Nelle Fonti Francescane leggiamo questa significativa testimonianza riportata dal beato Tommaso da Celano nella Vita seconda di San Francesco d’Assisi sulla morte di san Francesco rivelata ad alcuni santi frati e sull’entrata del Serafico Padre nel Regno dei cieli: «In quella notte [della morte di san Francesco d’Assisi] e alla stessa ora, il padre glorioso apparve ad un altro frate di vita lodevole, mentre era intento a pregare. Era vestito di una dalmatica di porpora, e lo seguiva una folla innumerevole di persone. Alcuni si staccarono dal gruppo per chiedere al frate: “Costui non è forse Cristo, o fratello?”. “Sì, è lui”, rispondeva. Ed altri di nuovo lo interrogavano: “Non è questi san Francesco?”. E il frate allo stesso modo rispondeva affermativamente. In realtà sembrava a lui e a tutta quella folla che Cristo e Francesco fossero una sola persona.
Questa affermazione non può essere giudicata temeraria da chi sa intendere bene, perché “chi aderisce a Dio diventa un solo spirito” con Lui (1Cor 6,17) e lo stesso Dio “sarà tutto in tutti” (cf 1Cor 12,6)» (FF 814).
Espressivo questo breve episodio che scolpisce l’immagine di Gesù in san Francesco d’Assisi a tal grado di perfezione da non distinguersi più l’uno dall’altro. Per questo, difatti, e con non minore valore di autorità, la liturgia definisce san Francesco d’Assisi «fedelissima immagine di Cristo Crocifisso» (dal Prefazio della Santa Messa).
Questo episodio riguardante san Francesco d’Assisi nella sua straordinaria conformità e somiglianza anche fisica, si può ben dire, con Cristo «povero e crocifisso» (FF 692) serve bene per immettere subito padre Pio da Pietrelcina sulla pista agiografica a lui più congeniale, sia perché egli è un francescano, figlio del Poverello d’Assisi, sia perché anch’egli è uno stigmatizzato, ben somigliante al suo Serafico Padre.
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Il Volto di Gesù in padre Pio da Pietrelcina ha riflessi particolari segnati in profondità dalla sua configurazione spirituale certamente non comune. È evidente in padre Pio il peso di una realtà carismatica così eccezionale che impegnerà senza fine gli studiosi della teologia mistica a tutti i livelli di ricerca anche interdisciplinare. E questo peso appare segnato ad evidenza dalla linea conformativa alla figura stessa e alla missione di Cristo.
Nel Vangelo possiamo tutti scoprire il Volto di Gesù. Volto teandrico. Volto umano. Volto divino. Volto di bimbo. Volto di adulto. Volto paterno. Volto compassionevole. Volto trasfigurato. Volto sdegnato. Volto appassionato. Volto crocifisso... Chi potrà mai esaurire, in effetti, le espressioni delle fattezze reali di un Volto umano e divino insieme?
Ma già questa ricchezza e varietà di espressioni erano presenti, si può dire, nel volto di padre Pio, segnate pressoché sempre da un quid arcano non afferrabile né misurabile, che sfuggiva ad ogni dimensione soltanto umana trascendendola in modo quasi imperativo e sovrano, ma con naturalezza, senza ombra di posa o di maniera o di forzatura qualsiasi. Padre Pio appariva come un mistero anch’esso umano-divino, sia pure in misura ridotta, e tale mistero ne avvolgeva l’intera figura, e in particolare il volto. È testimonianza moltiplicabile indefinitamente. Gli occhi, i sorrisi, la tristezza, lo sdegno, la dolcezza, la durezza, le lacrime, le parole sferzanti: chi è colui che ha visto padre Pio, che ha conosciuto padre Pio da vicino, e non ricorda tutto ciò? Il suo volto s’irradiava o s’incupiva per cose che non si udivano né si vedevano da altri che da lui. Il suo volto tradiva operazioni ad intra inafferrabili e inspiegabili a chicchessia. I suoi occhi, in particolare, penetravano e scrutavano al di là del visibile e del sensibile, leggendo nei cuori e nelle anime come in un libro aperto.
