È finalmente proclamato Beato, Rolando Rivi. Questo piccolo grande Martire ha qualcosa da insegnarci: la fede è un tesoro prezioso da vivere con tutto l’essere e da difendere persino con la vita. Il cristiano è di Cristo, lo dimostra, e non ne prova vergogna, mai.
Ebbene, l’ora – la sua ora – è venuta. Il 5 ottobre 2013, al Palasport di Modena, alle ore 16, il Servo di dio Rolando Rivi finalmente è stato proclamato Beato – per volontà del papa Francesco I – dal cardinal Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla presenza di una trentina di vescovi, di più di 200 sacerdoti e di migliaia di persone (8/9 mila?) provenienti dall’Emilia, da altre regioni d’Italia e anche dall’estero. Rolando Rivi ha ormai “amici” sparsi nel mondo, dall’Argentina alla Cina, ancora governata dai comunisti.
Il sogno di farsi prete
C’ero anch’io alla sua beatificazione, io che non esco mai di casa... il card. Amato, prima ha letto la Lettera apostolica del Papa: «Noi [...] con la nostra Autorità apostolica, concediamo che il Ven. Servo di Dio Rolando Rivi, giovane seminarista e martire, testimone eroico del Vangelo, d’ora in poi sia chiamato beato e che si possa celebrare la sua festa ogni anno il 29 maggio».
Un applauso irrefrenabile esplode dall’assemblea commossa e sembra non terminare più, mentre cade il drappo e appare l’immagine luminosa e sorridente del piccolo grande “pretino”: il Beato Rolando Rivi.
All’omelia davvero splendida, il card. Amato ha tratteggiato la storia e il profilo del piccolo Seminarista caduto sotto il piombo dei senza-Dio comunisti: «Fratelli e sorelle, è con le lacrime agli occhi che mi accingo a parlare del Beato Rolando Rivi, morto martire per la fede. La commozione sgorga dal mio cuore di vescovo che piange la morte di questo ragazzo, forte come una quercia per onorare e difendere la sua identità di seminarista. Al lampo di odio dei suoi carnefici, egli rispose con la mitezza dei martiri, che inermi offrono la vita perdonando e pregando per i loro persecutori [...].
Il piccolo Rolando, come tanti bambini, aveva un sogno: diventare sacerdote. A 11 anni, entrò in Seminario e, come si usava allora, vestì la veste talare che da quel giorno diventò la sua divisa. La portava con orgoglio. Era il segno sensibile del suo amore sconfinato a Gesù e della sua totale appartenenza alla Chiesa. Non si vergognava della sua piccola talare. Ne era fiero. La portava in Seminario, in campagna, in casa. Era il suo tesoro da custodire gelosamente. Era il distintivo della sua scelta di vita che tutti potevano vedere e capire [...].
A chi gli diceva che, data la situazione di guerra, era pericoloso indossare la veste talare, Rolando rispondeva con fierezza: “Non posso, non devo togliermi la veste. Io non ho paura, io sono orgoglioso di portarla. Non posso nascondermi. Io sono del Signore” [...]».
Nell’assemblea, ora la commozione si può toccare e va crescendo, quando il Cardinale, appoggiandosi alla documentazione raccolta nella Positio, narra il martirio indicibile del Seminarista:
«Dopo la chiusura del seminario, Rolando era tornato al paese. Un giorno, il 10 aprile 1945, dopo aver suonato e cantato alla Santa Messa, prese i libri e si recò a studiare nel boschetto vicino. Fu catturato e rinchiuso, in una stalla. Il ragazzo fu spogliato, insultato, seviziato con percosse e cinghiate per ottenere l’ammissione di una improbabile attività spionistica. Ma Rolando – fu accertato al processo penale di qualche anno dopo – non poteva confessare niente, perché le accuse erano totalmente false. Dopo tre giorni di sequestro, con una procedura arbitraria e a insaputa dei capi, il 13 aprile 1945, il ragazzo fu dapprima barbaramente mutilato e poi assassinato con due colpi di pistola, uno alla tempia e l’altro al cuore».
