Il carattere di una persona si forma principalmente in famiglia. Anche per padre Pio fu così. Sulla sua formazione umana influì molto la madre, dato che il padre Orazio partì per l’America anche per assicurare gli studi al piccolo futuro sacerdote.
Maria Giuseppa De Nunzio, “mamma Peppa” in paese, nacque a Pietrelcina il 28 marzo 1859 da Fortunato e Maria Giovanna Gagliardi. Fin da bambina mostrò una profonda religiosità. Se si parlava del futuro, anche prossimo, non mancava di chiudere il discorso con un: «Se Dio lo vuole», e quando le conversazioni deviavano verso la maldicenza nei confronti dei sacerdoti lei replicava: «Chi siamo noi per giudicare i ministri di Dio?». Non mancava mai alla Santa Messa e alle altre funzioni, era puntualissima nella recita del santo Rosario e non trascurava i digiuni e le astinenze, come, ad esempio, non mangiare carne il mercoledì e il sabato in onore della Madonna del Carmelo.
Mamma Peppa ha avuto un ruolo fondamentale nella vita del Santo. Gli ha dato l’esempio di una vita umile, sofferta senza mai lamentarsi. Dimostrava l’amore in modo solido, fondato sul compimento del proprio dovere.
La sua giornata era faticosa. Cominciava al mattino presto: infatti doveva preparare il pane, portarlo ad infornare, poi andare a Piana Romana ad aiutare il marito ad accudire gli animali e a lavorare nei campi. Poi tornava a casa con un cesto di verdura e frutta e preparava un pranzo frugale. Il lavoro raddoppiò quando il marito emigrò in cerca di lavoro.
Ecco la scuola di umiltà e sacrificio dove il Santo attinse la sua formazione. Nella visita che il Santo Padre Giovanni Paolo II fece a San Giovanni Rotondo, ebbe a commentare che il motivo della fama del Santo del Gargano era: «Perché diceva Messa umilmente, confessava dal mattino alla sera». Questo confessare senza tregua e celebrare la Messa con tanta umiltà, ci ricordano proprio due aspetti del carattere della madre terrena di cui abbiamo parlato sopra.
Ma la giornata di Maria Giuseppa non finiva con i compiti puramente materiali. La sera era sempre lei che raccoglieva i figli per la preghiera. Durante l’inverno, quando i rigori dell’umido e del freddo avvolgevano le colline del beneventano, la famiglia si riuniva intorno al camino. Come tutte le donne del tempo, indossava un grembiule con le tasche per lo svolgimento delle faccende domestiche; per prendere la corona del Rosario doveva infilare la mano in una di esse e quando, trovatala, la tirava fuori, cominciava a recitare l’Ave Maria a cui faceva eco il “pigolio” delle voci dei bambini che rispondevano con la Santa Maria. Il crepitio del fuoco accompagnava la dolce dedica d’amore alla Madonna, e insieme al fumo saliva verso il cielo un’indescrivibile armonia tra le creature e il creato, riflesso del primordiale ordine prodotto dalle mani di Dio.
Che ricchezza in queste scene di una volta. Quanto amore vero, concreto, vivo, forte!
Fermezza, umiltà, modestia erano le doti di mamma Peppa, un riflesso di quelle possedute, e in maniera alquanto più perfetta, dalla Mamma del Cielo. Chi più di Lei ha compiuto la volontà del Padre? Chi più di Lei si è sacrificata, anzi annientata per questo?
San Pio ha imparato dalla madre terrena il modo più sublime per esprimere l’amore: quello che ha il fondamento sul sacrificio e, allo stesso modo, alla scuola di mamma Peppa ha imparato ad avere una totale dedizione all’Immacolata. Per questo non era mai pago di come ricambiava il suo amore per Lei: «La mia mente nel pensare agli innumerevoli benefici che ha fatto a me questa cara mammina, mi vergogno di me stesso, non avendo guardato mai abbastanza con amore il di lei cuore e la di lei mano, che con tanta bontà me li compartiva. [...] Povera Mammina, quanto bene mi vuole» (Ep I, p. 276).
Amava la Mamma del Cielo e amava la mamma terrena; con le debite proporzioni, comprendeva i sacrifici dell’una e dell’altra, e quando mamma Peppa provò a baciare le mani consacrate del figlio, il Santo, forse ricordandosi di quelle dure e callose della mamma ridotte così anche per amore suo, non permise che gliele baciasse e le disse, chissà con quanta commozione: «Sono io che devo baciarle a te».