Chi crede che l’azione di Hamas rimarrà indirizzata soltanto a Israele rischia di illudersi. La storia ci insegna che questi attacchi potrebbero sfociare in una vera e propria guerra santa contro i cosiddetti “infedeli”, cioè i cristiani.
A fronte di questi e altri pericoli nei quali si rischia di incorrere, bisognerebbe valutare una revisione delle politiche immigratorie.
Che significato dare all’attacco di Hamas contro Israele? Quale speranza di reggere la rappresaglia israeliana potrebbe avere questo gruppo terroristico? Puerile pensare che l’azione di guerra scatenata sia stata solo un atto impulsivo di rabbia. Difficile anche credere che da sola possa approdare a una soluzione della questione palestinese. Potrebbe essere lecito supporre, dunque, che questi gruppi terroristici stiano facendo affidamento sul coinvolgimento dei paesi a maggioranza musulmana che confinano con Israele e più in generale di tutto il mondo islamico, con esiti facilmente immaginabili.
Di certo possiamo dire che chi ha usato la violenza delle armi sapeva che la risposta sionista avrebbe avuto delle ripercussioni sulla popolazione civile, spesso usata come arma di guerra, ma sembra che la forza dell’odio sia prevalsa sull’amore per tutto il popolo palestinese.
Intanto, all’azione di Hamas, ha fatto eco quella di un altro gruppo terroristico radicato al sud del Libano, a Nord d’Israele, gli Hezbollah. Verosimilmente si può pensare ad un’azione concordata tra i due gruppi, ma se l’intento fosse stato quello di evitare che l’attenzione dell’esercito israeliano si concentrasse solo a Sud, dove si trova la striscia di Gaza, si resterà certamente delusi. Israele non rinuncerà ad invadere quella striscia di territorio.
Ma a chi gioverebbero le conseguenze dei possibili esiti di questo conflitto?
In diversi paesi europei si registrano manifestazioni filopalestinesi nelle piazze. Si tratta di un déjà vu. Tutti ricordiamo i musulmani in festa per le strade di tanti stati d’Europa immediatamente dopo l’attentato alle Torri Gemelle. Questo aspetto dovrebbe far riflettere. C’è da chiedersi se i membri di questi cortei che oggi elogiano l’azione di Hamas non potrebbero trasformarsi domani in combattenti per la guerra santa contro gli Stati europei che li ospitano. Il racconto di un Islam moderato sembra mostrare tutta la sua debolezza quando in occasione di questi eventi di piazza nessuna organizzazione islamica fa una dichiarazione decisa di pubblica condanna.
L’odio di Hamas verso gli ebrei è ben supportato da quello delle comunità islamiche presenti in Europa verso i cristiani. Anche questo dovrebbe offrire uno spunto di riflessione, soprattutto in relazione alle politiche immigratorie. Forse è stato un errore quello di non prendere seriamente in considerazione chi allertava sul pericolo di un’immigrazione a maglie larghe e chi invitava a valutare sensatamente il rischio che si corre quando si dà accoglienza a uomini che trovano una giustificazione al delitto e all’odio verso i propri simili in nome di una falsa religione.
Non possiamo prevedere se ci sarà una mobilitazione generale dei vari musulmani sparsi per il mondo, ma anche se si volesse prendere in considerazione solo l’idea che piccoli gruppi terroristici potrebbero compiere attentati nelle diverse nazioni europee ? come abbiamo già visto anche per il passato ?, questi costituirebbero comunque un motivo sufficiente per aumentare il livello di allerta. A questo punto chi potrebbe trarre vantaggio da questi tentativi di destabilizzazione dell’ordine interno degli Stati europei? Certamente la Federazione Russa, che potrebbe cogliere l’occasione per sferrare un attacco su tutto il resto del territorio ucraino e anche oltre.
C’è inoltre da considerare che il Congresso degli Stati Uniti, ancor prima dell’azione terroristica di Hamas, stava vagliando la possibilità di interrompere gli aiuti a Kiev e che il fronte democratico guidato da Biden ha nel suo interno una fazione filopalestinese che mal sopporterebbe lo schieramento in guerra del paese a stelle e strisce con Stato ebraico.
Ovviamente, nonostante le rassicurazioni formali da parte di alti esponenti della NATO sul prosieguo della politica di aiuti militari a Zelensky, sarà interessante vedere se il conflitto in Medio Oriente non inciderà realmente sulle sovvenzioni a favore dell’Ucraina. Senza dimenticare che anche la tensione tra Stati Uniti e Cina costituisce un altro nodo problematico sulla scacchiera dei rapporti internazionali, mentre il prossimo anno bisognerà attendere l’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Infatti, se dovesse esserci una vittoria dei repubblicani anche le decisioni di politica internazionale potrebbero seguire una linea un po’ diversa.