Gesù Eucaristia per padre Pio era sorgente di vita, era fonte di gioia e di felicità indicibili; e tutto questo egli sperimentava ogniqualvolta si cibava delle Carni immacolate dell’Agnello, momento in cui avveniva tra loro la “fusione dei cuori”. Il 21 marzo 1912 scriveva a padre Agostino: «Ieri [...] Iddio solo sa quante dolcezze provai, massime dopo la Messa, tanto che le sento ancora in me. [...] La bocca sentiva tutta la dolcezza di quelle Carni immacolate del Figlio di Dio. [...] Quanto mi rende allegro Gesù! Quanto è soave il suo spirito! Ma io mi confondo e non riesco a fare altro se non che piangere e ripetere: Gesù, cibo mio!» (Ep. I, p. 266).
Conoscendo tutta la bellezza dell’Eucaristia, egli desiderava che anche le anime che a lui si affidavano facessero dell’Eucaristia il centro della loro vita, per cui le esortava a ricevere la santa Comunione quotidianamente, quale fonte di grazia e di santità e mezzo efficacissimo per arrivare alla perfezione. Nel 1917 scriveva, infatti, a Maria Gargani: «Io penso che la Santissima Eucaristia sia il grande mezzo per aspirare alla santa perfezione, ma bisogna riceverla col desiderio e con l’impegno di togliere dal cuore tutto ciò che dispiace a Colui che vogliamo alloggiare» (Ep. III, pp. 282-293). La purezza del cuore è quindi, per il Padre, la condizione essenziale per ricevere bene e con frutto Gesù Eucaristia, per questo ai bambini che ricevevano dalle sue mani la prima Comunione, egli, al termine della celebrazione, in sacrestia, augurava: «Che la tua ultima Comunione sia bella come la prima».
La purezza, però, per piacere a Gesù, deve essere impreziosita dalla fede e dall’amore. «Accostiamoci a ricevere il Pane degli angeli – scriveva alla nobildonna Raffaelina Cerase – con una fede e con una gran fiamma di amore ed attendiamoci pure da questo dolcissimo amante dell’anime nostre di essere consolati in questa vita col bacio della sua bocca» (Ep. II, p. 490). L’anima che riceve la Comunione con queste disposizioni sperimenta, già in questa vita, l’ebbrezza di quella gioia celestiale dell’unione con lo Sposo divino che sarà piena e perfetta in Paradiso. Se è così, il “divino Agnello” diventa, allora, un “balsamo” che ristora l’anima nelle angustie di questa vita terrena e, quindi, come scrive padre Pio a Erminia Gargani, non bisogna mai tralasciare di accostarsi al sacro Banchetto, «poiché nessuna cosa raccoglierà meglio il tuo spirito che il suo Re, veruna cosa lo riscalderà tanto che il suo Sole, veruna cosa lo stempererà sì soavemente che il suo balsamo. Non vi è altro rimedio più potente che questo» (Ep. III, p. 710).
A ragione di ciò padre Pio, attesta padre Marcellino IasenzaNiro, suo confratello, non approvava in alcun modo che i suoi figli spirituali omettessero di ricevere la santa Comunione, neanche se si sentivano indegni o poco fervorosi; «solo la coscienza di essere in peccato mortale – diceva il Santo – ci deve tenere lontani dal toccare il Pane eucaristico». A una figlia spirituale che gli mandò a dire che siccome stava attraversando un periodo di aridità talvolta non faceva la Comunione, il Padre rispose scuotendo il capo: «Dite a quella sciocchina che quello che lascia oggi non lo ritroverà domani». Un’altra figlia spirituale racconta che era l’ultimo dell’anno e mentre attendeva con gioia di ricevere la Comunione dal Padre, si ricordò che durante tutto l’anno non si era comunicata solo due volte. Quando san Pio arrivò a lei, non le diede una ma tre Ostie, quasi a sottolineare la deficienza commessa! Anche i coniugi Licia e Settimio Manelli, servi di Dio, raccontano che erano soliti ricevere ogni mattina la santa Comunione dalle mani del Padre, il quale dopo aver celebrato la Santa Messa sul piazzale, alle ore 11.00 distribuiva la Comunione all’altare della chiesina di Santa Maria delle Grazie. Un giorno, essendosi recati in paese per delle commissioni, per un contrattempo non riuscirono ad arrivare all’ora stabilita. Lungo la strada avevano pregato mentalmente padre Pio di farli arrivare in tempo, di aspettarli perché non perdessero la Comunione. Intanto il Santo, terminato di distribuire la Comunione, era risalito sull’altare e inspiegabilmente si era fermato con la pisside fra le mani senza riporla nel tabernacolo, con grande meraviglia di tutti. Appena i due coniugi entrati in chiesa trafelati si furono inginocchiati alla balaustra, padre Pio subito si girò e andò a comunicarli. Il Padre, con grande delicatezza e amore paterno, li aveva attesi perché non perdessero la santa Comunione. E pensare che noi forse con grande leggerezza tralasciamo non solo la Comunione quotidiana, ma finanche quella domenicale!
Il tempo del ringraziamento alla santa Comunione, poi, era per padre Pio un momento preziosissimo: deposti i paramenti, col capo chinato sul bancone della sacrestia, rimaneva per una decina di minuti assorto in un intimo dialogo d’amore col suo Dio presente nella sua anima, dialogo d’amore che continuava durante tutta la giornata investendo tutti i suoi atti. Ai suoi figli era solito raccomandare che dopo la Comunione «si facesse buona compagnia a Gesù». E pensare che oggi tanti cristiani fuggono dalla chiesa prima ancora che termini la Santa Messa! Padre Pio ci doni la sua fame e sete di Gesù Sacramentato e ci ottenga dalla Vergine Santissima la grazia di poterci cibare del Pane degli angeli il meno indegnamente possibile.
di Suor M. Eucaristica Lopez, Il Settimanale di Padre Pio, N. 23/2023