San Pio da Pietrelcina è conosciuto in tutto il mondo come il Padre, e ancora dopo la sua canonizzazione per tutti egli continua ad essere san Padre Pio. Ma perché questo appellativo fa parte così integrante della personalità di questo Santo, tanto che lo si potrebbe definire il Padre per antonomasia? La risposta è molto semplice: chi ama imita l’amato, aspira a divenirne uguale in tutto e brama che anche gli altri ne conoscano la bontà. Padre Pio, quindi, ha imitato Colui che lo ha amato per primo, l’Eterno Padre, e questo amore lo ha spinto, come Gesù, a farne conoscere al mondo, ancora una volta, il volto paterno divenendo un prolungamento dell’universale e misericordiosa Paternità di Dio.
Dio Padre ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito a morire su un’infame croce per riscattare l’uomo dalla schiavitù di satana e ridonargli il Paradiso: migliaia sono le anime salvate da padre Pio attraverso la sua sofferta paternità. Chi può contare i suoi figli spirituali? Si tratta di una figliolanza mondiale, senza numero. Pregare e confessare, soffrire e offrirsi con una carità sconfinata per le anime da salvare e da rigenerare, è stata l’intera esistenza di padre Pio orante e penitente, confessore e direttore spirituale, come attestano i confessionali dell’antica chiesa e della sacrestia di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo; come attestano i volumi dell’Epistolario con le centinaia e centinaia di lettere di direzione spirituale; come attestano pagine e pagine delle sue lettere in cui l’amore alle anime appare bruciante e fremente, tutto «compassionevole con i fratelli di esilio» (Ep. III, p. 790), ai quali egli vuole donare e assicurare la salvezza eterna. Né può essere altrimenti, perché padre Pio stesso insegna che chi ama veramente Dio «si sente ardere anche della carità verso i fratelli» (ivi, pp. 962-963), giacché la carità fraterna, l’amore al prossimo sono inevitabile «conseguenza» dell’amore di Dio (Ep. I, p. 1036), amore che trova la sua più bella immagine in quel padre misericordioso della parabola del figliol prodigo (cf Lc 15,11-32).
Quanti hanno compiuto un radicale cambiamento di vita dopo essere stati cacciati più volte da quel confessionale con un “vai via, sciagurato!”; quanti hanno ritrovato la pace dopo essersi imbattuti nelle braccia paterne del Santo stigmatizzato; quanti si sono sentiti rinascere a nuova vita dopo aver ricevuto il perdono di Dio attraverso il Padre; quanti in quel volto hanno visto il Volto di Dio Padre!
Un figlio spirituale, che conduceva una vita non buona, infatti tradiva la famiglia, imbrogliava nel commercio, si limitava a recitare qualche preghiera e pur confessandosi continuava a peccare, racconta che, invogliato e accompagnato da un amico, si decise a confessarsi da padre Pio. Il Padre, vistolo, non lo fece nemmeno inginocchiare e prese ad aggredirlo con una scarica di parole di fuoco. Quasi morto dalla vergogna si allontanò e, superato lo stato di confusione, andò da un altro sacerdote che gli assicurò: «Se padre Pio ti ha trattato così, ti vuole bene. Vuole salvarti», e gli consigliò di cambiare vita. Intanto qualcosa cominciò a cambiare nella sua anima, anche se si accorgeva di non provare pentimento dei suoi peccati. A distanza di mesi si recò più volte a San Giovanni Rotondo, senza però osare accostarsi al confessionale del Padre. Una di quelle volte gli accadde di trovarsi nella sala San Francesco quando il Padre passava di ritorno dal confessare le donne; il Santo non permise a nessuno di baciargli le mani, ma si diresse verso di lui e allungando la mano gliela fece baciare. Ciò gli infuse un po’ di coraggio e fattosi forza si prenotò per una seconda Confessione. Giunto il suo turno, accostatosi al confessionale disse subito: «Padre, mi pento
– voleva dire: mi addoloro – perché non mi pento dei miei peccati». E il Padre con grande bontà gli rispose: «E non è pentimento questo?», e alla fine della Confessione gli diede l’assoluzione. L’uomo conclude il racconto dicendo che quando si allontanò dal confessionale gli sembrava di volare: era tornato a vivere! E questo è solo uno delle migliaia di episodi che si potrebbero narrare.
A padre Pellegrino che non comprendendo l’imperturbabilità del Padre anche di fronte a grandi conversioni, avendo egli, invece, assistito più volte alle esplosioni di gioia di coloro che dopo lunghe attese ne ricevevano l’assoluzione, padre Pio assicura che «il confessore è padre». E aggiunge: «Accompagno i miei penitenti come se diventassi la loro ombra. E anch’io mi sento tanta gioia nel cuore e ringrazio Dio nel mio intimo. E non perché non manifesti questa gioia, posso credere che essa sia inferiore a quella dei miei penitenti». Continua, poi, affermando che la sua missione non finisce con l’assoluzione che per lui è come «concedere il passaporto per il Paradiso o vistarlo, anzi consegnare, ancora su questa terra, già il posto in Paradiso»; ma «è da questo momento – egli continua – che mi sento in dovere di fare l’accompagnatore dell’anima, che mi è stata affidata dalla Vergine Santissima. E per compiere questo dovere troverei il modo di scappar da una prigione senza porte e senza finestre – e anche di scappare dal Paradiso sarei capace – finché non riesco a riconsegnare queste anime alla Madonna, dalla quale con un patto le ho ricevute in consegna».
Un patto di sangue, possiamo aggiungere, perché le anime dei suoi figli le generava e rigenerava nel suo sangue: «Sapessi quanto mi sei costato!», disse ad un’anima che aveva strappato a satana. In quel confessionale, egli attendeva continuamente il figliol prodigo per ridonargli la dignità perduta: il vestito bello; per rigeneralo quale figlio di Dio: l’anello al dito; per ricondurlo sulla via della santità: i calzari ai piedi; solo allora, quando il figlio che era morto ritornava alla vita era veramente festa per il suo cuore di Padre.
di Suor M. Eucaristica Pia Lopez