“La mamma è sempre la mamma!” dice un detto ricco di sapienza. E ciò valeva anche per padre Pio: il grande mistico stigmatizzato nutriva un amore e una predilezione speciale per la sua mamma, che chiamava “mamma mia, mamma mia bella”.
«Sentirai come palpita il cuore di mamma mia», scriveva padre Pio in una lettera alla figlia spirituale Lina Fiorellini. Era infatti legatissimo alla madre e sono molti gli episodi della sua vita che dimostrano il profondo attaccamento che aveva per lei. Anche solamente la parola “mamma” evocava in lui sensazioni dolcissime. Infatti, quando il grande tenore Beniamino Gigli andava a trovarlo nel convento di San Giovanni Rotondo, padre Pio gli chiedeva sempre di cantargli “Mamma”, la famosa canzone che proprio il tenore marchigiano aveva fatto conoscere in tutto il mondo. Ma Gigli non riusciva mai ad arrivare alla fine perché il Padre si commuoveva, si alzava e se ne andava singhiozzando. Il brano gli ricordava infatti la sua adorata madre che era scomparsa una decina di anni prima, nel 1929.
La mamma di padre Pio si chiamava Maria Giuseppa Di Nunzio. Tutti la chiamavano affettuosamente Peppa. Quando nacque Francesco, il futuro padre Pio, lei aveva quasi 28 anni. Era di due anni più grande del marito, Grazio Forgione. Era una ragazza molto fine, snella e riservata. Apparteneva ad una famiglia più agiata di quella del fidanzato, ma questo non fu di alcun impedimento alle nozze che avvennero l’8 giugno del 1881.
Francesco nacque il 25 maggio 1887. Quel giorno Giuseppa era andata a lavorare come sempre in campagna con il marito, a Piana Romana, una località ad una quarantina di minuti di cammino da Pietrelcina. Tutta la gravidanza l’aveva trascorsa faticando nei campi, cosa molto comune a quel tempo. Nel pomeriggio, si era sentita male e aveva capito subito che il bimbo stava per nascere. Da sola, era tornata a casa lasciando il marito a terminare il lavoro. Quando Grazio era rientrato verso sera, Francesco era già nato.
Peppa era una mamma attenta e premurosa. Da neonato, Francesco piangeva moltissimo e così lei era sempre preoccupata perché pensava che avesse qualche misteriosa malattia se non addirittura il malocchio. Fece quindi ciò che, all’epoca e in un piccolo paesino di contadini, era abitudine per un genitore apprensivo e in ansia: consultò un indovino [1]. Peppa portò il piccolo Francesco da Giuseppe Fajella, molto noto a Pietrelcina, grande esperto di costellazioni che aveva fama di essere un veggente. Quando ebbe di fronte Francesco, Fajella consultò il “Rutilio”, un grande libro pieno di segni zodiacali. Poi diede il responso: «Questo bambino sarà onorato in tutto il mondo. Per le sue mani passeranno soldi e soldi, ma non possiederà mai nulla». Una vera profezia, vista oggi col senno di poi. Ma allora mamma Peppa pensò che il figlio fosse destinato ad andare in America per fare fortuna.
Era dolcissima ma all’occorrenza diventava anche severa. Ricordando la propria infanzia, padre Pio diceva che a volte lei lo aveva rimproverato. Raccontava: «Quando mia sorella Felicita si lavava i capelli, io le andavo dietro e di colpo le spingevo la testa nel catino per farle un dispetto. La mamma allora si arrabbiava. “Vieni qua svergognatello”, mi diceva, facendomi segno di volermi dare uno scappellotto. Però non lo fece mai».
Quando Francesco aveva 10 anni, espresse il fermo desiderio di diventare un frate. Non era però mai andato a scuola e per iniziare la vita religiosa era necessaria l’istruzione. Farlo studiare costava e così papà Grazio dovette emigrare in America. Prima andò in Brasile e poi si stabilì per tre anni in Pennsylvania, negli USA. Per tutto quel tempo, la famiglia fu sulle spalle di mamma Peppa. Era lei ad andare nei campi tutti i giorni insieme agli altri quattro figli. Faceva molti sacrifici. Partiva da Pietrelcina la mattina molto presto e a piedi arrivava a Piana Romana. Lì, nella cascina della famiglia, alloggiavano i figli. Con loro faticava tutto il giorno, poi preparava la cena e quindi, col buio, faceva ritorno in paese dove l’aspettava Francesco che era rimasto a casa a studiare. Il ragazzino si rendeva conto dei sacrifici e ricambiava la madre con un affetto infinito.
