradiso di Dio», come lo chiamò suggestivamente il Dottore apostolico, san Lorenzo da Brindisi. Questo tempo di preghiera e di penitenza ci invita a preparare la nostra anima all’incontro soave con il dolce Pargoletto, verso cui comunicare e scambiare i nostri amplessi di amore e di tenerezza, affinché la sua presenza in noi c’infiammi e ci elevi alle vette più alte dell’amore trasformante e consumante in Dio, Uno e Trino. Anche il Catechismo Maggiore del Papa san Pio X si premura di indicare come prepararci a vivere pienamente la prossima solennità del Santo Natale in cinque raccomandazioni: «1. Meditare con viva fede e con ardente amore il grande beneficio dell’incarnazione del Figliuolo di Dio; 2. riconoscere la nostra miseria e il sommo bisogno che abbiamo di Gesù Cristo; 3. pregarlo insistentemente che venga a nascere e crescere spiritualmente in noi colla sua grazia; 4. preparagli la strada colle opere di penitenza, e specialmente col frequentare i santi sacramenti; 5. pensar sovente all’ultima terribile sua venuta, e in vista di questa conformare la nostra alla sua santissima vita per poter essere con Lui a parte della sua gloria». Questi cinque punti compendiano l’allestimento spirituale della nostra anima che vuol renderci “dimore degne”, per quanto è possibile, della presenza divina dell’«Altissimo, Onnipotente e buon Signore», come lo contempla il serafico Padre san Francesco. Tuttavia, affinché questa preparazione si realizzi e completi nel modo più rapido, semplice e perfetto, abbiamo bisogno di un modello, di una guida che ci indichi come praticare le suddette raccomandazioni: questa “magistra” è precisamente la Madre Immacolata del candido Bambinello “avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia” (cf Lc 2,7). Infatti, nel suo grembo verginale il Verbo eterno entrò nel mondo, rendendosi passibile, e “uscendo” da Lei si donò all’umanità intera finallora “prigioniera senza scampo” (cf Sal 88,9) «delle tenebre e dell’ombra di morte» (Gb 10,21). Così noi, sul suo esempio, dobbiamo erigere nell’anima nostra una “grotticella” degna di ospitarlo quando quivi nascerà nella notte santa di Natale, per poi donarlo a tutti gli uomini che avremo occasione di incontrare. Pertanto, per erigere questa nostra intima “grotticella” è necessario, prima, pulire la nostra anima da tutto ciò che possa dispiacere al divino Infante, particolarmente il peccato, e poi arricchirla di ori, gemme e fiori fatti di solide virtù, sacrifici generosi e ardenti preghiere, coltivati e moltiplicati in questo tempo preparatorio di Avvento. Anzitutto, è bene porre alla base di questo allestimento interiore una preghiera quanto più incessante, perché, come insegnava il Dottore estatico, il beato Giovanni Duns Scoto, “noi parliamo con Dio con un linguaggio solo: la preghiera”. Dobbiamo prestare molta attenzione a non sciupare quei tempi preziosissimi che riserviamo alla preghiera, giacché lo stigmatizzato del Gargano san Pio da Pietrelcina, spiegava che “dalla misura della tua preghiera dipenderà la misura delle tue grazie”, e senza queste grazie non saremmo in grado di praticare la benché minima apparenza di virtù né il più piccolo e scialbo dei sacrifici. L’orazione è necessaria sia perché ci permette di unirci con l’amato, in quanto alimenta in noi l’amore e la carità verso Dio e il prossimo, sia per ispirarci e invigorirci alla pratica generosa delle mortificazioni, poiché, torna a spiegare il beato Scoto, “queste sono meritorie per il peccatore, per la violenza che si impone nell’esercizio continuo di esse”. Quantunque la penitenza sia tanto raccomandata per il bene che può rendere all’anima nostra e a quella di molti altri, è assolutamente necessario praticare le sante virtù cristiane, che ci rendono “conformi all’immagine del Figlio di Dio” (cf Rm 8,29), ma delle quali ne primeggiano due: l’umiltà e la carità. La prima è necessaria per estirpare in noi la “lussuria dello spirito”, come il beato Scoto chiamava l’“orgoglio”, che è capace di vanificare tutte le nostre opere buone privandole del merito che acquisterebbero se fossero offerte a Dio, piuttosto che alla propria tracotanza. Infatti il Dottore estatico insegnava che l’umiltà è il “principio delle virtù” e che l’uomo veramente virtuoso “non si crede più virtuoso degli altri, ma ha un basso concetto di sé”. Anche san Lorenzo da Brindisi sublimò sommamente questa virtù perché causò l’Incarnazione del Verbo nella Vergine Maria, in quanto, scriveva: “Per la sua umiltà, Maria divenne Madre di Cristo”. Infatti, sarà la stessa Madre di Dio a rivelare questo sublime mistero, quando giubilando per i benefici ricevuti dal Signore, affermerà nel suo meraviglioso Cantico, detto del Magnificat: «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,48). La seconda virtù necessaria (sebbene è la prima per nobiltà e grandezza) è la carità, che il beato Scoto chiama “forma delle altre virtù” e di “tutta la bellezza dell’anima”. Essa “dispone la persona ad amare Dio in sé stesso ordinatamente e perfettamente” e “a desiderare che egli sia amato non solo da lei, ma da qualsiasi altro individuo” che io “amo precisamente perché anche lui diventi con me un co-amatore” di Dio. Il primato, ancora una volta, spetta certamente alla carità, ma se essa non è fondata sull’umiltà, quale amore potremo mai rivolgere al Bambin Gesù che attende di trovare cuori pronti e disposti a riceverlo nella notte santa di Natale, così come la Santissima Vergine Maria lo ricevette umilmente nell’evento dell’Annunciazione? Alla scuola del “vessillifero dell’Immacolata”, il beato Giovanni Duns Scoto, e dei santi, impareremo ad amare e imitare la nostra dolcissima Mamma Celeste nelle sue virtù, nella sua penitenza e nella sua preghiera, certi che ingemmati di questi strumenti eccellenti di grazia, il divin Bambinello non disdegnerà di nascere nella grotticella della nostra anima.
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