Nonostante la sua malattia, Carlotta Bertuolo ha voluto vivere: l’amore dato e ricevuto è stato la sua forza vitale. La sua storia colpisce e fa riflettere, confermandoci che ogni vita, anche se sofferente, è degna di essere vissuta.
Le associazioni a tutela dei disabili, come Not Dead Yet - The Resistance, temono che l’eutanasia possa diventare un’opzione più economica dell’assistenza medica (come già accade in Oregon e in Canada). Ma ovviamente la propaganda mortifera prevale sul loro grido di aiuto e i grandi media le fanno da cassa di risonanza, come sempre. Eppure c’è anche chi teme che, una volta introdotta l’eutanasia, la ricerca scientifica per la cura delle malattie gravi subirà un arresto. Perché investire nella ricerca sul cancro se si può risolvere il problema con un po’ di veleno?
Il bioeticista Michael Cook sul sito BioEdge, parla di un documento di sintesi pubblicato dall’Anscombe Bioethics Center, nel Regno Unito, che conclude che, sebbene la legalizzazione dell’eutanasia o del suicidio assistito appaia motivata dal desiderio di porre fine alla sofferenza e di rispettare l’autodeterminazione del malato, essa comporta un rischio significativo per le persone disabili, perché questo mondo “abilista” ritiene le loro vite non degne di essere vissute. E sono, in effetti, vite che costano. Non solo in termini economici, perché sono improduttive, “inefficienti”; ma costano tempo e pazienza ad amici, parenti e conoscenti.
In molti paesi, una percentuale altissima di bambini con sindrome di Down viene abortita dopo i test prenatali. I paesi scandinavi si vantano di essere prossimi al 100%. Le madri che osano non adeguarsi a questa moda vengono discriminate, accusate di tenere un comportamento antisociale (il loro figlio è un costo per la società) e di egoismo (fanno vivere a quel bambino una vita infelice). In Belgio e nei Paesi Bassi è consentita e praticata l’eutanasia neonatale. Fine che tocca anche a neonati in condizioni di disabilità non gravi e curabili dal punto di vista medico.
Un recente sondaggio ha rilevato che negli Stati Uniti l’82% dei medici ritiene che le persone con disabilità significative abbiano una qualità di vita peggiore rispetto alle persone non disabili. Ed essendo sempre più diffuso il pregiudizio “abilista”, non si tiene conto delle testimonianze delle stesse persone disabili, con disabilità anche gravi, che riferiscono di vivere una vita felice. Una volta legalizzata l’eutanasia o il suicidio assistito, i disabili vengono privati dell’assistenza sociale, o dell’alloggio o del sostegno necessari e vengono di fatto spinti verso il suicidio assistito: in Oregon, Canada e California le assicurazioni pagano ai malati oncologici il veleno per morire e non la chemioterapia. Una volta che lo Stato permette le “uccisioni per misericordia” si crea un clima in cui anche i genitori saranno spinti ad eliminare i bambini disabili, soprattutto se vengono posti di fronte a barriere insormontabili per avere un sostegno appropriato.
In Italia, il nuovo parlamento dovrà decidere se portare a termine l’approvazione della nefasta proposta di legge Bazoli, di cui i Lettori sono stati già informati [1].
Ma abbiamo delle testimonianze che gettano un raggio di sole nel buio di questo clima disumano. È nostro dovere divulgarle e farle conoscere a più persone possibile, con il passa parola, visto che sui media votati alla cultura della morte non possiamo contare.
Per esempio, c’è la testimonianza di Carlotta. «C’è una stella in più nel cielo da questa notte. È la più luminosa: Carlottina se ne è andata». Con queste parole Erica ha fatto sapere che la sua figliola, la sua piccola guerriera, ad agosto è volata in Cielo.
Il periodico Fregene Online ci informa così della morte di Carlotta Bertuolo, 16 anni, affetta da Sma1, una di quelle malattie rare, l’atrofia muscolare spinale, che provoca debolezza progressiva soprattutto degli arti inferiori e dei muscoli respiratori. I medici non avevano dato speranze alla famiglia: al terzo mese di gravidanza Carlotta aveva solo il 2% di probabilità di sopravvivere fino a un anno. E invece lo scorso 15 marzo ha compiuto 16 anni.
I genitori hanno fatto di tutto per assicurarle la migliore vita possibile. Nel 2006 per una bronchiolite sono riusciti a portarla al Gaslini di Genova (da Fregene, una località balneare nel comune di Fiumicino, a 30 km da Roma) dove sono riusciti ad estubarla e – dopo 45 giorni di fisioterapia – a farla tornare a casa con la mamma. I genitori di Carlotta si sono anche battuti con successo per farle avere l’assistenza infermieristica h24. Traevano la loro forza arrivava proprio da Carlotta che a sua volta si è dimostrata una coraggiosa combattente.
Ma il 9 agosto, nonostante una corsa in eliambulanza, l’ennesima complicazione ha avuto la meglio. Fregene Online conclude: «Dobbiamo ricordare sempre il miracolo della sua vita. Perché Carlotta ha vissuto intensamente, pur con le sue limitazioni, e ha comunicato, espresso, il suo amore, i suoi sentimenti lasciando il segno nelle nostre esistenze. Ogni istante passato insieme a lei è stato un grande dono. Grazie Carlottina».
Questa storia di una “vita degna di essere vissuta” nonostante la malattia e la disabilità, dicevamo, va fatta conoscere. In un altro contesto Carlotta non sarebbe scampata all’aborto eugenetico; in Inghilterra, in Canada, in Olanda, o in Belgio, Carlotta sarebbe stata uccisa da piccola, “nel suo miglior interesse”.
La propaganda radicale presenta continuamente all’opinione pubblica casi limite di persone che chiedono di morire per porre fine alle loro insopportabili sofferenze, e ne parlano tutti i giornali. Ricordiamoci allora di Carlotta. Carlotta ha voluto vivere e ha vissuto in pieno i suoi 16 anni perché, circondata dall’amore dei suoi, ha potuto amare a sua volta. E se c’è l’amore dato e ricevuto, se c’è il sostegno della famiglia, degli amici e della società, nessuno desidera la morte.
Nota
1) Cf Il Settimanale di Padre Pio XXI (6/2022) 26-28.