Sacerdote tutto dedito al suo ministero, il beato don Luigi Lenzini ha condannato le ideologie avverse alla fede cattolica, in particolare il comunismo. Dopo atroci torture, fu assassinato barbaramente, unendosi ai numerosi religiosi e laici martiri uccisi in odio alla fede.
La notte del 21 luglio 1945 – la guerra era finita da tre mesi – alle ore due, si ode una scampanellata alla porta della canonica di Crocette (Pavullo - Modena). La buona “perpetua” Angiolina F., affacciatasi alla finestra, vede un uomo che le dice di volere il parroco per l’assistenza a un infermo assai grave. Angiolina conosce l’uomo e si affretta a chiamare il parroco don Luigi Lenzini, 64 anni di età, che dovrebbe riposare, ma carico di preoccupazioni, veglia e prega. Don Luigi, intuito il diabolico tranello, rifiuta, dicendo che ha già visitato il malato il giorno prima e che sarebbe tornato al mattino, alla luce del sole.
La morte di un prete
Segue un lungo silenzio nella calda notte d’estate. Quindi si sentono strani rumori lungo le mura della casa. Gli uomini presenti, partigiani e comunisti (sono almeno in quattro), servendosi di una scala a pioli, penetrano nella canonica attraverso una finestra del ballatoio, all’altezza di sette metri da terra. Sono mascherati e, appena entrati, terrorizzano la perpetua, la quale fugge in una casa vicina, dopo aver riconosciuto uno di quei figuri. Frattanto, nella notte, risuonano lenti rintocchi della campana a martello, come un gemito, un grido di aiuto.
Don Luigi, compreso il pericolo, è sceso al piano terra ed è risalito subito sul pianerottolo del campanile e ha dato di piglio alla corda della campana. A quel suono, si scatena sul piazzale della chiesa una sparatoria infernale a scopo intimidatorio: guai a chi fosse sopraggiunto! I briganti introdottosi in canonica – sono pratici dei luoghi – e, scendendo lungo la scala interna, si portano in chiesa e sparano diversi colpi, quindi salgono sul pianerottolo del campanile, dove trovano don Luigi.
Lo afferrano – quattro contro uno – e lo strappano via dal luogo santo, con brutale violenza sacrilega. Nel tragitto dalla chiesa verso la morte sicura, don Luigi vive il suo calvario. Gli assassini infieriscono su di lui con sevizie ed efferata crudeltà. Vogliono costringerlo a bestemmiare il suo Dio, quel Dio che lo ha elevato alla dignità più alta sulla terra: sacerdote, alter Christus.
Giunto nella vigna a mezzo chilometro dalla chiesa, con il corpo orribilmente straziato, il parroco viene finito con un colpo alla nuca, quindi viene “semisepolto” sotto poca terra intrisa del suo sangue. I senza-Dio, peggiori di Attila, fuggono a “capolavoro compiuto”. L’odio a Cristo e alla sua Chiesa li ha condotti a un delitto contro uno dei suoi ministri. È notte fonda, notte nera sulla campagna di Crocette e ancor più in quei fanatici chiusi alla luce: notte d’inferno per loro. Il povero corpo di don Luigi è ritrovato una settimana dopo, il 27 luglio 1945, dai concittadini nella vigna, lungo il sentiero che conduce a Pavullo. I suoi funerali, in mezzo al rimpianto degli onesti, sono celebrati nella sua chiesa di Crocette, dal vicario foraneo di Pavullo, don Giuseppe Passini.
La tomba del martire – perché di un martire vero si tratta –, nel cimitero parrocchiale, è subito meta di pellegrinaggi e luogo di preghiera: don Luigi è stato l’indimenticabile buon pastore che ha dato la vita per le anime a lui affidate.
