ATTUALITÀ
Chiesa piccola, Chiesa ottima?
dal Numero 44 del 27 novembre 2022
di Fabrizio Cannone

La “Chiesa minima” che mons. Hollerich ci prospetta in una sua recente intervista rappresenta una situazione catastrofica. Ci soffermiamo dunque sulle asserzioni del prelato, commentandole “secondo scienza e coscienza”. 

Il card. Jean-Claude Hollerich, 64 anni, arcivescovo di Lussemburgo, è il presidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea e il vicepresidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa, nonché il relatore generale al Sinodo sulla sinodalità. 

Non è davvero un parvenu nella Chiesa, né un semplice teologo o un oscuro curato di campagna.

Il 24 ottobre ha concesso una lunga intervista all’Osservatore Romano, il quotidiano ufficiale della Santa Sede. Vari passaggi dell’intervista sono stati commentati e analizzati in vario modo dagli osservatori, cattolici e non. Specie le aperture, piuttosto strabilianti, in fatto di omosessualità.

Ma nessuno che io sappia si è soffermato sulle ultime righe, ovvero sugli ultimi pensieri espressi dal porporato.

Li riportiamo qui in corsivo, per poi commentarli secondo scienza e coscienza. E senza troppi timori reverenziali di un cattolico comune rispetto a un rappresentante insigne e autorevole della Chiesa docente.

«“Un’ultima domanda cardinale. Come si immagina la Chiesa in Europa tra 20 anni?”.

“Sarà molto più piccola. La maggioranza degli europei non conoscerà Dio e il suo Vangelo. Più piccola, ma anche più viva. Io credo che questa riduzione nei numeri sia, nel disegno di Dio, necessaria per acquisire un nuovo slancio. In alcune parti del nord Europa sarà prevalentemente una Chiesa di migranti; i ricchi autoctoni sono i primi ad abbandonare la scialuppa, perché il Vangelo stride coi loro interessi. È il desiderio di papa Francesco: una chiesa povera, una chiesa viva”».

Il cardinale pare contemporaneamente pessimista e ottimista, senza però evitare la contraddizione e volendo mettere il cuore oltre e persino contro la ragione e la scienza.

La Chiesa non è un club o una Ong e se tra 20 anni, ovvero nel 2042, sarà molto piccola, significa che la Religione cristiana sarà piuttosto insignificante.

20 anni non sono 2 secoli, e molti dei viventi saranno ancora vivi e vegeti nel 2042. Se oggi in paesi dell’Europa occidentale, come la Francia, la Spagna o la Germania, i cattolici praticanti sono già un’infima minoranza della popolazione complessiva, più o meno attorno al 5%, cosa avverrà quando la Chiesa sarà molto più piccola di oggi?

Un prelato autorevole – assieme a tutti noi fedeli consci della situazione – non dovrebbe rimboccarsi le maniche e scongiurare con tutte le forze un futuro e un destino che Dio conosce, ma che non è, non può essere, già scritto da nessuna parte?

Come si fa a dire poi, e qui entriamo nel non senso e nella contraddizione logica, che una Chiesa ridotta ai minimi termini, con una pratica religiosa forse del 2-3%, coinciderà con una comunità “più viva”?

Certo si può auspicarlo e desiderarlo: pochi ma buoni, anzi pochissimi ma ottimi! Ma di fatto quando la massa è atea, agnostica o peggio del tutto indifferente al fatto religioso in generale e al Cristianesimo in particolare, le leggi tendono a diventare meno eque e meno etiche. I cattolici, obbligati dalla storia a vivere in un mondo che non li capisce, hanno molte più occasioni e tentazioni di seguire il trend e perdere la fede, o almeno la pratica religiosa.

Altrimenti perché mai il Concilio avrebbe detto che «l’ateismo va annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo»? (Gaudium et spes, n. 19).

Lo vediamo già ora nei tantissimi giovani, nati dopo il 2000, che fanno fatica a seguire la dimensione religiosa, anche quando questa è stata ben conservata dai genitori e dai nonni.

La Chiesa minima che mons. Hollerich ci prospetta rappresenta una situazione catastrofica, non c’è che dire. Se i cattolici saranno pochissimi tra pochi anni, molte delle attività attuali saranno evidentemente inesistenti. Pensiamo ai movimenti giovanili di ispirazione cattolica che oggi esistono in tutta Europa, specie in Italia. Allo scoutismo, alle scuole cattoliche, ai gruppi parrocchiali, al volontariato, alle associazioni culturali che diffondono la dottrina sociale della Chiesa.