Insegna san Giovanni della Croce che ogni fenomeno mistico di natura anche fisica si diparte sempre da una radice spirituale ad intra che matura, fiorisce e si manifesta quindi ad extra. E san Francesco di Sales, infatti, spiega bene che il fenomeno mistico fisico delle stigmate di san Francesco d’Assisi fu la proiezione e manifestazione esterna del mistero della Crocifissione di Cristo già tutto presente e operante in lui, da molto tempo, nell’intimo del cuore, come è attestato espressamente nelle stesse Fonti Francescane (n. 594).
Se padre Pio è stato visto, chiamato e considerato da molti un vero “Gesù visibile”, ciò significa che già nell’intimo egli era pieno di Gesù, aveva assimilato Gesù, si era fatto assorbire da Gesù, vivendo l’arcana esperienza di san Paolo che scrive: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20).
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In particolare, poi, riguardo al Volto di Gesù riflesso nel volto di padre Pio, l’evidenza dell’identificazione si può dire che apparisse primaria e a volte pressoché totalizzante. Infatti, era soprattutto guardando padre Pio nel volto che si poteva provare netta l’impressione di vedere riflesso nel suo il Volto stesso di Cristo con i suoi lampeggiamenti negli occhi, i sorrisi celestiali, le contrazioni di dolore, la concentrazione intensissima, la trasfigurazione di sguardi e lacrime.
Chi scrive ricorda bene tutto questo, impresso indelebilmente nella memoria. Il Volto di Gesù, il volto di padre Pio: due volti in uno, ambedue irradiazione del divino nell’umano e attraverso l’umano, senza diaframmi, quasi a identificarsi, per attimi lunghi o brevi, agli occhi stupefatti dei presenti, incapaci di sottrarsi a quella così arcana visibilità del divino partecipata dal Volto di Cristo al volto di padre Pio.
Forse la configurazione migliore del volto misterioso di padre Pio è quella dell“icona” del Volto di Cristo. Si sa che l’“icona”, a differenza di ogni altra raffigurazione pittorica, condensa in sé una sorta di “presenza celeste”, particolarmente avvertita – soprattutto dai cristiani d’Oriente – per la forza evocativa che l’immagine iconica provoca in chi la guarda e la prega.
L’impressione più forte che colpiva la vista e incideva nell’animo era particolarmente quella che si provava guardando padre Pio all’atto della Consacrazione del pane e del vino durante la sua celebrazione della Santa Messa. A quel punto, in quei lunghi minuti di tempo che durava il mistero della Consacrazione eucaristica, si può dire che il volto di padre Pio diventasse visivamente un’impressionante “icona” del Volto di Cristo durante la Crocifissione. Senza tema di esagerazione, chi scrive ha visto e può attestare tutto ciò, pur mancando i termini adeguati per descrivere la realtà dolorosa delle espressioni sofferte del volto di padre Pio e lo stupore struggente che ogni volta si provava a guardare quel volto in quei momenti così arcani e sovrumani.
«Sul volto pallidissimo, trasfigurato – è stato scritto –, erano visibili dolorose contrazioni che lo facevano vibrare» [1]. «Sul volto di padre Pio – ha scritto il Fallani – passavano le vibrazioni interiori della sua anima, scossa dal memoriale della Passione vissuto minuto per minuto nella liturgia eucaristica» [2].
La lista delle citazioni potrebbe allungarsi senza limiti con testimonianze dirette di personalità ai massimi livelli che richiamano a esperienze agiografiche del passato più remoto (ad esempio, nei riguardi di sant’Antonio di Padova) a quelle più recenti (ad esempio, nei riguardi di sant’Elisabetta della Trinità della quale è stato scritto che «il suo volto emaciato e irriconoscibile assumeva talvolta in modo impressionante i lineamenti dolorosi del Santo Volto. Sembrava un Cristo in croce») [3].
Dopo la celebrazione della Santa Messa, invece, di solito padre Pio «aveva il viso splendente – afferma un altro teste diretto –, di un roseo di fiamma [...]. Era così il volto di Mosè, quando scendeva dal Sinai, dopo il colloquio col Signore?» [4]. E un altro testimone oculare, in pagine profonde di analisi sugli scritti e sulla vita di padre Pio, ha potuto affermare con acutezza di indagine e di riflessioni che in padre Pio, esaminato dall’interno e dall’esterno, si attua e si coglie il mistero della trasformazione in Cristo fino al punto che «il processo tocca il culmine: e con lui si ha non soltanto un “alter Christus”, non soltanto un avviamento alla “identitas Christi”, ma addirittura l’idem Christus!» [5].