Apostolo di Gesù
Luigi Lenzini nasce a Fiumalbo il 28 maggio 1881. Cresce in una famiglia profondamente cristiana e la sua fanciullezza è segnata dall’amore a Gesù Eucaristico e alla Madonna. Presto sente che Gesù lo chiama a farsi sacerdote. Compie gli studi ginnasiali nel seminario di Fiumalbo (Modena). Nel 1898, 17enne, a Natale veste l’abito talare come chierico della diocesi di Modena. Molto contento della scelta compiuta, intraprende con slancio e profitto gli studi di filosofia e teologia. Si radica nella verità della santa Dottrina cattolica alla luce del Magistero di papa Leone XIII, che all’inizio del XX secolo indica con autorità Gesù Cristo come Via, Verità e Vita per l’umanità (Enciclica Tametsi futura prospicientibus) e del santo pontefice Pio X, che inaugurando il suo pontificato, nell’agosto 1903, si propone di “ricapitolare tutte le cose in Cristo” (instaurare omnia in Christo).
A 23 anni, ricco del vero spirito religioso e sacerdotale che vuole stabilire davvero tutto in Gesù Cristo e che non può sopportare che qualcosa e qualcuno sia fuori di Lui, Luigi viene ordinato sacerdote il 19 marzo 1904, festa di San Giuseppe, dall’arcivescovo di Modena mons. Natale Bruni. Celebrata la prima Santa Messa a Fiumalbo, tra la gioia dei suoi cari e dei concittadini, viene mandato come viceparroco prima a Casinalbo, quindi a Finale Emilia, dove resterà sei anni. È un giovane prete colmo di amore a Dio che lo spinge, ogni giorno di più, a essere apostolo del Redentore in mezzo ai fratelli. In Italia, in particolare in Emilia, in questi anni dilaga il socialcomunismo, ateo e materialista, che si propone di sradicare la fede cattolica e, a parole, di promuovere i ceti più umili: ecco dove sta l’inganno. All’inizio del secolo, il socialista Gregorio Agnini si adopera, a Finale e dintorni, per diffondere il socialismo, recandosi a “predicare” anche sulla piazza della chiesa.
Don Luigi, appena 30enne, scende in piazza con competenza e coraggio a controbattere con baldanza il “compagno” Agnini con la luce del Vangelo di Cristo. Prima e dopo, prega davanti a Gesù Eucaristico, acquistando, per suo dono, una parola franca e luminosa che confuta gli errori e custodisce molte anime nella fede.
Dal 1912 al 1921 è rettore della parrocchia di Roncoscaglia, quindi viene nominato parroco a Montecuccolo, dove rimarrà fino al 1938. Sente in profondità, come un assillo pungente, la grande responsabilità di essere parroco e di portare le anime che gli sono affidate, in questa vita, a Gesù, con la fuga dal peccato e con la grazia santificante, e poi nell’aldilà in Paradiso.
Nella sua piccola biografia è scritto: «Mattiniero e puntuale all’orario della Messa, si preoccupava dell’istruzione religiosa (e non solo) dei suoi parrocchiani: con il catechismo ai ragazzi, agli aspiranti dell’Azione Cattolica, riuniti nel circolo dei “Lorenzini” (dal loro protettore S. Lorenzo, diacono e martire), alle madri di famiglia, ai giovani, ai capi-famiglia, raggruppati in confraternite. Aveva istituito una piccola biblioteca circolante con libri di formazione, vite di santi, romanzi buoni. Era sempre disponibile al confessionale e alla direzione spirituale».
In una parola, è attento a tutte le necessità della parrocchia dove è amato come il buon pastore a immagine di Gesù, come l’apostolo di Gesù che vive per Gesù solo e per portargli tutte le anime. Il suo più grande amore è il Santo Sacrificio della Messa, Gesù Eucaristico. Nella prima domenica di ogni mese si riunisce con i suoi parrocchiani in un’ora di Adorazione eucaristica.
Sugli altari
Tra i suoi scritti, risplende questa elevazione ardente a Gesù-Ostia esposto sull’altare:
«So di essere alla tua presenza o Gesù mio, e benché con gli occhi non ti veda, pure la Fede mi dice che Tu sei lì in quell’Ostia, vivo e vero, come lo fosti un dì sulla terra. Sì, io credo, o Gesù, più che ti vedessi con gli occhi, e sapendo di essere alla tua reale Presenza, il mio primo dovere è di adorarti. Ti adoro con lo spirito di adorazione con cui ti adorò tua Madre, quando ti vide nato nella grotta di Betlemme. Voglio la fede e la carità del tuo padre putativo S. Giuseppe per adorarti come meriti. Ti adoro con le adorazioni dei tuoi Apostoli e soprattutto con quella del tuo diletto Pietro quando ti disse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Fa’ o Gesù, che la mia adorazione non si limiti a questo giorno, ma che il mio pensiero sia sempre più vicino al tuo santo Tabernacolo».
