Gesù è calunniato e condannato. Dobbiamo imitarlo anche in questo...? I santi ci mostrano dove può e vuole giungere l’amore. Questo periodo quaresimale è il tempo propizio per approfondire il nostro amore e la nostra rassomiglianza al Cristo.
Se c’è una cosa che ripugna alla natura è proprio il subire calunnie, torti, maldicenze e persecuzioni. L’epoca contemporanea, poi, sembra ancor più intessuta di falsità e assistiamo spesso all’azione mediatica capace di distruggere una persona o di esaltarla a seconda dell’interesse e del capriccio del momento. Anche negli ambienti di lavoro, spesso, si arriva a situazioni insostenibili, tanto che si fa sempre più frequente quell’insieme di pressioni psicologiche definibili con la parola “mobbing”, dove il mal capitato è perseguitato ed emarginato fino all’esaurimento. Non sono pochi i casi anche di suicidio a causa di queste dinamiche di potere e di ambizione. Questo è lo spirito del mondo, dove il “mentitore” per eccellenza, ossia il diavolo, “soffia” e infonde odio, invidia, desiderio di prestigio e dei primi posti a qualsiasi costo.
Ma le calunnie, le persecuzioni, le pressioni psicologiche e i tradimenti che fanno più male sono quelli che avvengono in famiglia, da parte di chi dovrebbe volerci bene. Il cristiano, però, in tutte queste situazioni – che possono variare per intensità e modalità – è chiamato a vivere in modo soprannaturale ogni ostacolo di questo genere, tenendo sempre davanti agli occhi l’esempio impareggiabile di Gesù calunniato, perseguitato e condannato. In verità, se si legge bene il Vangelo, la calunnia, l’invidia e l’odio nei confronti dell’uomo-Dio non li troviamo solo nelle pagine che trattano della Passione. Già quando i Re Magi giunsero a Betlemme iniziò la persecuzione, che perdurò per tutta la vita pubblica. Anche i parenti di Gesù, durante la sua predicazione, andarono a «prenderlo» perché lo consideravano «fuori di sé» (Mt 3,21). La decisione di ucciderlo – e Pilato lo sapeva bene – fu per motivi d’invidia: dopo il miracolo della risurrezione di Lazzaro la fama di santità di Gesù aveva raggiunto il culmine e dava troppo fastidio.
I santi, come in uno specchio, hanno potuto rivivere questa tappa del cammino di Gesù verso l’immolazione totale considerandola un privilegio, la vera “letizia”, come direbbe il Poverello d’Assisi, san Francesco.
Nella vita di santa Veronica Giuliani leggiamo di come il demonio abbia posto in atto tutta una serie di tattiche a danno della Santa, servendosi persino delle consorelle e dei superiori. Il diavolo arrivava ad assumere le sue sembianze fisiche e si mostrava così alle suore, compiendo mancanze e stravaganze che la Giuliani non avrebbe mai fatto. Il tutto per screditarla e alimentare sentimenti negativi verso di lei.
San Daniele Comboni morì più per i dispiaceri ricevuti a causa di calunnie pesantissime, che per le fatiche apostoliche del suo immenso apostolato missionario.
Più recente ancora è la figura di suor Rita Montella († 1992) della quale si sa come la Madonna stessa le apparve chiedendole di offrirsi a nuove persecuzioni e disprezzi da parte delle sue consorelle. Il demonio arrivava a suscitare cose molto cattive e umilianti contro quest’anima purissima, la quale era anche stigmatizzata.
Anche a noi, nel nostro piccolo, a volte è data tale “opportunità”, spesso si tratta di incomprensioni, poi può capitare che si aggiunga qualche calunnia e via via qualcosina di più pesante. La nostra reazione fa la differenza. Ogni calunnia, infatti, viene naturalmente recepita come “una pugnalata al cuore”, tanto più se proviene da persone che amiamo. Ecco l’occasione giusta per imitare da vicino Gesù e poter condividere qualcosa con Lui. Facile dirlo a parole, è vero... Eppure l’innocentissimo Gesù si è lasciato giudicare da tutti, fino a sottoporsi a un processo dopo l’altro, subendo percosse, sputi e anche lo scherno di essere rivestito di una candida veste che lo designava come “pazzo”, solo perché non aveva accontentato la vana curiosità di Erode che pretendeva da Lui un miracolo davanti ai suoi occhi (cf Lc 23,8-11).
Gesù tace, non si difende. Il Giudice del mondo, trovandosi nel pretorio, conosceva bene i cuori dei suoi beneficati, cambiati improvvisamente in accusatori che desideravano la sua morte. Pilato stesso era consapevole di mettere a morte un innocente.
Al riguardo, merita di essere riportato lo straordinario esempio del beato card. Luigi Stepinac. Il falso processo che il beato Stepinac subì tra il 1945 e il 1946 fu veramente un “rivivere la Passione del Cristo”; lui stesso a distanza di anni, ricordando quei giorni e quegli eventi, lasciò scritto: «Se qualcuno continuasse a spiegarmi la Passione di Gesù per 100 anni, non la capirei mai così profondamente come l’ho capita e vissuta durante il mio processo». Inoltre, dopo l’assurda sentenza, fu portato nella prigione di Lepoglava, a 60 km da Zagabria, e qui avvenne un fatto che riecheggia il miracolo riportato dall’evangelista prediletto nell’orto degli ulivi (cf Gv 18,4-6); san Giovanni, infatti, fu testimone oculare della cattura di Gesù e della manifestazione della sua divinità, quando, rispondendo: «Sono io» (Gv 18,5), tutti i presenti caddero a terra, per una forza a loro incomprensibile che usciva dalla sua Persona divina.
Nel caso dell’arcivescovo di Zagabria, è ormai un fatto storico molto famoso ciò che accadde al suo arrivo al carcere di Lepoglava: alla moltitudine di prigionieri lì presenti era stato dato ordine di accoglierlo in malo modo; tuttavia, per una forza di cui anch’essi non compresero l’origine, appena lo videro si inginocchiarono ai suoi piedi per ricevere la sua benedizione. Ancora una volta si manifestava la maestà del Cristo Re, in questo caso attraverso un suo rappresentante.
Tutta la vita del Beato fu segnata da calunnie e anche oggi rimane una figura scomoda perfino in diversi ambienti ecclesiali che scendono a compromessi con le ideologie del momento.
I santi, dunque, ci insegnano che l’amore ci dà la forza di «accettare con gioia, benedicendo, ringraziando con diletto ogni disprezzo, ogni scherno, derisione, violenza, ogni umiliazione, ogni oltraggio, ogni cattivo trattamento, le percosse, gli schiaffi, perché sono altrettanti elementi di rassomiglianza col nostro beneamato Gesù! Mai dobbiamo dire da noi stessi “basta”, quando si tratta di mortificazioni e sofferenze, perché mai raggiungeremo i dolori del Calvario, del Getsemani, del pretorio, mai raggiungeremo le sofferenze del nostro Beneamato», come affermava sapientemente san Charles de Foucauld.