ATTUALITÀ
La grande eredità che ci lascia papa Ratzinger
dal Numero 4 del 17 gennaio 2023
di Riccardo Pedrizzi

Benedetto XVI è stato sempre in prima linea nel combattere la battaglia spirituale per riaffermare e ribadire la necessità per l’Europa e per l’Occidente di non smarrire il ricordo e l’ancoraggio alle sue radici profonde. Egli ci ha insegnato molto e dobbiamo farne tesoro.

«Cari fratelli e sorelle, dopo il grande papa Giovanni Paolo II i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del suo aiuto permanente andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà, Maria sua Santissima Madre sta dalla nostra parte». Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, si presentò al mondo nel giorno della sua elezione con questa breve, sobria e intensa dichiarazione. Una dichiarazione di fede e di intenti da cui emerse la personalità impersonale e l’umiltà di una figura altissima caratterizzata da uno stile e da uno spessore che tutti, sostenitori e avversari, hanno sempre riconosciuto a questo grande teologo tedesco salito al soglio di Pietro, in un momento, peraltro, molto particolare per la Chiesa e per l’Occidente cristiano. 
Una congiuntura storica che lo stesso Pontefice più volte illuminò con una riflessione severa e drammatica e pure piena di speranza e di fede per il futuro. 
Già stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, custode del magistero cattolico, papa Ratzinger rappresentò quella parte del Cattolicesimo che, pur non rinunciando a portare uno sguardo sempre nuovo sulla realtà del mondo, riteneva che il vero e ultimo ancoraggio della Chiesa e della comunità dei fedeli dovesse essere la Tradizione perenne del Cattolicesimo, le verità di cui essa è custode, la centralità di quell’avvenimento rivoluzionario che è l’Incarnazione di Cristo nel mondo e sulla terra.
Ratzinger, prima della sua elezione al soglio pontificio, era già intervenuto con durezza anche sulle contraddizioni interne alla Chiesa, non solo affrontando i suoi errori teologici interni, come la teologia della liberazione – che costituisce oggettivamente un’apostasia del messaggio evangelico e un suo trascinamento sul piano della lotta politica – ed i suoi “accomodamenti” al mondo, ma anche alzando il velo su fenomeni di corruzione e decadenza morale e dottrinaria di cui alcuni rappresentanti della Chiesa di Roma erano stati protagonisti. 
Ma soprattutto Ratzinger è stato sempre in prima linea nel combattere la battaglia spirituale per riaffermare e ribadire la necessità per l’Europa e per l’Occidente di non smarrire il ricordo e l’ancoraggio alle sue radici profonde. Nel dibattito sulle radici dell’Europa Ratzinger, in qualità di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva rammentato i rischi della deriva relativista, dello smarrimento della propria identità spirituale, di un pensiero debole che presentandosi come veicolo di apertura e tolleranza finisce, invece, con il cancellare ogni punto di riferimento, aprendo la strada a ideologie nichiliste che eliminano ogni possibilità di verità e ogni riferimento etico. Per queste sue prese di posizione Ratzinger fu attaccato duramente dal fronte laicista, definito «il più scoperto portabandiera di una concezione reazionaria del mondo»: accuse che non scossero né la serenità di papa Benedetto XVI né la sua determinazione. Questo Papa inoltre era da tempo impegnato sull’altro fronte della difesa della sacralità e del mistero della vita, minacciata dall’offensiva del fronte laicista.
In questa strategia demolitrice della società si inseriva l’altra aggressione al pilastro ideologico, culturale e sociale su cui si è retta fino ad oggi la civiltà occidentale: quello cioè della famiglia naturale. Anche su questo tema il Papa emerito, nel solco della predicazione e del magistero di Giovanni Paolo II, fu fermissimo nel ribadire che esiste un solo tipo di famiglia che è quello previsto e tramandatoci dal diritto naturale, formata da un uomo e da una donna. Del resto quello di Ratzinger, come è stato giustamente detto, è un pensiero chiaro, netto, che non lascia interstizi né dubbi né incertezze. I fondamenti di questo pensiero peraltro non sono soggettivi (ecco l’impersonalità della sua personalità cui accennavamo), ma si basano sui fondamenti della Tradizione e del magistero della Chiesa. Per convincersi di questo, per capire le intenzioni di Benedetto XVI basta del resto porre attenzione a due suoi testi: il primo è la dichiarazione Dominus Jesus da lui diffusa il 6 agosto del 2000, nel giorno della Trasfigurazione del Signore; il secondo è l’omelia pronunciata nel momento stesso dell’inizio del Conclave, dopo la quale i cardinali hanno cominciato il loro lavoro “de eligendo” pontefice. 
I fondamenti di questo pensiero dunque sono la Tradizione e il magistero della Chiesa (Dominus Jesus, n. 4). E poiché la Chiesa altro non è che il Corpo di Cristo e Cristo è l’unico Signore del Cielo e della terra e l’unico tramite attraverso il quale il Padre si rivela al mondo e lo Spirito Santo può abitare il secolo, chi è fuori dalla Chiesa è fuori dalla cattolicità. Si leggano l’intero testo della Dominus Jesus. 