All’ascolto di questi passi dell’omelia, molti piangono. Ad accettare un martirio così, martirio per la fede, martirio per la purezza, martirio per il Sacerdozio cattolico, martirio per Cristo, può portare solo l’amore e la fedeltà a Gesù da parte di un cuore ardente di dedizione a Lui, il piccolo grande cuore di Rolando, che davanti agli assassini non dialoga, né si camuffa, ma proclama solo e sempre: “Io sono seminarista. Io sarò sacerdote. Io sono di Gesù”.
«Quel 13 aprile 1945 – continua il card. Amato – cari fedeli, era venerdì e l’uccisione era avvenuta di pomeriggio. Il richiamo al Venerdì Santo e alla Morte di Gesù è evidente. Un bambino consacrato a Dio in mano a uomini senza Dio [...].
Le iene avevano sbranato un agnello inerme. Se mai c’era valore nei combattenti, era stato per sempre disonorato da una azione vile. Avevano umiliato e spento la vita di un loro figlio innocente, che crescendo li avrebbe solo benedetti, dando serenità e significato alle loro vite. La mancanza di umana comprensione fa risaltare di più la nobiltà e la fortezza del piccolo seminarista, che anche nella sofferenza e nella umiliazione mai aveva rinunciato a proclamarsi amico di Gesù.
Il 15 aprile 1945, domenica del Buon Pastore, ci furono i funerali. Il suo corpo martoriato fu portato in chiesa. C’erano solo poche donne vestite a lutto. Non ci furono canti e suoni. Ma non mancarono gli alleluia degli Angeli che cantando accompagnarono il giovane Martire in Paradiso».
Così il card. Amato, all’omelia della Messa di Beatificazione di Rolando Rivi. Un’omelia splendida in cui appare tutta la grandezza e la luce della chiamata di Gesù al Sacerdozio, sublimata dal martirio per Lui, Sommo ed Eterno Sacerdote, e insieme la maestà e la bellezza della nostra Santa Chiesa Cattolica, “Madre dei Santi”. Tra questi il Beato Rolando Rivi – ripetiamo – martire della fede, martire della purezza, martire del Sacerdozio cattolico, martire di Gesù Cristo.
Mio piccolo grande Rolando, sono proprio contento di essere stato il primo a farti conoscere e ad avviarti alla Beatificazione. Ottieni da Gesù tanti santi “Piccini” come te, ragazzi e giovani innamorati di Gesù come te, molti dei quali salgano al Santo Altare, sacerdoti luminosi e santi, capaci di una “rivoluzione cristiana” davanti a cui nessuno potrà chiudere gli occhi e tanto meno chiudere il cuore.
Un ragazzo per Gesù
Rolando Rivi nasce il 7 gennaio 1931 nella casa del Poggiolo a San Valentino, nel Comune di Castellarano (Reggio Emilia), figlio secondogenito di Roberto Rivi e di Albertina Canovi. Fanciullo intelligente e vivace, intimamente amico di Gesù, chierichetto assiduo nel servizio dell’altare, si sente presto chiamato da Dio a diventare sacerdote. Nell’ottobre del 1942, a undici anni, Rolando entra nel Seminario minore di Marola (Carpineti – Reggio Emilia) e veste l’abito talare. Lì si distingue per lo studio, l’amore al Signore Gesù, la preghiera intensa, la bontà verso gli altri. Nell’estate del 1944, il Seminario viene chiuso per motivi di guerra. Rolando torna a casa, ma continua a fare vita da seminarista, indossando sempre l’abito talare e alimentando il suo desiderio di diventare sacerdote e missionario con la Confessione, la Comunione quotidiana e il Santo Rosario alla Madonna. Venerdì 13 aprile 1945, nel clima di odio contro i sacerdoti diffusosi in quel periodo, da parte del partito comunista, Rolando Rivi viene barbaramente ucciso da partigiani comunisti a Piane di Monchio (Modena), per la sola colpa di essere seminarista e di indossare l’abito talare e testimoniare la sua fede cattolica.
In seguito alla pubblicazione di Paolo Risso Rolando Rivi, un ragazzo per Gesù, Edizioni Del Noce, Camposampiero (Padova), in prima edizione nel 1997, in seconda nel 2004, nel 2006 viene avviata la Causa di Beatificazione nella diocesi di Modena, la diocesi dove è avvenuto il suo martirio, Causa che prosegue a Roma e che si conclude con la sua beatificazione il 5 ottobre 2013 a Modena.