L’esperienza e l’esempio del Santo del Gargano c’insegnano che, sì, la santità è una chiamata per tutti, ma la strada per conseguirla è in salita: una scalata alla conquista delle virtù per giungere all’unico vero modello, Gesù Cristo.
«Il grande segreto della santità – ha scritto san Josemaría Escrivá – si riduce ad assomigliare sempre più a Lui, che è l’unico e amabile Modello» (Forgia, n. 752). Ma per arrivare a questo “unico e amabile Modello”, Gesù, bisogna percorrere un cammino intessuto di eroismi quotidiani nel compimento dei piccoli doveri di ogni istante. «Senza dubbio – ha scritto ancora san Josemaría – è un obiettivo elevato e arduo. Ma non dimenticate che santi non si nasce: il santo si forgia nel continuo gioco della grazia divina e della corrispondenza umana» (Amici di Dio, n. 7). Questo gioco divino di domanda e risposta tra il Creatore e la sua creatura porta l’uomo a spogliarsi dell’uomo vecchio carico di vizi e a rivestirsi dell’uomo nuovo adorno di virtù. «Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo – ci dice san Paolo –, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità» (Ef 1,4-6), e questa scelta gratuita da parte del Signore addita all’uomo un fine ben preciso: la santità personale.
La santità, come ribadisce il Concilio Vaticano II, non è oggetto di lusso e patrimonio esclusivo di pochi ma è per tutti (cf LG 39), perché non sono le cose straordinarie, come i miracoli, i carismi, le estasi, le rivelazioni, ecc., che fanno il santo, ma le cose ordinarie fatte straordinariamente bene e per amore. Il santo, quindi, è colui che ha vissuto con eroicità tutte le virtù cristiane nello stato di vita in cui la volontà di Dio lo ha posto, e un’evidente conferma di quanto detto la troviamo nel pontificato di san Giovanni Paolo II. Sono stati da lui proclamati santi o beati molti fedeli cristiani di tutte le epoche, anche di tempi recenti, e delle più diverse condizioni: sacerdoti e laici, religiosi, persone sposate, deceduti ad un’età veneranda o chiamati dal Signore ancora giovani. Ciascuno di essi presenta dei tratti caratteristici ma in tutti ugualmente si avverte un comune denominatore: hanno preso sul serio l’impegno radicato nel Battesimo e, pur non essendo esenti da debolezze, nel corso della loro esistenza hanno risposto giorno dopo giorno alla grazia di Dio nella pratica eroica delle virtù. C’è da rimanere veramente stupiti di fronte alla grande varietà di fiori che si possono trovare nell’aiuola della santità, diversi l’uno dall’altro ma accomunati da un’unica cosa: le virtù.
Uno di questi fiori, forse tra i più belli e senza dubbio tra i più rari, è stato proprio il nostro padre Pio da Pietrelcina che già durante la sua vita godeva vasta fama di santità dovuta proprio alle sue virtù, a quelle virtù che, esercitate in grado eroico nel costante rinnegamento di se stesso, l’hanno reso mirabilmente conforme all’“unico e amabile Modello”: «Per arrivare a raggiungere l’ultimo nostro fine – scriveva il Santo alla vigilia dell’Assunta del 1914 – bisogna seguire il divin Capo, il quale non per altra via vuol condurre l’anima eletta se non per quella da Lui battuta; per quella, dico, dell’abnegazione e della Croce» (Ep. II, p. 55). Padre Pio praticò tutte le virtù cristiane fin da fanciullo, dandone prova in circostanze difficili e tra sofferenze senza interruzione, tanto da essere chiamato dai suoi compaesani “o santariello”. Chi non conosce la fede viva e la speranza certa che lo sostenevano nelle più dure prove; la carità ardente verso Dio e il prossimo che lo bruciava senza tregua; l’umiltà profonda che lo faceva apparire ai suoi stessi occhi il più grande peccatore del mondo; l’obbedienza cieca a Dio, ai direttori spirituali, ai superiori, alle regole, nelle piccole come nelle grandi cose, tra incomprensioni e umiliazioni senza numero; la povertà serafica che lo portò a spogliarsi di tutto e a non desiderare altro che Dio; la purezza divina che, conservata tra rigorose mortificazioni, lo faceva apparire agli altri più simile a un angelo che a un uomo; la perfetta letizia che lo faceva gioire anche in mezzo ad atroci sofferenze. E che dire poi della sua fortezza, temperanza, giustizia, prudenza, dolcezza, mortificazione, amabilità, mansuetudine, docilità, ecc.?
In una lettera a Erminia Gargani egli così scriveva raccomandandole caldamente la pratica delle virtù: «Orsù, figlia mia, [...] pratica le piccole virtù [...]: la pazienza, la tolleranza col nostro prossimo, l’umiltà, la dolcezza, l’affabilità, la sofferenza delle nostre imperfezioni ed altre molte virtù. Ti raccomando la santa semplicità, come virtù che mi sta molto a cuore» (Ep. III, pp. 683-684). E tale raccomandazione padre Pio la rivolge anche a noi, perché «questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione» (1Ts 4,3), e il mezzo per realizzarla è unico: la pratica delle virtù.
Padre Pio ci sia modello perché con cuore magnanimo possiamo anche noi scalare la montagna della perfezione, senza mai adagiarci al piano, paghi della nostra “aurea mediocrità”.