Il “Sinodo sulla sinodalità”, attualmente in corso, in nome dell’inclusività e della misericordia sembra ben proteso verso radicali cambiamenti della dottrina della Chiesa, specialmente in campo morale. Rotture profonde e radicali, se non addirittura scismatiche, si profilano all’orizzonte.
Non occorre essere profeti per provare a fare delle previsioni sul “Sinodo sulla sinodalità”. Non pretendiamo di essere infallibili, ma vorremmo tentare di tracciare un’analisi razionale anche solo esaminando superficialmente l’andamento di questo pontificato in tema di morale sessuale.
Senza neanche andare troppo indietro, partiamo dal considerare l’apertura della Chiesa tedesca alla benedizione delle unioni omosessuali. La maggioranza dell’episcopato germanico, infatti, si è pronunciata in modo favorevole. Su quarantasette prelati votanti solo nove hanno espresso parere contrario. A tal proposito, il card. Raymond Leo Burke ha giustamente sottolineato che tale decisione viola l’insegnamento della Chiesa e ha elogiato tutti coloro che hanno manifestato una posizione contraria all’illegittima decisione della maggioranza.
A questo punto ci saremmo aspettati un intervento correttivo, una ferma presa di posizione da parte di chi dovrebbe custodire la fede cattolica. La mancanza di ciò fa sorgere non pochi dubbi: tale omissione potrebbe interpretarsi come una sostanziale condivisione dell’iniziativa dei prelati tedeschi?
A giudicare da certe decisioni pontificie sembrerebbe di sì. Ne ricordiamo solo alcune partendo dalla nomina a capo del Dicastero della Dottrina della Fede dell’arcivescovo Victor M. Fernández. La sua designazione è del tutto in linea con la promozione della linea omosessualista. Il prefetto, infatti, come la maggioranza dei vescovi tedeschi, è favorevole alla benedizione delle coppie omosessuali. Ritiene lecito il ricorso al profilattico ed è stato a lungo al centro del dibattito pubblico per aver pubblicato un libro sul bacio con contenuto erotico.
Anche il relatore generale del Sinodo, il cardinale lussemburghese Jean C. Hollerich, vorrebbe una chiesa aperta all’accoglienza degli omosessuali, visto, dice, l’alto numero di persone con queste tendenze presenti nell’Istituzione che Cristo ha fondato versando il suo Sangue.
Ma la semplice diffusione di una tendenza può bastare a convalidarla con un giudizio morale positivo? Cioè, si può dire che una cosa è buona solo perché la fanno in tanti? Certamente no! Non esistono condoni per il peccato finché non lo si riconosce tale e lo si combatta per sradicarlo. Pare sia diventato improvvisamente complesso comprendere i principi basilari posti a fondamento della dottrina della Chiesa.
Il Sinodo, purtroppo, non è altro che lo specchio della metodologia adottata nella sua fase preparatoria. Questa, infatti, non ha coinvolto tutti i fedeli della Chiesa, ma solo minoranze che vogliono cambiare la dottrina. Quasi certamente il Sinodo seguirà lo stesso registro: vedrà l’imposizione di un potere che lo dirigerà verso conclusioni già stabilite. Attenzione, però, la vera scommessa sta nel vedere se esse saranno espresse in modo ambiguo, come ci ha abituato questo pontificato, oppure no.
Come se non bastasse, prima dell’apertura del Sinodo, i partecipanti all’assemblea generale dello stesso si sono riuniti in ritiro sotto la guida del frate domenicano Timothy Radcliffe, promotore del pensiero LGBTQ+. Questo domenicano, superiore generale dell’Ordine dei Predicatori per quasi un decennio, ha proposto di escludere dal sacerdozio tutti quelli che non sono favorevoli ad accettare l’ordinazione sacerdotale di uomini con orientamento omosessuale. La gravissima affermazione suona come l’esatto contrario di un documento di papa Ratzinger che invitava i rettori dei seminari alla vigilanza, al fine di non accettare studenti con orientamento verso persone dello stesso. Inoltre, padre Radcliffe ritiene che la sodomia possa esprimere il dono di sé di Cristo. E con questo non c’è altro da aggiungere!
Per chiarezza ricordiamo solo che per ricevere l’Eucaristia non è sufficiente sentirsi addolorati per aver commesso un peccato grave che ci impedisce di accostarci al sacramento, occorre la decisione di abbandonare la causa che ne impedisce il ricorso. Tale dolore può essere considerato l’inizio di un percorso di conversione solo se si è disposti a cambiare la condotta di vita condannata dalla Sacra Scrittura; senza questa disposizione non si può ricevere la Santa Comunione. E questo vale indistintamente sia per coloro che praticano l’omosessualità, sia per quelli che praticano la poligamia, sia, ancora, per i divorziati e risposati.
Un sinodo, quindi, che si avviasse verso conclusioni difformi dalla retta e perenne dottrina in tema di morale sessuale, ufficializzerebbe, anche senza un’esplicita dichiarazione formale, l’apertura di crepe scismatiche sempre più profonde, nonostante si cerchi di giustificare ogni decisione assunta con la necessità dell’inclusività, o con quello della misericordia a profusione.