Con la venuta di padre Pio a San Giovanni Rotondo si concretizzò un prestabilito disegno di Dio. Lo disse Gesù stesso ad una fanciulla di quel paesino, comparendole in un imprecisato giorno del 1906. La ragazza si chiamava Lucia Fiorentino: una popolana di 17 anni, illetterata, povera, ammalata di tisi.
Un’anima bella, pia, tutta casa e chiesa, molto in dimestichezza col Signore che già tante altre volte le aveva parlato, concesso favori straordinari e grazie eccellenti.
Per presentare quell’episodio, inalterato nella sua genuina freschezza, lascio la parola alla stessa Lucia: «Un giorno mentre pregavo per la conversione delle anime, mi si presentò alla mente una visione immaginaria [...]. Vidi nella visione un albero di smisurata grandezza nell’atrio del nostro convento dei cappuccini e sentii una voce che mi diceva: “Questo è il simbolo di un’anima che ora è lontana e verrà qui. Farà tanto bene in questo paese. Sarà forte e ben radicata come quest’albero e tutte le anime che verranno – sia da qui come da lontano – si rifugeranno all’ombra di quest’albero, saranno liberate dal male [...]. Se si umilieranno, da questo degno sacerdote riceveranno consigli e frutti di vita eterna. E guai a coloro che disprezzeranno i suoi consigli, il modo di agire; il Signore li punirà severamente in questa e nell’altra vita. La sua missione si estenderà per tutto il mondo e molti verranno a rifugiarsi all’ombra di questo mistico albero per avere frutti di grazia e di perdono”».
Lucietta, come vezzosamente era chiamata la ragazza nel parentado per la sua aria mite e remissiva, a quell’annuncio restò serena. Era abituata alle confidenze divine e non se ne meravigliò.
Attende pacatamente che tutto avvenga come le è stato detto. Non sa il quando e il come, perché il Signore si era limitato ad un vago “verrà” senza precisare altro. Ma lei è certa che tutto avverrà.
Al tempo di questa locuzione divina, Francesco Forgione, il futuro padre Pio, aveva 17 anni e si trovava a Sant’Elia a Pianisi (Campobasso) dove frequentava il corso di filosofia in preparazione al sacerdozio, peraltro messo sempre in forse dalla cagionevole salute che non gli dava certezza alcuna, neppure dall’oggi al domani.
Quando dieci anni dopo quell’avviso, il 28 luglio 1916, il Padre arriva a San Giovanni, è già sacerdote da sei anni. Lucia non sa nulla di lui, non l’ha mai visto né conosciuto e non può perciò sapere che il “degno sacerdote” preannunciato nella locuzione è quel Cappuccino appena arrivato.
Ma non ci mise tanto a identificarlo. Un prete santo lo si conosce al volo.
Lo scelse come suo direttore spirituale e gli si legò con un’amicizia forte ed evangelica che si concluderà, dopo pochi anni, con l’offerta della sua vita al Signore a pro del venerato Padre, allorché questi si troverà in fiere angustie di spirito e di corpo.
Il 19 agosto del 1923, e cioè sette anni dopo l’arrivo di padre Pio nel convento di San Giovanni, il Signore ritorna da Lucia e le conferma che il sacerdote di cui le aveva parlato nel 1906 è padre Pio. Lucia rammenta nel suo diario: «Mi apparve Gesù che mi disse: “Ti ricordi di quanto ti ho manifestato nel 1906 quando eri inferma?”». «Sì, mi ricordo» dice Lucia, e spiega che l’albero è padre Pio, che venuto da lontano si è radicato nel convento per volontà di Dio. E qui riscrive tutto l’episodio che già conosciamo e che è superfluo ricopiare. Non è superfluo invece, a mio modesto parere, l’aver fatto menzione dell’episodio in tutta la sua particolareggiata dinamica, perché non si tratta di una storiella frutto dell’inventiva di una ragazza sia pure pia e devota che sogna e dà i numeri, ma di ben altro, che ha un grande significato.
Poiché tutto quello che era stato predetto a Lucia è puntualmente avvenuto, il “raccontino” assurge ad evento storico e s’impone all’attenzione dei posteri. Il messaggio – ché di messaggio si tratta – è garantito e suggellato dalla parola e dalla persona di Gesù e parla chiaro. Infatti, padre Pio è stato “certamente” il messaggero di Dio; è stato un “degno sacerdote”; la sua missione si è estesa “in tutto il mondo”; credere in lui e mettersi sotto le sue ali ha significato per molti raccogliere frutti di grazia e aver trovato la via del perdono. Tutto come annunciato a Lucia. E se è vera la premessa deve essere vero anche l’epilogo, quella parte del messaggio, cioè, che suona di ammonimento per coloro che non gli avranno creduto o che, Dio non voglia, lo avranno deriso o disprezzato. A loro è diretto quel terribile “guai” che rinnova e attualizza la cruda invettiva di Gesù verso gli ipocriti di tutte le epoche. Chi ha orecchie per intendere, intenda.
Due parole vanno pure dette per ricordare e far conoscere l’esito dell’eroico gesto attuato dalla Fiorentino per giovare al suo amico. Fu nel 1933. Allora il Padre era spietatamente perseguitato e si trovava recluso in convento a scontare colpe mai commesse. Che poteva fare Lucietta per alleviare le sue pene?
Fece come dice il Vangelo: offrì la vita per lui. Ella morì il 16 febbraio 1934. Aveva 45 anni.
A sua cognata Filomena Fini, che l’assisteva in punto di morte, confidò: «Filomè, quando andrai a confessarti dal Padre, digli che mi sono offerta vittima nella grotta di san Michele arcangelo per la sua liberazione».
Il Padre venne liberato il 15 luglio 1933 e il 12 maggio 1934 riprese a confessare gli uomini.
di Gaetano Cirrito, Padre Pio visto da vicino, pp. 30-33