Un giorno, Peppa volle fare al figlio una sorpresa. Mentre lui era a scuola gli preparò un bel piatto di zucchine alla parmigiana. Purtroppo non si era mai accorta che a Francesco le zucchine non piacevano proprio. Quando il ragazzo fu a casa infatti, dopo aver salutato e baciato la mamma, nel sedersi a tavola vide le zucchine e le spinse da parte. Peppa rimase molto male. Ricordando l’episodio, diceva padre Pio: «Se avessi saputo che mia madre si sarebbe tanto dispiaciuta mi sarei ingoiato tutte le zucchine, ma purtroppo me ne accorsi soltanto quando lei scoppiò a piangere».
Nel 1903 Francesco entrò nel convento di Morcone per l’anno di noviziato. Staccarsi dalla famiglia e soprattutto dalla madre fu durissimo. Diceva padre Pio, pensando a quel momento: «La mamma, al momento di salutarmi, mi prese le mani e mi disse: “Figlio mio, tu mi stracci il cuore. Ma non pensare al dolore di tua madre. San Francesco ti ha chiamato e tu devi andare”. E il suo strazio era così forte che per poco non cadde a terra svenuta».
Un giorno, Peppa si presentò al convento per fare visita al figlio, portando un cesto di dolci fatti in casa. Francesco, che era diventato ormai fra Pio, la incontrò nel parlatorio, ma tenne sempre gli occhi bassi, senza parlare. La mamma era sconcertata ma non poteva sapere che il figlio doveva osservare un rigoroso silenzio di regola. Lei gli presentava i dolci e lui non emetteva suono. Mortificata diceva: «Francì e su, statti contento, sono venuta sin qui per trovarti, per vedere se stai bene e se ti serve qualche cosa».
La povera donna se ne tornò a casa triste e preoccupata. Raccontò tutto al marito, il quale partì immediatamente per Morcone per vederci chiaro. Anche di fronte a lui però, il figlio restava muto e con gli occhi bassi. Allora Grazio, che era un uomo molto spiccio, divenne una furia e si mise a sbraitare contro i frati: «Cosa avete fatto a mio figlio! Non è più lui!». Il maestro dei novizi si spaventò e allora sciolse fra Pio dall’obbedienza. E subito il ragazzo si gettò al collo del padre.
Nel 1916 padre Pio lasciò definitivamente Pietrelcina per andare a San Giovanni Rotondo. Poi, nel 1918 ebbe l’impressione delle stigmate. All’inizio il prodigio venne tenuto nascosto ma poi, dopo che un articolo su Il Mattino di Napoli del giugno 1919 aveva diffuso la notizia, divenne di dominio pubblico. La vita di padre Pio cambiò radicalmente. A San Giovanni Rotondo arrivavano ogni giorno folle di persone e il Padre sentiva già nell’aria il vento delle persecuzioni. Si rese conto che non avrebbe più potuto seguire con amore e tranquillità i propri genitori e il 7 ottobre 1919 inviò una lettera al fratello Michele. «A te affido l’esistenza e l’assistenza dei nostri genitori», scrisse. «In quanto a me, debbo rinunciare completamente a rivedere il paese nativo e forse a non rivedere giammai più i genitori e le persone a me carissime. Assistili in ogni maniera e ne avrai la ricompensa e la benedizione da Dio».
Nel 1920 mamma Peppa andò a trovare il figlio a San Giovanni Rotondo. Vi rimase più di un mese, vivendo a casa di Maria Pompilio, una figlia spirituale di padre Pio. Maria scrisse poi nelle sue memorie: «Ogni mattina Giuseppa andava alla Messa e riceveva la Comunione dalle mani del figlio. Dopo la Messa si avvicinava a padre Pio in sacrestia e voleva baciargli le mani, come facevano le altre persone, ma lui non gliel’ha mai permesso. Mortificata, la madre se ne lamentava. Alle persone che gli riferirono i lamenti della madre, disse: “Quando mai si è visto una madre che bacia la mano al figlio?”. Adorava la propria madre ma, nello stesso tempo, aveva per lei un sommo rispetto. La considerava una regina. Non voleva che si confondesse con le altre donne che si accalcavano attorno a lui».
