«Ricordo ogni istante di quel lontano pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo. Era il 1962, ero un ragazzo molto malato. Mi ci portò mio padre. Vidi padre Pio e fu come stare davanti alla luce di un faro. Mi fece vedere ogni cosa, tutta la realtà in modo completamente diverso. Nulla per me fu come prima. Padre Pio mi guarì completamente, e non solo nel fisico. Rivoltò la mia vita da cima a fondo».
Sono le parole di Leonardo Bruni, 76 anni, insegnante di religione alle superiori, ora in pensione. L’ho incontrato a Prato dove è diacono nella sua parrocchia. Riservato, abbastanza taciturno, Leonardo accetta volentieri di parlarmi di padre Pio, «perché è stata la persona più importante della mia vita», aggiunge.
«Tutto è cominciato quando avevo 16 anni. Una mattina mi svegliai ammalato. La sera prima non avevo nulla e il mattino dopo ero grave: fortissime coliche renali, febbre alta, dolori atroci in tutto il corpo. Resistetti due giorni, poi venni ricoverato in ospedale. I medici non erano per nulla ottimisti. E per far capire la serietà della situazione, basti pensare che mi venne data anche l’Unzione degli infermi. Non morii però. La mia malattia era strana, inspiegabile per la medicina. Infatti si alternavano crisi terribili in cui ero prossimo alla fine a periodi in cui pareva fossi migliorato. I dottori non riuscivano a capire. Passai di ospedale in ospedale: visite, esami, terapie. Mi fecero addirittura una biopsia renale, la prima in Italia. Ma fu tutto inutile. Nessuno riusciva a decifrare il mio male. Nel frattempo i miei reni erano al collasso. Arrivavano le crisi renali, i dolori erano da incubo. Poi tutto tornava normale. Andò avanti così per più di un anno. Ero sfinito.
In quel periodo mia madre conobbe Demarista Parretti, una figlia spirituale di padre Pio che viveva a Campi Bisenzio, un paese qui vicino. Venne a trovarmi e poi disse chiaramente ai miei genitori che dovevano portarmi a San Giovanni Rotondo, da padre Pio. Era l’aprile del 1962. Come ho detto, quel pellegrinaggio mi è rimasto scolpito nella memoria. Fu l’evento fondamentale della mia esistenza e posso dire senza timore che, a mio avviso, San Giovanni Rotondo era, ed è ancora oggi, il luogo dove Dio è più presente sulla terra. Viaggiai in treno. Ero con mio padre e con mio zio. Allora era necessario prenotarsi per essere confessati da padre Pio e così, dato il grande numero di persone in lista, dovemmo attendere per un paio di giorni.
Ricordo la prima volta che vidi padre Pio come fosse ieri. Era in chiesa e stava pregando appoggiato alla balaustra. Aveva il capo coperto dal cappuccio e dal mantello. Muoveva le spalle a scatti, stava singhiozzando; era proprio scosso dal pianto. Ne fui colpito. Chiesi subito spiegazioni a una persona che mi stava accanto. Volevo sapere cosa avesse padre Pio. Stava forse male? “Piange – mi dissero – perché sente e vede i peccati di quelli che sono qui e chiede perdono a Dio per noi”. Fui scioccato, fu come prendere un pugno in pieno viso. Piange per me, continuavo a pensare. E questa cosa mi fece molta impressione.
Venne poi il nostro turno per la Confessione. Prima entrò il mio babbo. Lui era un uomo buono, ma era un socialista di vecchio stampo e in chiesa non ci andava mai. Il babbo era un tipo robusto, col viso rosso, un toscano sanguigno. Ma quando uscì dal confessionale era completamente bianco, pareva fatto di marmo. In seguito, seppi che padre Pio lo aveva cacciato. “Vai a Messa?”, gli aveva chiesto.
Mio padre aveva risposto di no e lui: “Allora vattinne!”.
Il babbo poi tornò da lui l’anno dopo e cambiò vita cominciando a frequentare assiduamente i sacramenti.
