Santa Rita da Cascia fu figlia, sposa, madre e religiosa; prima di tutto però fu una grandissima santa, la “Santa dell’impossibile” e con la sua vita così travagliata ha dimostrato al mondo intero che se si ha fede in Dio, nulla è impossibile.
Cascia, 22 maggio 1457. Da tempo suor Rita giaceva inferma a letto, tra atroci sofferenze sopportate per amore di Cristo, il suo Sposo.
Il suo corpo era ormai consumato dalla lunga e penosa malattia, ma il suo spirito era giovane e pieno di letizia. Aveva lottato lungo tutta la vita per corrispondere alla sua vocazione ed ora stava per entrare in Paradiso incoronata di gloria.
Nel momento in cui la Santa spirò, sì udì la campana del monastero suonare per tre volte, senza che alcuno la toccasse. Una luce improvvisa risplendette vicino al suo corpo, e in tutto il monastero si diffuse la fragranza di un profumo celestiale.
«È morta suor Rita! È morta suor Rita!», dicevano tutti. Presto la notizia si diffuse per Cascia e nei dintorni. La salma fu trasportata in un oratorio pubblico; non sembrava una cerimonia funebre, ma un corteo trionfale. Il popolo andava a rendere omaggio alla loro santa, a santa Rita, la Santa che ha dimostrato al mondo che, con la fede in Dio, non c’è niente di impossibile.
Nacque a Roccaporena, piccolo borgo di Cascia, all’epoca di circa 100 abitanti, intorno al 1381. I genitori erano ferventi cattolici e ricchi di pietà. Attesero questa figlia, come un dono dal Cielo, per dodici anni.
Rita cresceva virtuosa e obbediente. Sin da piccola aspirava alla vita religiosa, ma, entrata nell’adolescenza, i suoi genitori pensarono da subito di trovarle un marito, anche perché c’erano state già delle proposte. Dal canto suo, Rita, abituata ad una cieca obbedienza ai genitori, non li volle rattristare e accettò, anche se a lungo, più con le lacrime che con le parole, li aveva supplicati di farle abbracciare la vita religiosa.
Il giovane che chiese Rita in sposa si chiamava Paolo di Ferdinando e viene dipinto dalle fonti dell’epoca come un uomo violento, dissoluto, che prese parte anche ad imprese di sangue. A quel tempo infatti, con la lotta tra guelfi (sostenitori del papa) e ghibellini (nemici del governo pontificio), i saccheggi erano all’ordine del giorno; il marito di Rita fu uno dei più accaniti sostenitori della fazione ghibellina, perciò Roccaporena fu per lungo tempo sotto l’incubo delle sue minacce. Il matrimonio con la Santa fu però provvidenziale, perché, grazie ad esso, la moglie ebbe su di lui una salutare influenza e l’intera borgata ritrovò la pace.
Il marito di Rita era dunque violento e vendicativo, ma grazie alle preghiere e ai numerosi digiuni della santa moglie, iniziò a cambiare. Un giorno, dopo che Rita aveva tanto pregato e digiunato, Paolo le si gettò ai piedi chiedendole perdono. La grazia di Dio e il sacrificio eroico di Rita avevano trionfato.
Rita ebbe due figli, probabilmente gemelli, educati alla fede e alle opere di carità. Spesso i bambini accompagnavano la mamma nelle visite ai poveri e agli infermi. Rita vigilava costantemente su di loro, temendo che l’eredità dell’indole paterna potesse avere in loro il sopravvento.
Sembrava che la vita della famiglia trascorresse in serenità, finché Paolo non fu assassinato da alcuni suoi persecutori per un loro antico pensiero di vendetta. Portato a casa il corpo del marito, Rita si preoccupò prima di tutto dei figli: benché educati con cura, avevano respirato l’aria avvelenata dell’odio e della discordia. La Santa allora si sentì ispirata a compiere un atto eroico: perdonò gli assassini del marito. Lo fece soprattutto per dare il buon esempio ai figli che, sebbene ancora adolescenti, già nutrivano in cuore il proposito di vendetta.
Con il passare del tempo, Rita si rese conto che i suoi figli non la ascoltavano più come prima ed ebbe paura per le loro anime: davanti al crocifisso cui era solita pregare, chiese a Gesù di prendere i due giovani che erano ancora innocenti, affinché le loro anime non fossero macchiate dal peccato mortale.
