Corrono tempi nei quali sembra che tutto debba essere ricondotto all’odio di genere. Che si tratti invece di campagne politiche e di chiari tentativi di assalti ideologici?
C’è una parte della nostra cultura che implode per le palesi contraddizioni insite nelle sue manifestazioni e che svela l’ipocrisia che si nasconde dietro le rivendicazioni di diritti e per i quali si scende in piazza.
La manifestazione svoltasi a Roma il 25 novembre 2023 per Giulia Cecchettin e le altre donne vittime di violenza ne svelano almeno due.
Usando termini della neolingua si parla di “femminicidio”, ma questo è un fenomeno reale oppure solo una manipolazione di chi veicola un certo tipo di cultura?
Il termine “femminicidio”, di per sé, dovrebbe riferirsi all’uccisione di una donna in quanto tale. Andrebbe configurato come una sorta di avversione di genere, di odio verso il sesso femminile. Il grande inganno consiste nel far passare l’omicidio di una donna riconducendone i moventi all’avversione di genere. Quanti sono, infatti, gli omicidi contro la donna solo perché donna? Quei rari episodi che si possono verificare sarebbero da ascrivere nella categoria di menti malate e gli autori di quei delitti andrebbero, oltre che puniti, sottoposti alle cure del caso, poiché, evidentemente, ci sono in loro segni di un evidente squilibrio affettivo. Un delitto passionale, pur essendo sempre da condannare senza se e senza ma, può considerarsi femminicidio? No! Il delitto passionale ha un altro movente: considerare la donna come un oggetto di esclusiva proprietà personale. Il problema vero, non ideologico ma reale, è considerare la persona alla stregua di una cosa della quale disfarsi o piuttosto da distruggere, pur di non lasciare che se ne impossessi un altro. È un delitto, dunque, figlio di una cultura laicista che ha dimenticato l’onorabilità conferita alla donna dal Creatore. In questo modo la relazione affettiva viene ad essere viziata, c’è uno sbilanciamento interno delle dinamiche di coppia, e complice di questo è la schizofrenica convinzione che sia del tutto normale che da una parte si denunci la violenza sulle donne e dall’altra si tolleri un sistema che non vuole eliminarne le cause.
E se il vero problema è la riduzione della dignità femminile a semplice oggetto di consumo, come non puntare il dito contro il ruolo tossico che svolge la pornografia in tal senso? Sarebbe stato interessante chiedere alle donne presenti a quella manifestazione del 25 novembre il loro pensiero su questo specifico argomento; conoscere se hanno mai riflettuto che la pornografia rappresenta il male assoluto da combattere se si vuole recuperare la rispettabilità della donna. Ancor più stimolante sarebbe stato chiedere ai membri dell’associazione “Non una di meno”, presenti in piazza il 25 novembre, che senso ha manifestare contro la violenza di genere e poi collocare un ordigno esplosivo nella sede di una benemerita associazione denominata Pro Vita & Famiglia. Qui siamo ben oltre la violenza; il gesto compiuto da queste “pacifiche paladine della non violenza” è un inaudito atto terroristico. Come si può pretendere che queste persone siano credibili? E verrebbe da chiedersi: che fastidio può dare chi si impegna ogni giorno ad aiutare mamme in difficoltà fornendo passeggini e altri accessori per l’infanzia? Qual è il grave delitto di chi, come i membri di Pro Vita & Famiglia, lotta a favore della vita con posizioni esplicite contro l’aborto?
Ci sarebbe molto da riflettere su questo e chiedersi lo scopo ultimo di chi gioca con masse di persone trattandole come mandrie da condurre su un ben determinato percorso.
Inoltre, se proprio vogliamo confrontare l’ideologia con la logica ferrea dei numeri, bisogna ricordare che nel 2022 l’Istat ha rilevato 322 omicidi, le cui vittime sono 126 donne e 196 uomini. Su questa base statistica si dovrebbe parlare più di “maschicidio”‚ che di “femminicidio”, eppure...
E per finire ? atteso che anche l’omicidio di una sola persona in un anno merita sempre la più ferma condanna ?, per comprendere la vera entità di un fenomeno, andrebbe considerato anche il rapporto tra la popolazione maschile e gli omicidi consumati. Infatti, se volessimo escludere dal conteggio i circa 4 milioni di maschi, arrotondando per eccesso, cioè quelli compresi nella fascia da 0 a 14 anni, ci ritroveremmo con quasi 25 milioni e mezzo di uomini, contro 126 uccisioni di donne, sottolineando, però, che in questo numero di morti sono inclusi anche delitti di donne per rapina o altri moventi.
Sarà finalmente giunto il momento di svegliarci e accendere i riflettori sulle vere radici dei problemi?