Come è stato notato non ci sono troppi margini a questo assunto, tanto che anche verso le altre Chiese cristiane, pur in un atteggiamento di grande apertura e disponibilità al dialogo, vengono ribadite verità irrinunciabili: pur essendo, nella loro imperfezione, in grado di avviare i fedeli sulla via della salvezza (a motivo della validità della successione apostolica e dell’Eucaristia, nel caso della Chiesa ortodossa; o per lo meno del Battesimo, per le Chiese protestanti), esse non sono così perfette come quella di Roma soprattutto perché in alcune di esse, particolarmente quelle protestanti, è venuta meno la funzione del sacerdote come tramite esclusivo tra i fedeli e la Rivelazione, insieme con il potere di “sciogliere e legare” (cf Mt 18,18) [1]. Quanto alle altre religioni monoteiste, Ratzinger riconosce e conferma che in esse manca il mistero dell’Incarnazione, manca la Chiesa intesa come gerarchia pontificale investita di un crisma superiore, mancano i sacramenti e nello specifico il Battesimo e l’Eucaristia. 
Ma la riflessione più attenta il Papa emerito la riservava a quel mondo dove Dio è morto e alle sue aberrazioni ideologiche: libertarismo, libertinismo, sincretismo, scetticismo, marxismo, relativismo. Per questo l’Occidente, il luogo in cui si dispiega con più forza il processo della secolarizzazione, e in particolare l’Europa, tornavano ad essere terra di missione per la Chiesa di Roma: proprio per contrastare quel relativismo che consiste, come disse l’allora Santo Padre, «nel lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento» e che sta instaurando «una dittatura che non riconosce nulla come definitivo, lasciando come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Ad esso deve contrapporsi una fede adulta, radicata nell’amicizia con Cristo, la quale ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. In Cristo coincidono verità e carità. “Voi siete amici se fate ciò che io vi comando” (Gv 14,15)». Ma questa azione di evangelizzazione, questa “rivoluzione conservatrice” da portare nel cuore della modernità non deve essere una semplice operazione ideologica, qualcosa di formale o politico, che alla fine resta alla superficie. Deve trattarsi, per Ratzinger, di un’autentica rivoluzione spirituale, di un’azione di evangelizzazione reale, dove centrale resta l’incontro delle anime degli uomini con l’avvenimento cristiano. 
Da qui la diffidenza e la freddezza di papa Ratzinger per chi vorrebbe usare la Chiesa come strumento politico senza aderire ai valori della fede: una soluzione tattica che non risolverebbe il dramma della scristianizzazione dell’Occidente dove piuttosto è assolutamente necessario un ritorno forte al patrimonio identitario della cattolicità apostolico-romana, che mantenga il dialogo con tutti, ma partendo da fermissime posizioni di ancoraggio e di radicamento profondo nella propria tradizione spirituale e nella propria fede. E questa fede che deve illuminare la cultura e la vita e nello stesso tempo inculturarsi nella storia dell’uomo e dei popoli – che non è ideologia – e che deve continuamente essere alimentata dalla preghiera e dalla celebrazione della liturgia e del mistero eucaristico. 
Del resto il nome stesso assunto da Ratzinger, che si riallaccia alla memoria di Benedetto XV – il Papa che definì la prima Guerra mondiale un’“inutile strage” – è un evidente richiamo a san Benedetto da Norcia, colui che fondò l’Ordine dei Benedettini e avviò il movimento del monachesimo. San Benedetto fu il protagonista e l’organizzatore di quel primo e decisivo passo per l’evangelizzazione dell’Europa, che oggi di nuovo si rende così drammaticamente necessaria. Benedetto XVI ebbe di fronte a sé, dunque, avendolo indicato e tracciato fin dall’inizio, un cammino impervio e difficile, che però intese affrontare con quella serenità e quella letizia che testimoniavano una certezza profonda nella Provvidenza e nella necessità della vittoria cristiana.  

Nota
[1] Si legga quanto scritto nella Dominus Jesus al paragrafo 17: «Esiste quindi un’unica Chiesa di Cristo, che sussiste nella Chiesa Cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui. Le Chiese che, pur non essendo in perfetta comunione con la Chiesa Cattolica, restano unite ad essa per mezzo di strettissimi vincoli, quali la successione apostolica e la valida Eucaristia, sono vere Chiese particolari. Perciò anche in queste Chiese è presente e operante la Chiesa di Cristo, sebbene manchi la piena comunione con la Chiesa Cattolica, in quanto non accettano la dottrina cattolica del Primato che, secondo il volere di Dio, il Vescovo di Roma oggettivamente ha ed esercita su tutta la Chiesa. Invece le comunità ecclesiali che non hanno conservato l’Episcopato valido e la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico, non sono Chiese in senso proprio; tuttavia i battezzati in queste comunità sono dal Battesimo incorporati a Cristo e, perciò, sono in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa. Il Battesimo infatti di per sé tende al completo sviluppo della vita in Cristo mediante l’integra professione di fede, l’Eucaristia e la piena comunione nella Chiesa» [ndr].
 

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