Poco dopo, infatti, caddero ammalati e si calmò nei loro cuori il proposito di vendetta; dopo circa un anno dalla morte del padre, spirarono anch’essi. Rita era rimasta sola. Aveva quasi quarant’anni.
Era vedova e l’antico desiderio della vita religiosa, avvertito già dall’infanzia, riprese a farsi strada. Sapeva che le difficoltà sarebbero state tante, ma lei confidava in Dio. Umile, sola al mondo, bussò alla porta del convento delle Agostiniane di Cascia. Fu però rifiutata: non era mai capitato che una vedova fosse ammessa. La Santa però non si scoraggiò: sapeva che questa era la volontà di Dio per lei e si rimise alla protezione dei suoi santi protettori: san Giovanni Battista, sant’Agostino e san Nicola da Tolentino.
Una notte, mentre pregava, si sentì chiamare per nome. Si affacciò alla finestra e quale fu la sua meraviglia quando vide tre uomini, i suoi santi protettori, a cui aveva indirizzato molte delle sue preghiere! Li seguì e in brevissimo tempo furono a Cascia, di fronte al convento.
La porta era chiusa: era impossibile aprirla. Ma Rita non è forse la “Santa dell’impossibile”? Nulla è impossibile a Dio: questa infatti si ritrovò dentro al convento, con lo stupore di tutte le religiose che si chiedevano come avesse fatto. Questo era un chiaro segno che Dio la voleva religiosa agostiniana.
Il suo noviziato fu molto duro, sia perché Rita era già avanti d’età con i suoi quasi quarant’anni, sia perché la sua vocazione fu messa a dura prova. Ma la Santa, con la sua umiltà e obbedienza, trionfò e il Signore la ricolmò di grazie e favori speciali.
Nel 1443 venne a Cascia il francescano san Giacomo della Marca e predicò alle monache sulla Passione di Cristo. Le parole penetrarono talmente nell’anima di Rita, che quando questa si prostrò in preghiera davanti al crocifisso chiedendo a Gesù di condividere con lei i suoi dolori, fu ascoltata: una spina si staccò dalla corona del crocifisso e le si piantò sulla fronte.
Al dolore, Gesù aggiunse anche l’umiliazione. Dalla piaga miracolosa, infatti, emanava un odore impossibile da sopportare. Per questo la Santa fu segregata in una cella lontana, e le veniva portato di volta in volta il necessario per vivere.
Nel 1450, intanto, papa Nicolò V indisse l’anno giubilare. La notizia del Giubileo arrecò grande gioia alle monache, molte delle quali desiderarono vivamente andare a Roma. Anche Rita chiese alla superiora il permesso per andarvi, ma era impossibile: con quella piaga non la si poteva lasciare. Con grande fede, allora, la Santa chiese la grazia a Gesù che, pur restandole il dolore, la ferita scomparisse fino a che ella fosse tornata da Roma. Il suo Sposo l’ascoltò e Rita poté andarvi con alcune consorelle. Mai avrebbe potuto immaginare che nella stessa basilica di san Pietro, dove assistettero alla canonizzazione di san Bernardino da Siena, 450 anni dopo sarebbe stata celebrata la medesima cerimonia per lei, la suora “dell’impossibile”, nascosta agli occhi di tutti.
Intanto, la sua fama di santità aumentava sempre di più. Presto la gente iniziò ad accorrere al monastero per chiedere preghiere e guarigioni.
Riportiamo uno dei tanti miracoli compiuti grazie all’intercessione della Santa. Si era nel cuore dell’inverno e, un giorno, venne a Roccaporena una parente di Rita. La Santa le chiese se, prima di andare via, le poteva portare una rosa e due fichi che stavano nell’orto del monastero. «Ma è inverno, Rita, cosa dici? È impossibile!», le rispose. Però, per non contristarla andò comunque. Quale non fu il suo stupore, quando, entrata nell’orto, trovò proprio la rosa e i fichi che le chiedeva la Santa!
Durante la malattia, nell’ultimo periodo della sua vita, Rita poteva nutrirsi solo di Eucarestia, non potendo mangiare altro.
Qualche giorno prima della sua morte, una luce illuminò la cella e apparve Gesù insieme a Maria Santissima che le sorridevano. «Quando o Gesù potrò possederti per sempre? Quando sarò alla tua presenza?», chiese la Santa in estasi. «Verrai, ma non ora. Tra tre giorni sarai con me in Cielo».
Così morì santa Rita, che fu figlia, sposa, madre e santa religiosa. La Santa che tutti possono pregare perché è la Santa di tutti.