Alla fine del 1937, don Luigi si sente chiamato a farsi religioso a Roma. Nel 1938 lascia Montecuccolo ed entra in monastero come oblato, per l’età non più giovane. Vi rimane solo sei mesi, perché l’arcivescovo mons. Bussolari lo richiama in diocesi. Viene nominato assistente spirituale della clinica di Gaiato e serve Gesù nei malati con la delicatezza di un padre. Prima di partire da Montecuccolo, ha la gioia di accompagnare un giovane parrocchiano in seminario: diventerà un sacerdote assai stimato. Un’altra vocazione sacerdotale seguirà durante il suo ministero a Crocette. Il 26 gennaio 1941, a 60 anni, è nominato parroco di Crocette, 700 abitanti, nel comune di Pavullo (Modena).
Come sempre, è tutto dedito al suo ministero: sacerdote della verità che annuncia e fa amare Gesù, uomo di sconfinata carità, che soccorre e consola i suoi nelle difficoltà enormi della guerra. È subito ben voluto e stimato da molti, da quelli che amano la verità.
Nessuno può accusarlo di simpatie fasciste. Dopo l’8 settembre 1943, però, la situazione si fa pericolosa. Consiglia ai giovani di non arruolarsi e di “darsi alla macchia”, per non finire in Germania. La sua preoccupazione è salvare chiunque abbia bisogno. Ai renitenti alla leva, minacciati di fucilazione, dà un nascondiglio e cibo, sistemandoli in canonica. Alcuni di questi sono partigiani. Non usa il pulpito per la politica, ma esprime con chiarezza in chiesa e fuori, il suo timore al diffondersi di ideologie avverse al Cristianesimo: «Se il comunismo ateo avesse a prevalere – afferma nelle sue omelie – un giorno sarà anche impedito alle famiglie di battezzare i loro bambini». Bastano affermazioni come queste a renderlo inviso, a trasformarlo in un bersaglio da eliminare. Durante una riunione a metà giugno 1945, interviene un propagandista comunista a chiedere in tono minaccioso dove si trovi il parroco a cui intende insegnare come parlare in chiesa. Queste minacce arrivano a don Luigi che non se ne cura; anche quando qualcuno viene a intimidirlo in casa sua, ritiene comunque suo dovere grave mettere in guardia i giovani e i suoi parrocchiani contro i nemici della fede e della libertà.
Don Luigi sa che nelle circolari a uso dei propagandisti comunisti a Modena, nel Nord Italia e nell’Est Europeo, sta scritto: «Il nostro compito è bolscevizzare il paese, cioè liberare l’umanità dalla schiavitù che secoli di barbarie cristiana hanno creato, liberare l’umanità dal concetto di religione, distruggere la morale, non avere paura del sangue»; ecco, questo è il comunismo! Davanti a tutto ciò, egli risponde predicando con la tenacia degli antichi profeti e con la pubblicazione di due volumetti: Pensate e Ragioniamo un poco. Più volte alla domenica, dice al suo popolo: «Mi hanno imposto di tacere, mi vogliono uccidere, ma il mio dovere debbo farlo anche a costo della vita». Un prete davvero diverso da don Abbondio di manzoniana memoria.
Si arriva così alla notte del 21 luglio 1945, segnata dal sangue del martirio del buon pastore per la Verità, per Gesù Verità e Amore, così come abbiamo narrato all’inizio. Il Paradiso di Dio si spalanca ad accogliere nella luce eterna il sacerdote martire, caduto come altre decine di confratelli sacerdoti e seminaristi (il più piccolo è il beato Rolando Rivi, 1931-1945, di soli 14 anni) in quel periodo, sotto il piombo dei senza Dio con falce e martello.
Il 28 maggio 2022, la Chiesa, con la solenne beatificazione in Piazza Grande a Modena, eleva all’onore degli altari don Luigi Lenzini, per il trionfo di Gesù, nostro Dio e nostro Re: «Sacerdos ac martyr, ora pro nobis».