In una pagina da letterato di alto profilo, il brillante scrittore Giambattista Angioletti ha descritto ciò che maggiormente lo colpì nella sua visita a padre Pio da Pietrelcina, ossia il volto non comune del Frate stigmatizzato. Egli definisce il volto di padre Pio un volto «affascinante» con gli occhi «percorsi da un lampeggiare continuo, occhi di una purezza di diamante», occhi «grandi, neri e belli», ancor più «illimpiditi», nei quali davvero «si contemplava la grazia di Gesù Cristo» [6].
Si è ben lontani, qui, dalle descrizioni di quei pii volti oleografici così graditi a una certa letteratura devozionistica, ferma alle apparenze che commuovono mentre rifugge dal mistero di quei volti trasfigurati che colpiscono e magari sconvolgono. Il Santo Volto di Cristo, così dolce e insieme maestoso nella sagoma della celebre Sindone, aiuta a scavalcare le impressioni di volti che nella loro bellezza anche non comune rivelano soltanto una dimensione umana che non trascende in nulla l’umano, mortificando la dimensione più nobile e sovrana dell’uomo, che è quella tutta interiore e spirituale riflessa e irradiata soprattutto dai lineamenti e movimenti del volto animato dalla divina grazia, che riflette il Volto umanato del Tre volte Santo.
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Se è vero che il richiamo primario del Santo Volto di Gesù è al mistero della sua Crocifissione e Morte per la Redenzione universale, è anche vero che tale richiamo costituisce il cuore della spiritualità cristocentrica francescana vissuta ai livelli più alti dell’esperienza mistica, anche fisica, dal Serafico Padre san Francesco, espressa dottrinalmente sul piano della più elevata teologia mistica dal Dottore Serafico, san Bonaventura da Bagnoregio.
Nella storia degli stigmatizzati certamente l’esperienza dell’assimilazione di padre Pio al Crocifisso resta unica e ineguagliabile, segnata al vivo e realmente scolpita, si può dire, dalle parole di san Paolo apostolo: «Sono crocifisso con Cristo in croce» (Gal 2,19) e «porto nel mio corpo le stigmate del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,17).
Nell’accurata indagine sul magistero spirituale di padre Pio da Pietrelcina, infatti, il padre Melchiorre da Pobladura ha potuto scrivere che «indubbiamente il richiamo alla Croce è una delle “costanti” dell’insegnamento di padre Pio. È un pensiero dominante, facilmente individuabile nel sottofondo del suo magistero» [7]. Nel cammino della vita spirituale, secondo padre Pio – afferma ancora il Pobladura –, è essenziale «incontrarsi vitalmente con Cristo Crocifisso» [8], aiutati e accompagnati dalla sua divina Madre Maria, la «cara Corredentrice» [9].
«Tieni nel tuo cuore Gesù Crocifisso»: è questa una delle espressioni più frequenti uscite dalla penna di padre Pio nelle sue lettere di direzione spirituale [10]. E in un’altra lettera di direzione spirituale raccomanda di guardare al Crocifisso, di «avere gli occhi sempre fissi su Colui che vi guida» [11]. E il Volto di Gesù prediletto da padre Pio resta appunto quello doloroso della Sindone, ossia il Volto di Gesù Crocifisso, mentre passa in second’ordine, per lui, il Volto glorioso di Gesù Risorto. «Gesù glorificato è bello – scrive espressamente padre Pio –; ma quantunque Egli sia tale, sembrami che lo sia maggiormente crocifisso» [12]. «Quanto è bello il suo Volto – scrive ancora – e dolci i suoi occhi» [13].