Quando toccò a me, mi avvicinai, mi inginocchiai, feci il segno della croce e in quel momento accadde qualcosa che stravolse ogni cosa e che mi rivoltò come un calzino. Tutto ciò che ho fatto dopo, ossia studiare teologia, insegnare religione ai ragazzi ed essere ordinato diacono, tutto è dipeso da quanto vissi quel giorno. Improvvisamente, la realtà scomparve. La sacrestia, padre Pio, la chiesa, l’inginocchiatoio... tutto svanì. Mi ritrovai davanti a una luce che dire intensa è riduttivo. Non si può descrivere a parole perché era un fulgore bellissimo e soprattutto percepivo che era una luce viva. Mi sentivo in estasi. Vidi che c’era una specie di nuvola grigia e sporca che saliva verso questa luce e capii che si trattava della mia anima. Provai allora vergogna perché la mia anima era davvero brutta in confronto a questa luminosità. Poi senza che io potessi controllare la mia volontà, iniziai a elencare i miei peccati. Lo facevo però senza provare un reale pentimento, ma così, con leggerezza. Subito mi accorsi che dal basso si stava avvicinando un essere mostruoso e io sentivo che ad ogni passo mi sottraeva la vita, la forza. Mi misi a gridare e a piangere. E in quel momento sentii la mano di padre Pio che mi bussava sulla spalla con delicatezza. Tornai in me. Lui era lì. Mi consolò, mi diede l’assoluzione. Mi fece intendere che Dio ci ama nonostante i nostri peccati. Così facendo mi guarì l’anima. E contemporaneamente anche il corpo perché la mia malattia scomparve del tutto.
Di quel viaggio ricordo un’altra cosa importante. In treno conobbi un signore di Lido di Camaiore che si chiamava Nicola. Sua moglie Gina era stata guarita da padre Pio. Doveva essere operata per un tumore al cervello, ma la notte prima dell’intervento vide accanto al suo letto il Padre che le disse: “Tu guarirai!”. L’indomani, i medici le fecero una nuova radiografia e del tumore non c’era più traccia. Il marito partì allora alla volta di San Giovanni Rotondo per ringraziare e quando padre Pio lo vide, prima che lui potesse aprire bocca, gli disse: “Uagliò, come sta tua moglie?”.
Io capii dopo, crescendo, chi era davvero padre Pio. In quei primi tempi ero giovane, impulsivo e anche testardo. Così, lo ammetto, non sempre mi comportai bene nei suoi confronti. Ad esempio, una volta gli chiesi di potergli baciare la mano per scoprire se davvero aveva le stigmate. Dopo la Messa lui passava tra i fedeli e qualcuno gli chiedeva la mano. Così feci anche io, ma ero dubbioso, non credevo che sotto i guanti ci fossero realmente le piaghe. Allora quando ebbi la sua mano tra le mie, strinsi forte, come una tenaglia. Lui fece un salto dal dolore, ma non mi disse nulla. Io invece avevo sentito chiaramente il buco che gli passava il palmo da parte a parte. Povero Padre, lo feci soffrire, me ne rendo conto. Un’altra volta ero in chiesa, era sera e lui stava concludendo l’Adorazione eucaristica. Stavo in fondo, appoggiato a una colonna. Padre Pio mostrava il Santissimo Sacramento per impartire alla gente la Benedizione eucaristica e tutti piegavano la testa in segno di rispetto. Stupidamente io pensai: “Il capo non lo chino!”. In quel momento, come avesse letto nel mio cuore, padre Pio si voltò verso di me. Dall’ostensorio che teneva in mano partì un raggio di luce, come un laser, e mi colpì. Sentii allora una forza che mi faceva piegare la testa, come se qualcuno la stesse spingendo.
Poi ci fu il fatto delle azioni. Ero giovane, ero perito tessile, mi ero messo in testa di diventare un industriale. Avevo comprato delle azioni di una ditta farmaceutica americana, spendendo l’equivalente di 15 mila euro di oggi. Però le azioni andavano male. Ne parlai con Padre Pio. Lui conosceva già il mio futuro. Mi disse: “Figlio mio, fuggi queste cose!”. Il giorno dopo vendetti le azioni, fiducioso nelle parole del Padre. Dopo qualche tempo controllai l’andamento delle azioni e scoprii che avevano ripreso valore, allora le ricomprai. Morale: persi tutto, fino all’ultimo soldo. Non avevo dato retta a padre Pio. Lui poi, parlando di me ad una figlia spirituale, disse: “Come sta quello zuccone?”.
Voglio raccontare anche un altro particolare, voglio dirti come era la pelle di padre Pio perché non si può scordare. Aveva la pelle lucente, ti accorgevi che era qualcosa di soprannaturale. Mi faceva venire in mente il passo biblico in cui si parla di Mosè che aveva il viso luminoso dopo aver parlato con Dio e doveva essere perciò coperto con un velo. E poi gli occhi. Gli occhi di padre Pio, incredibili, ti scrutavano dentro, ma non da giudice, il suo era uno sguardo d’amore. Per lui non potevi avere segreti. Tra i figli spirituali girava la battuta: “Padre Pio quando ti guarda negli occhi, ti legge il numero delle scarpe!”. E poi il suo profumo, di viole e gigli. Un profumo incredibile, non ne esiste di simile in terra. Era l’anticipo del Paradiso».
di Roberto Allegri