Il gender, come tutte le ideologie che si fondano sul diritto dell’uomo di scegliere ciò che vuole, non è altro che l’ennesima dittatura, una vera e propria forma di violenza contro la libertà di pensiero e di parola.
L’istituto di politica dell’istruzione superiore, l’Higher Education Policy Institute, che si occupa di analizzare le problematiche della scuola del Regno Unito, in una recentissima ricerca ha denunciato un clima d’intimidazione tra gli studenti disposti a discutere argomenti scottanti, come quello dell’identità di genere, per paura di ritorsioni [1]. Da tempo denunciamo una deriva dittatoriale transnazionale verso un pensiero unico che si fa spazio con l’imposizione o la violenza. Pochi mesi fa è accaduto a Roma un episodio che conferma la tendenza. Un gruppo di Universitari per la Vita, mentre volantinava all’esterno dell’Università “La Sapienza” contro l’aborto, ha subito un’aggressione ad opera di movimenti femministi. Le principali reti televisive e le più importanti testate giornalistiche hanno ignorato del tutto il grave episodio [2].
È su questo scenario che va inquadrata l’iniziativa della Rete Lenford che si è tenuta nella seconda metà di ottobre a Treviso. Si tratta di un gruppo di professionisti e di studiosi dell’identità di genere che ha lo scopo di supportare l’attività dell’Avvocatura per i diritti LGBTI [3].
Il tema dell’incontro è stato quello della promozione di un regolamento per l’attivazione di un’identità alias nell’ambito della carriera scolastica, per colmare, dicono, il vuoto lasciato dal ministero dell’istruzione. Si potrebbe subito obiettare che una meta così lungimirante, che aspira ad essere una vera e propria riforma di largo impatto sul sistema scolastico nazionale, dovrebbe essere discussa dal parlamento regolarmente eletto o, al più, essere appannaggio dell’apposito ministero piuttosto che di una sparuta minoranza. Ma procediamo con ordine. In cosa consiste l’identità alias? Nell’identità percepita come altra da quella biologica. Cosa prevede il Regolamento? Propone la possibilità per gli studenti, che non si riconoscono nella sessualità maschile e femminile, di scegliere un nome diverso da quello anagrafico ed essere identificati secondo il modo in cui si percepiscono. Così l’alunno Mario Rossi, che si percepisce femmina, potrebbe chiedere e ottenere di farsi registrare come Irina Licentia e, se maggiorenne, può farlo senza il consenso dei genitori e anche senza un certificato medico che asserisca la verità di quella percezione.
Questa iniziativa nasconde una nuova forma di sottile violenza. Essa consiste nel forzare la libertà altrui, pretendendo dagli altri di essere trattati allo stesso modo di come l’“io” si percepisce. Ma se Mario si sente Irina, non si può, per questo, obbligare gli altri a percepire Mario come se fosse Irina. Se c’è una libertà per Mario di percepirsi come sente, deve esserci anche per gli altri che non percepiscono la “realtà” con gli stessi occhi con cui la vede Mario, altrimenti la pretesa contraria diventa una violenza ai danni di chi non è allineato con il pensiero e il sentire di Mario. La vera intolleranza è nella pretesa di Mario di costringere gli altri a vedere le cose come le vede lui.
L’imposizione della teoria del gender è, dunque, sempre una vera e propria forma di violenza contro la libertà di pensiero e di parola.
Oltre al registro, un altro aspetto interessante e al tempo stesso divertente del regolamento è che prevede di avere servizi igienici rispondenti alla percezione soggettiva della propria identità sessuale [4]. Non c’è dubbio che esso contenga una visione futurista della scuola, almeno sotto il profilo dell’edilizia scolastica, poiché esistono più di 60 generi di orientamento sessuale diversi, e ciò vorrebbe dire che la scuola del futuro dovrebbe prevedere più di 60 servizi igienici diversi.
Usciamo fuori dalla sottile ironia per ricordare che l’iniziativa non riguarda soltanto la città di Treviso poiché la Rete Lenford ha intenzione di diffonderla anche nelle altre città d’Italia.
Siamo ancora in tempo per capire che l’unica percezione che l’uomo possa avere di se stesso è quella di creatura, e quindi con precisi limiti oggettivi?
Note
[1] https://www.hepi.ac.uk/2022/10/13/new-study-finds-quiet-no-platforming-to-be-a-bigger-problem-than-actual-no-platforming/
[2] Attaccati (nuovamente) alla Sapienza: ma non ci fermeremo finché l’aborto esisterà (Universitari per la Vita).
[3] Rete Lenford | Avvocatura per i diritti LGBTI.
[4] La carriera alias a scuola per tutelare l’identità di genere (alfemminile.com)