«Nei suoi insegnamenti e nelle sue esortazioni – rileva attentamente il padre Melchiorre in una pagina di acuta analisi – egli mette l’accento più sulla morte ignominiosa del Cristo, che sulla sua trionfale Risurrezione» [14], e questa impostazione «sembra più consona ed anche più intelligibile alla natura umana decaduta» [15], giacché «lo stato di morte è, si può dire, più connaturale e consustanziale alla vita dell’uomo che non quello di gloria. La vita umana è intessuta di spine [...]. Orbene, presentare come sostrato di questo faticoso cammino la vita gloriosa del Cristo risorto è in certo modo invitare quasi a vivere fuori del tempo presente e a cullarsi nel futuro. La Risurrezione è il termine escatologico del cristiano, la morte invece, simboleggiata nella Croce, è lo stato attuale di ogni persona in qualunque condizione di vita si trovi.
In altre parole la sapienza della Croce si addice più che la sapienza della Risurrezione alla vita presente... Realisticamente, pertanto, la vita cristiana deve essere orientata sotto il segno della Croce, più che vista e contemplata sotto lo splendore della Risurrezione» [16].
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Al termine di questo rapido excursus sul Volto di Gesù in padre Pio, possiamo concludere che gli sguardi d’amore del Santo erano tutti per Gesù Crocifisso. Questi sguardi erano di una frequenza e di un’intensità amorosa così particolare da rivelare, senza posa o forzatura alcuna, una partecipazione amorosa di sofferenza viva e immediata. Chi scrive ricorda bene che i figli spirituali avevano un’attenzione particolare nel portare a padre Pio i crocifissi da benedire; e padre Pio ad ogni crocifisso rivolgeva, con la benedizione, uno sguardo prolungato che rapiva e commuoveva tutti i presenti. Quale mistero visibile di comunione, in quei momenti, fra il Santo Volto di Gesù Crocifisso e il volto di padre Pio, anch’egli crocifisso!
Note
1) G. Preziuso, Padre Pio un martire, Editrice Sveva, Lucera 1985, p. 94.
2) Riportato in ivi, p. 95.
3) Riportato da B. Martignetti, Il Volto Santo, Atripalda 1958, pp. 32-33.
4) C. Capobianco, Detti e aneddoti di Padre Pio, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1973, p. 77.
5) S. Panunzio, Solo nel mistero di Dio, Cantagalli, Siena 1992, pp. 25-26.
6) Riportato da padre A. da Ripabottoni, Padre Pio da Pietrelcina. “Il cireneo per tutti”, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1978, pp. 284, 286. Riguardo agli “occhi” e alle “lacrime” di padre Pio è bellissima anche la testimonianza del padre Giovanni da Baggio, frate cappuccino toscano, coetaneo e figlio spirituale di padre Pio. In un incontro molto familiare, osservando da vicino e tastando gli occhi di padre Pio, il padre Giovanni da Baggio ha scritto che «i suoi occhi sono belli quando guarda di fronte, ma quando li alza al cielo non hanno più la stessa bellezza. Il bulbo allora si scopre troppo e lascia vedere un occhio come emerso da un profluvio di lacrime» (padre G. da Baggio, Padre Pio visto dall’interno, Firenze 1970, p. 15).
7) Padre M. da Pobladura, Alla scuola spirituale di padre Pio, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1997, p. 182. In un’altra pagina dello stesso studio è scritto che padre Pio «vive intensamente il dolore del suo Signore Crocifisso ed alla scuola del Crocifisso educa le anime affidategli» (p. 196).
8) Ivi, p. 183.
9) Ep. I, p. 384.
10) Ep. III, p. 186. Si veda anche p. 503: «Rappresenta alla tua immaginazione Gesù Crocifisso tra le tue braccia e sul petto».
11) Ep. III, p. 537.
12) Ep. III, p. 304.
13) Ep. III, p. 405.
14) Padre M. da Pobladura, Alla scuola spirituale di padre Pio, p. 192.
15) Ibidem.
16) Ivi, p. 193. Molto attuale e opportuno questo insegnamento di padre Pio da Pietrelcina, che mette in guardia dalle idee aberranti di chi oggi vorrebbe vedere messa in un cantuccio la spiritualità della Passione, sostituita in toto dalla spiritualità della Risurrezione, dalla “spiritualità dell’alleluia”. L’aberrazione equivale alla negazione della realtà più vera e presente nell’uomo – il peccato – contro cui vale soltanto e sempre la sofferenza redentiva: «Sine sanguinis effusione non fit remissio [Senza effusione di sangue non c’è redenzione]» (Eb 9,22).