Un uomo chiese a Gesù: «“Signore, qual è il più grande dei Comandamenti?”. Gli rispose: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Ama il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i profeti”» (Mt 22,37-40).
Sulla base di questo insegnamento, tutti i maestri di spirito affermano che non è vero amore per Dio quello che non abbraccia anche il prossimo. Ciò non è insensato, poiché, come afferma san Giovanni, «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). L’Evangelista poi conclude: «Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello» (1Gv 4,21).
Se siamo veri cristiani, dunque, se vogliamo amare il Signore, dobbiamo amare il nostro prossimo. A questo punto, però, dobbiamo fare attenzione a comprendere il vero significato dell’amore al prossimo. Per amore al prossimo secondo i dettami divini non si intendono quelle manifestazioni di sole opere caritative esteriori a favore dell’altro. Certo, anche questo è importante, e siamo tutti in dovere di sollevare il prossimo dai disagi materiali e temporali, quando questo è nelle nostre possibilità. A volte sono sufficienti anche piccoli gesti per far del bene a chi è nella privazione. Dunque, questo è importantissimo e, potendo, dobbiamo farlo. Ma ciò che vogliamo dire è che la carità comandata da Gesù non si esaurisce con ciò. Il vero bene che dobbiamo volere al prossimo è il bene spirituale, e soprattutto il bene supremo della salvezza eterna.
In questo, san Pio da Pietrelcina è maestro. Egli ha speso l’intera sua vita consumando se stesso per i fratelli, in più modalità, che sono le modalità proprie di ogni cristiano:
- attraverso il sacrificio;
- attraverso la preghiera;
- attraverso le opere.
Approfondiamo l’argomento per trarne insegnamenti vantaggiosi per la nostra crescita spirituale.
Il sacrificio
Padre Pio ha adempiuto il suo dovere di amare il prossimo attraverso il sacrificio di se stesso: egli aveva il “vantaggio”, potremmo dire, di essere tutto piagato, a somiglianza di Gesù Crocifisso. Dalle stigmate che gli segnavano mani e piedi e dalla ferita del costato sgorgava continuamente sangue, con intenso dolore. Ciò gli dava occasione di offrire costantemente qualche sofferenza per ottenere grazie per tante anime, vicine o lontane, conosciute o sconosciute, tutte bisognose di grazie.
Ma il sacrificio di padre Pio non consisteva unicamente in un’accettazione passiva dell’inevitabile sofferenza. Egli, da vero francescano (prima i francescani erano chiamati “frati della penitenza”), andava in cerca di mortificazioni e di penitenze, per amore di Gesù e delle anime da salvare. Poco noto è, infatti, il seguente episodio. Una volta padre Pio si trovava insieme ad alcuni confratelli. Aveva un po’ di tosse, e spesso avvertiva il bisogno di liberarsi dal catarro. Pur stando vicino al lavandino, si alzava ogni volta in piedi per andare a espettorare nella pattumiera che stava più lontano; ad un certo punto, uno dei frati presenti gli disse di non scomodarsi: poteva infatti servirsi del lavandino vicino a lui, così non c’era neanche bisogno di alzarsi in piedi e di interrompere ogni volta la piacevole conversazione. Forse che padre Pio non ci avesse pensato? Certo, quella sarebbe stata la soluzione più semplice e comoda, ma... egli voleva offrire proprio in quel modo una piccola mortificazione. E così, chissà quante altre piccole penitenze nascoste e impensate avrà praticato!
Anche noi, ogni giorno e in molteplici circostanze, possiamo cogliere occasioni per offrire mortificazioni e penitenze al Signore. Certo, noi dovremmo offrire molti sacrifici forse per scontare tanti nostri peccati... ma perché non farlo anche per chiedere grazie per il prossimo? Quante persone bisognose di grazie conosciamo! Dobbiamo ammettere, però, che spesso è la nostra buona volontà a mancare, nel saper approfittare di tutte le occasioni che ci si presentano per offrire un piccolo sacrificio, scegliendo, quando è possibile, la via meno comoda, non evitando qualche piccolo disagio, privandosi di qualcosa che, pur essendo piacevole, non è poi così necessario. Tutto questo costituisce una preziosa carità che possiamo usare verso il prossimo, senza che alcuno se ne accorga.
La preghiera
San Pio si definiva «un povero frate che prega». Egli difatti pregava a grandi dosi, anzi, la sua vita era completamente immersa nella preghiera. Questa preghiera lo avvicinava intimamente a Dio, ma anche al prossimo. Egli infatti consumava corone su corone del santo Rosario (sembra che ne recitasse circa cento ogni giorno! Dono senz’altro straordinario) per ottenere tante grazie per tutti coloro che a lui ricorrevano con grande fiducia, manifestandogli le tante piccole o grandi tragedie della loro vita, della loro anima... Ma soprattutto, padre Pio pregava con tanta lena per strappare anime all’inferno. Questo era per lui un “chiodo fisso”, un bisogno impellente. «Se mi fosse possibile – disse –, vorrei ottenere dal Signore una cosa soltanto. Se mi dicesse: “Va’ in Paradiso”, vorrei ottenere questa grazia: “Signore, non lasciatemi andare in Paradiso finché l’ultimo dei miei figli, l’ultima delle persone affidate alla mia cura sacerdotale non sia entrata prima di me”».
Opere concrete
San Pio ha manifestato la sua carità in modo anche pratico e concreto, per sollevare i bisogni temporali dei “fratelli di esilio”. Tra le tante, la più grandiosa e manifesta è stata senz’altro il progetto e la costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza, ancor oggi nel pieno della sua attività, per sollevare, appunto, la sofferenza di tanti malati anche nel corpo. Tuttavia egli anche in questo guardava al bene dell’anima: voleva infatti offrire ai malati un luogo in cui potessero scoprire il valore soprannaturale della sofferenza, approfittandone per un bene eterno.
Tutto ciò non esaurisce comunque la portata dell’amore fraterno di padre Pio. La sua carità per il prossimo è quasi insondabile, poiché il suo amore per Dio ha raggiunto vette tanto alte. Qualcosa dell’intensità di questo amore, che lo ha reso completamente “proprietà delle anime”, possiamo forse attingerlo da queste sue parole: «Sono tutto di ognuno. Ognuno può dire: “Padre Pio è mio”. Io amo tanto i miei fratelli di esilio. Amo i miei figli spirituali al pari dell’anima mia e più ancora. Li ho rigenerati a Gesù nel dolore e nell’amore. Posso dimenticare me stesso, ma non i miei figli spirituali, anzi assicuro che quando il Signore mi chiamerà, io gli dirò: “Signore, io resto alla porta del Paradiso; vi entro quando ho visto entrare l’ultimo dei miei figli”. Soffro tanto per non potere guadagnare tutti i miei fratelli a Dio. In certi momenti sto sul punto di morire di stretta al cuore nel vedere tante anime sofferenti senza poterle sollevare e tanti fratelli alleati con satana».
Questo è il vero amore per il prossimo! Impariamo da san Pio ad amare anche noi così i nostri fratelli, a prescindere dal loro esteriore più o meno piacevole: tutti sono amati da Dio, e tutti sono bisognosi di salvezza. Ricordiamoci, inoltre, che tra questi “fratelli” di san Pio ci siamo anche noi: anche per ciascuno di noi san Pio ha sofferto e amato. È anche grazie alla sua potente intercessione che il Paradiso ci attende.
di Suor M. Virginia di Gesù, Il Settimanale di Padre Pio, N. 20/2023