La Santa Messa celebrata da san Pio aveva dell’incredibile. Il Santo prendeva parte al mistero eucaristico con tutto se stesso, rivivendo in prima persona il Sacrificio della nostra Redenzione. Trasfigurato nell’anima e nel corpo, presentava i segni della Passione scolpiti nelle sue mani e nei suoi piedi, a testimonianza ancor più evidente di quella che era tutta una vita di conformità a Cristo, il cui vertice supremo era raggiunto nella Santa Messa.
A chiunque gli chiedesse come poteva stare tutto il tempo della Celebrazione ritto sulle piaghe doloranti, rispondeva che quando si trovava lì sul “Calvario”, non era più in piedi, ma “appeso” come Gesù Crocifisso. Quante volte, ad esempio, si vedevano scorrere delle gocce di sangue dalle sue mani piagate fin sui lini dell’altare.
Privilegio e onore particolarissimi erano riservati, poi, ai chierichetti o a qualsiasi persona che avesse ricevuto l’incarico di servire la Santa Messa di padre Pio.
Oltre ai bambini, ai giovinetti e ai frati, che erano soliti svolgere tale incarico, autorità religiose e civili, persone di alto rango o personalità eminenti in qualsiasi campo si alternavano e salivano all’altare al fianco del Padre. A questi era concessa la grazia specialissima di poter sostare vicinissimi al Santo, con la possibilità di poter osservare ogni suo gesto e movimento.
Nel periodo in cui la nuova chiesa di Santa Maria delle Grazie non era stata ancora costruita, padre Pio, ritenendosi indegno di celebrare all’altare centrale della Madonna, diceva la Messa all’altare di san Francesco. Ogni mattina, a detta dei presenti, vi era il solito frate che chiedeva al Padre: «Padre spirituale, chi serve la Messa stamane?». E così tale onore veniva concesso a qualcuno dei presenti, scelto proprio da san Pio.
Fu la volta, un giorno, e anche per più giorni consecutivi, del diletto figlio spirituale Giovanni Bardazzi, meglio noto come “Giovanni da Prato”. L’uomo, dapprima lontano da Dio, divenuto ormai uno dei figli spirituali più amati e prediletti da padre Pio, tempo addietro forse non avrebbe mai immaginato di poter stare così a stretto contatto col Padre e, addirittura, in ginocchio su quel “Calvario”, accanto a lui che si immolava in unione a Gesù Crocifisso. In ginocchio... sì, in ginocchio per tutta la durata della Celebrazione che, nel caso di san Pio, non era mai inferiore a un’ora e mezza e poteva superare anche le tre ore. Per il povero Giovanni, per niente abituato a stare tanto tempo in ginocchio, quella posizione doveva risultare un vero e proprio sacrificio, quasi equiparato a un martirio, come lui stesso racconta. Provava, infatti, un indicibile “tormento” ogni qual volta doveva servire la Santa Messa, trovandosi anche talmente stretto tra la balaustra e la predella da non riuscire neppure a muoversi.
L’unico sollievo per il nostro buono e volenteroso uomo, sebbene di pochi istanti, giungeva al momento dell’Offertorio, quando si poteva alzare per porgere le ampolline al celebrante, versargli l’acqua per il lavabo e ripiegarne il manutergio. E fu così per tre giorni di seguito.
Mai manutergio fu piegato e ripiegato tante volte, come quello che passava tra le mani del Bardazzi: l’eroico chierichetto, quasi a muover a compassione, cercava di allungare così, il più possibile, il tempo di quell’azione, in modo tale da non doversi subito inginocchiare di nuovo, lasciando alle ginocchia indolenzite ancora un poco di conforto. Bisognava però rimettersi presto in posizione e continuare fino alla fine.
Alla mattina del quarto giorno, padre Pio scelse ancora Giovanni da Prato come suo inserviente ma, ahimè, il frate dovette rispondere negativamente al Padre, dato che di Giovanni non se ne vedeva neppure l’ombra. «Giovanni non ci sta!», aveva annunciato in tutta semplicità e risolutezza il fraticello. «Ci sta, ci sta!», aveva risposto ancor più risoluto il Padre.
Giovanni, in tutta sincerità, confesserà poi che quel mattino si era nascosto ben bene in chiesa, in un posto in cui san Pio non l’avrebbe mai potuto vedere... e neppure il fraticello. Ma, dato che “coi santi non si scherza”, fu proprio il nostro Santo a recuperare il chierichetto di quella mattina. Scovatolo lì nascosto, lo incoraggiò col dirgli: «Fatti avanti!», accompagnato da una paterna pacca sulla spalla. E così, unico sollievo del giorno per Giovanni, di nuovo lì in ginocchio, oltre al consueto “interminabile” Offertorio, furono dei cuscinetti che Cleonice Morcaldi gli aveva procurato, accortasi con occhio vigile e materno del suo giornaliero tormento.
Piccoli e semplici episodi, questi, della vita ordinaria e nel contempo tanto straordinaria di san Pio, che ce lo presentano attento e paterno nel seguire e far crescere i suoi figli spirituali. Da lui, infatti, questi hanno appreso l’amore al sacrificio, la generosità fino all’immolazione, l’accettazione dell’umiliazione, tutto per amore di Dio e del prossimo, nel vero spirito cristiano. Ognuno nel suo campo, secondo le sue capacità e potenzialità, veniva stimolato dal Santo a dare sempre di più e a non risparmiarsi nel sacrificio, che è tanto prezioso e che ci rende tanto più simili a Gesù, quanto più sarà abbracciato volentieri, senza lamenti. Così, ad esempio, attraverso il “tormento delle ginocchia” del nostro Giovanni unito all’immolazione sul “Calvario” di padre Pio, chissà quante anime si sono salvate o quante, dal Purgatorio, sono salite al Paradiso proprio per questi piccoli atti di generosità.
Non è sempre facile comprendere il pensiero dei santi, e ancor meno seguirlo, ma bisogna essere certi che è quello che ci porta più in alto e che ci unisce più a Dio. Allo stesso modo, con san Pio, si era sicuri di non sbagliare mai e di potersi fidare ciecamente delle sue cure spirituali, certi di seguire la strada più giusta, quella senza traviamenti, quella che, seppur dolorosa, non avrebbe avuto altro traguardo che il santo Paradiso.
di Suor M. Lilia Ciampa, Il Settimanale di Padre Pio, N. 12/2023