Da San Giovanni Rotondo padre Pio si preoccupava molto della mamma. Nel 1924 consigliò a Lina Fiorellini di andarla a trovare al paesello; le disse: «La mia mamma ti aspetta: va’ a stare un po’ con lei. Ti scalderà il cuore e tu sentirai come palpita il cuore di mamma mia». Ogni tanto poi andava a Pietrelcina da mamma Peppa anche Mary Pyle, la miliardaria americana arrivata a San Giovanni Rotondo nel 1923, diventata figlia spirituale del Padre, e che si era fatta costruire una casa nei pressi del convento per potergli stare vicino. Proprio a casa di Mary Pyle, mamma Peppa andò a vivere nel dicembre del 1928. Voleva infatti trascorrere il Natale accanto al figlio. Questa volta, per potergli baciare la mano, Peppa ricorse ad uno stratagemma. Prese la mano di padre Pio e se la accostò alle labbra. Lui la ritrasse subito, ma lei disse: «Non la bacio per me, ma per zia Libera». «Quando è così...», rispose padre Pio, e le allungò la mano. Allora la donna continuò: «Adesso bacio le tue mani per zia Pellegrina», e giù un secondo bacio. E quindi, nominando di fila una decina di zie: «E per zia Filomena, e per zia Giannina...». Alla fine disse: «Adesso, padre Pio, la bacio per me». Tentò ma non vi riuscì. Mentre si piegava, padre Pio alzò di scatto le mani e tenendole alzate replicò: «Questo mai. Il figlio deve baciare la mano alla mamma e non la mamma al figlio».
In quel dicembre, tutte le mattine mamma Peppa andava ad ascoltare la Messa celebrata dal Padre nella chiesetta del convento. Dopo aver ricevuto la Comunione, si inginocchiava per terra e baciava dove suo figlio aveva camminato. Era un inverno molto rigido. Ci furono grandi nevicate, e mamma Peppa saliva al convento nonostante la neve. Indossava abiti dimessi e leggeri per quella stagione, ma nessuno era riuscito a convincerla a mettersi il vestito di lana che alcune amiche le avevano regalato, perché temeva di sembrare una signora. La notte di Natale seguì le funzioni religiose tra la gente che gremiva la piccola chiesa e dopo la Messa tornò a casa di Mary Pyle e si mise a letto. Non si sentiva bene. Il mattino successivo non poté alzarsi, aveva 40 di febbre. Fu chiamato il medico che diagnosticò una polmonite doppia.
Ogni giorno padre Pio andava a trovarla, accompagnato dal Guardiano. E quando si rese conto che le condizioni della madre erano gravi, non si mosse più dal suo capezzale. L’assistette fino all’ultimo istante e le amministrò l’Estrema Unzione. Quando vide che stava per esalare l’ultimo respiro, la baciò in fronte e poi, con un forte gemito, cadde svenuto. Due medici lo portarono in un’altra camera. Mary Pyle prese il suo posto e Peppa spirò tra le braccia dell’americana. Era il 3 gennaio 1929, mamma Peppa aveva 69 anni.
Padre Pio ne fu distrutto. Sfogava il proprio dolore in un mare di lacrime, in un pianto straziante. Continuava a chiamare: «Mamma mia, mamma mia bella, mammella mia». Qualcuno gli disse: «Padre, lei stesso ci ha insegnato che il dolore altro non deve essere che l’espressione dell’amore che dobbiamo offrire a Dio: perché piange così?». E lui rispose: «Queste sono lacrime d’amore, nient’altro che di amore. E poi, non ho mica cento mamme, ma una sola».
Nota
[1] Andare dall’indovino è un peccato. Mamma Peppa ricorse a questo espediente sicuramente più per ignoranza e ingenuità, mossa soprattutto dall’usanza tipica di quei posti e di quelle persone poco istruite e legate a tradizioni spesso anche superstiziose. È quindi assolutamente da evitare ogni ricorso alla magia, allo zodiaco e a forze occulte, come ci insegna la nostra santa fede cattolica [ndr].