Ovviamente in una Chiesa ridotta al lumicino, all’interno di una massa di cittadini che “non conoscerà Dio e il suo Vangelo”, molti santuari e conventi oggi funzionanti saranno chiusi e abbandonati. Meno cattolici vuol dire ovviamente meno sacerdoti. E meno sacerdoti vuol dire meno Messe, meno Confessioni, meno Comunioni, meno catechismi organizzati. Meno Matrimoni in Chiesa, meno Battesimi, meno funerali religiosi.

In assenza di tutto questo, cosa fa pensare al cardinale che la micro comunità residua del 2042 sarà “più viva” dell’attuale? Tutto, ma proprio tutto, fa temere l’opposto.

Eppure il porporato dichiara: “Io credo che questa riduzione nei numeri sia, nel disegno di Dio, necessaria per acquisire un nuovo slancio”. Ma su che basi è possibile avere questa opinione? Sull’ottimismo che bisogna avere in pubblico per non sfigurare? Oppure sulla mancata assunzione di responsabilità? Come a dire: la nostra Chiesa va male, molto male. Pochi si avvicinano, molti si allontanano. E non volendo dire che almeno in qualche misura è colpa di coloro che la guidano, allora diciamo che la riduzione numerica è necessaria per purificarla e renderla più viva...

Certo, la quantità non coincide con la qualità. E nessuno può dire: più cattolici, uguale più santi. Ma se questo è vero, è anche vero, a fortiori, che è folle dire: meno cattolici, allora più santi!

Aggiungo due ultime considerazioni. Dire che la Chiesa del futuro sarà una Chiesa di migranti è solo triste rassegnazione e volontà di giocarsi, ancora una volta, la carta del politicamente corretto. Che certe comunità di immigrati, africane, latinoamericane e asiatiche hanno mediamente più fede degli europei è un fatto, e nessuno lo nega. Ma non è che per questo sia auspicabile (e senza rischi) lo stravolgimento etnico-culturale dei paesi d’Europa, e la loro “sostituzione religiosa” con popoli più devoti.

Bisognerebbe fare di tutto per trasferire la fede dei devoti delle altre nazioni in Italia, e non sostituire gli italiani ipo-credenti con gente pia di altre terre, lingue, tradizioni, usi e costumi.

L’ultima riflessione è di natura teologica. Mons. Hollerich dice che “la maggioranza degli europei non conoscerà Dio e il suo Vangelo”. Ma c’è una differenza di fondo, che poi è alla base dell’ecumenismo, tra l’ateo e il non cristiano.

Non conoscere il Vangelo era la condizione normale degli uomini prima che il Vangelo fosse scritto e diffuso. Ma non conoscere Dio implica ben altro.

Il Concilio Vaticano I e il Concilio Vaticano II hanno detto, seguendo la Scrittura, che «Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale dell’umana ragione a partire dalle cose create» (Dei Verbum, n. 6).

Se la maggioranza degli europei, tra soli 20 anni, non conoscerà Dio, perfettamente conoscibile con la ragione, significa che la ragione umana subirà un offuscamento profondo e inquietante. Il catechismo infatti insegna che «il desiderio di Dio è iscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio» (CCC 27). Conoscere Dio è naturale e connaturale all’uomo, anche dopo il peccato originale.

L’ignoranza di Dio è ignoranza della legge naturale iscritta nei nostri cuori. Quella legge che, anche senza la Rivelazione di Dio, può indicarci, almeno tendenzialmente e per sommi capi, i contenuti della legge morale, riassunti nei Comandamenti. (Dire che il cattolico non può abortire o prostituirsi, ma può farlo il non cattolico perché non è in grado di coglierne la malizia, è assolutamente assurdo).

Se davvero quindi la maggioranza degli europei arriverà tra soli 20 anni all’ignoranza di Dio Creatore e della legge naturale iscritta nei nostri cuori, la Chiesa viva e povera – quindi santa – immaginata dal cardinal Hollerich sarà invece una comunità periferica, assolutamente marginale e insignificante. In contrasto con una realtà politica e sociale da incubo. 

Verso la situazione prospettataci da Sua Eminenza, come un passaggio necessario “per acquisire nuovo slancio”, dobbiamo fare di tutto per non andare. Senza illudere la gente chiamando bene (Chiesa viva e povera) il male (apostasia generale, secolarizzazione, ateismo di massa).   

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