L’iniziativa di “Ultimo Reparto” ci offre una “etichetta militante” per veicolare «valori e principi del mondo tradizionale e contro il sistema dominante», richiamando, con simboli e immagini, ad una visione soprannaturale della vita.
L’inenarrabile Gay Pride che ha marciato su Roma sabato 10 giugno ha dimostrato ancora una volta il valore e l’importanza dell’abito, del vestito, dell’acconciatura, del modo di presentarsi. Dell’estetica insomma. I fautori del disordine (morale) lo sanno bene e non devono dimenticarlo neppure gli amici dell’ordine.
Un militare senza divisa è un mezzo militare e uno sportivo che giocasse in camicia farebbe ridere. E uno scout senza uniforme? Per Baden Powell, fondatore dello scoutismo, non sarebbe un autentico scout.
La frase-slogan “l’abito non fa il monaco” resta vera. Nel senso che un laico qualunque, se rimedia un saio francescano e lo indossa, non diventa, né de iure né de facto, un membro dell’Ordine dei Frati Minori istituito dal Poverello. E non ha quindi né i doveri né i diritti che competono ai religiosi della fraternità francescana.
Ma il monaco senza l’abito, oltre ad andare contro la legge canonica, va contro lo spirito religioso e ascetico del monachesimo, il quale comporta i voti di povertà (anche nel vestiario), castità (anche nel vestiario) e obbedienza (anche nel vestiario).
Alcuni anni fa, dei cattolici veronesi lanciarono il marchio Sine Timore e con esso la produzione di magliette e felpe, ispirate ai sacri valori della fede e della nazione. Sul web ovviamente c’è di tutto, sia in male che in bene, ma forse mancava fino a ieri chi continuasse l’opera degli scaligeri e riproponesse un abbigliamento conforme alla tradizione e nel contempo all’altezza dei tempi di oggi.
Il testimone è stato ripreso ora da “Ultimo Reparto” (bigcartel.com), un marchio e un sito che unisce perfettamente uno stile graffiante e giovanile – che oggi significa più o meno dai 15 ai 55 anni – a un taglio perfettamente decente, consono, decoroso e fiero.
L’ultima t-shirt prodotta, in versione sia maschile che femminile (non sono previste magliette unisex, queer o gender fluid...), riproduce una famiglia stilizzata, con un padre e una madre che sorreggono e sospingono in alto un bambino. Un’immagine che potrà parere banale solo agli insipienti. Perché dice in controluce tutto ciò che va detto e cioè che solo un padre e una madre sono il sostegno e la sicura garanzia per promuovere ed elevare verso l’Alto un bimbo e una bimba.
Ma il catalogo è vasto. Magliette, felpe (con o senza cappuccio), polo, borracce, tazze, borsette per shopping o per sport, vari quadretti da camera, ecc.
Per farsi un’idea dell’ispirazione del gruppo, e della volontà di distinguersi dall’anonimato delle mode fagocitate dal sistema, vediamo alcuni degli slogan o delle frasi presenti su magliette e felpe. Uno dei più aggressivi recita: «Say no to gender ideology». Solo per coraggiosi e spiriti liberi!
Un altro, di pretto sapore evangelico, dice: «Difendi ciò che è vero». Ed in un mondo dominato dalla dittatura del relativismo (Benedetto XVI), distinguere il vero dal falso, la verità dall’errore è fare un’opera meritoria, didattica, sanamente apologetica e critica.
Su alcune magliette compare la frase simbolo dei buoni, invisa a gente come Zan, Cecchi Paone e Monica Cirinnà, e cioè: «Dio Patria Famiglia». I tre punti fermi del diritto naturale, del buon senso e dell’autentico anticonformismo.
Alcuni prodotti si ispirano ad uno slogan molto in voga negli ambienti della dissidenza: «Difendi, conserva, prega». Il cui autore, per lo stupore di alcuni, è il marxista eretico Pierpaolo Pasolini, che però in non rari momenti di lucidità, come ha saputo chiamare l’aborto omicidio, così ha auspicato che i giovani tornassero alla tradizione e alla religione come mezzi per salvare se stessi e il futuro dall’idolatria del consumo e del possesso.
Bella anche la t-shirt che afferma: «Spegni la tv. Torna padrone di te stesso». Il web ha scavalcato la tv, ma restano i vari virus dei Tg del sistema o di intrattenimento alla Sanremo da cassare senza ripianti.
Tra i personaggi rappresentati figurano san Michele arcangelo, con il suo motto «Defende nos in prælio», san Giuseppe, san Giorgio, l’aquila nobile degli Hohenstaufen, il volto e una bella frase di Antoine de Saint-Exupéry (l’immortale autore del Piccolo Principe), dei prototipi di cavalieri, di vichinghi, il simbolismo della Vandea, ecc.
Pio XII, in un bel discorso dell’8 novembre 1957, tenuto all’“Unione latina dell’Alta moda”, parla di «moralizzare questo importante settore della vita pubblica» e vi condanna gli eccessi «sia d’immodestia che di lusso». Se «la società, per così dire, parla col vestito che indossa», urge oggi, tanto più di ieri, una “lotta”, come dice il venerabile Pacelli, per la moralizzazione delle mode, la quale «intenda restituire allo spirito il predominio sulla materia».
Come dice il sito di “Ultimo Reparto”, la loro iniziativa è quella di una «etichetta militante» nata per veicolare «valori e principi del mondo tradizionale e contro il sistema dominante». Ed è pienamente condivisibile l’idea di voler «permeare il proprio spazio con segni, simboli e immagini che richiamano ad una visione spirituale della vita», controbilanciando l’indecenza, il piattume, la volgarità e l’arroganza delle multinazionali. Le quali, negli ultimi anni, hanno contribuito da par loro al crollo del senso estetico e alla censura del bello, in nome di mode e trend tanto effimeri quanto pseudo-trasgressivi e orizzontali.
“Ultimo Reparto” aspira ad essere, invece, “puro stile verticale”.