I FIORETTI
La passione di padre Pio /2 Il Santo più perseguitato dagli uomini di Chiesa
dal Numero 36 del 2 ottobre 2022

Il padre Gemelli, grande luminare della scienza e figura ecclesiastica di gran rilievo del XX secolo, è stato un medico psichiatra e uno psicologo agnostico. Una volta convertito, vestì l’abito francescano e divenne un collaboratore del Sant’Uffizio molto stimato da Benedetto XV prima e da Pio XI poi, i quali si fidavano di lui. Lo scopo di padre Gemelli, infatti, era quello di cercare un dialogo nuovo tra fede e scienza, sfruttando soprattutto la sua esperienza e preparazione culturale. Padre Gemelli era la persona ideale per dimostrare al mondo scientifico che esiste un punto  d’incontro tra fede e scienza. Questo il suo obiettivo, dunque: dimostrare alla Santa Sede e al papa, che fede e scienza possono collaborare. E tutto ciò si realizzerà in modo eccellente con la fondazione dell’Università del Sacro Cuore di Milano, in cui cultura e fede cristiana si sposano. 
Cosa succede, però, quando padre Gemelli si scontra con il fenomeno “padre Pio”? Se da un lato questa idea di dialogo tra fede e scienza deve sbocciare in modo fecondo e nuovo, dall’altro ci si trova di fronte a un fenomeno mistico che non è spiegabile a livello scientifico: la stigmatizzazione. Padre Pio e le sue stigmate sono quindi un ostacolo agli intenti del padre Gemelli. Cosa fare? Indagare con rigoroso metodo scientifico sul misterioso fenomeno – sul quale nutriva forti dubbi –, anche se ciò avrebbe arguito le sofferenze del povero frate.
Dobbiamo però ricordare un fatto che forse fu la goccia che fece traboccare il vaso, la ragione per la quale il rapporto tra padre Gemelli e padre Pio si incrinò in modo definitivo. 
Quest’ultimo, infatti, aveva ricevuto dal Sant’Uffizio la proibizione di mostrare le sue piaghe a chiunque ne avesse fatto richiesta, a meno che non fosse munito di un permesso del Sant’Uffizio stesso. Ma padre Gemelli, un luminare che aveva piena consapevolezza delle sue capacità e conoscenze in materia, si presentò da padre Pio senza quel permesso scritto, proprio per esaminare le sue stigmate, con una buona dose di quello scetticismo scientifico che avrebbe solo aggiunto altro dolore allo Stigmatizzato.
«Va bene, fatelo entrare», disse padre Pio, quando lo avvisarono della visita del Gemelli. Fu un colloquio di pochi secondi, perché il Padre gli chiese subito il permesso scritto del Sant’Uffizio e padre Gemelli dovette ammettere di esserne sprovvisto. «Allora non gliele posso mostrare», replicò padre Pio. Gemelli se ne andò umiliato e indispettito al punto che decise di far emettere – una volta rientrato a Roma – un decreto molto severo nei confronti del cappuccino.
Padre Gemelli, infatti, sostenne di aver visitato padre Pio ed emise questo giudizio sulle sue piaghe: queste ferite di padre Pio sono il risultato di un eccessivo devozionalismo, un autolesionismo dovuto al continuo meditare sulla Passione di Gesù. 
Al nostro sguardo sembra, questa, una sorta di vendetta per quel diniego ricevuto, ma anche un modo per dare una risposta, diciamo “scientifica”, a quel fenomeno di per sé umanamente inspiegabile. Una risposta comunque incompleta e superficiale che ripiega su un’ipotesi molto aleatoria e, peggio, non conforme alla verità. Si tratta infatti di un miracolo; di fronte a questi fenomeni la scienza non deve indagare, ma arrestarsi; non sa andare oltre, non sa dire più di quanto può dire, perché si tratta di qualcosa che supera ogni possibile spiegazione umana. Quando il giudizio medico-scientifico vuole fornire una spiegazione puramente razionale del miracolo, tenta in realtà di andare oltre le proprie competenze, di varcare ogni suo limite, e inevitabilmente si scontra con una realtà che non sa né può spiegare. E realtà sono le stigmate sanguinanti che padre Pio porterà nella sua carne per cinquant’anni, segno della sua crocifissione con Gesù. Una crocifissione reale, che si esprimerà visibilmente nel calvario che padre Pio dovrà salire giorno dopo giorno e che rivivrà nella sua vita, soprattutto durante la celebrazione della Santa Messa, che era quanto di più mistico si potesse vedere.
Quanti hanno partecipato alle celebrazioni di padre Pio — molti hanno avuto questa grazia –, tutti furono folgorati e rapiti da questo modo unico di celebrare. E questa è un’altra ragione nascosta della persecuzione nei confronti di padre Pio. Padre Pio dava fastidio. Infastidiva anche il vescovo di Manfredonia. Una delle prime persecuzioni degli anni Venti infuria proprio anche a causa di questo vescovo che poi, come sarà provato da una visita apostolica nella sua diocesi, sarà trovato in difetto su tante cose. Egli scrive alla Santa Sede contro padre Pio, accusandolo soprattutto di dare molto fastidio a causa di quella Messa celebrata in modo così diverso dagli altri sacerdoti. Da lui accorreva una “clientela mondiale”, nonostante il suo parlare schietto e diretto: predicava contro il peccato, senza peli sulla lingua. Diceva le cose come andavano dette, tanto più al clero. Molto spesso, però, ciò che si deve dire non è sempre ciò che si vuole ascoltare, anche all’interno della Chiesa.
Questo infastidiva: il modo di essere e di fare di padre Pio, molto genuino, capace di vivere pienamente la fede in Dio, di manifestare nella carne ciò che viveva nel cuore e nello spirito. Ed ecco allora lettere su lettere indirizzate alla Santa Sede perché intervenisse a frenare questa sorta d’euforia creatasi intorno a un frate al limite del grottesco, che spronava – secondo le malelingue – non al culto di Dio ma a un culto intorno alla sua persona. 
Per questa ragione non era possibile, dunque, avere dei “Gruppi di preghiera di padre Pio”, come se lo Stigmatizzato del Gargano fosse già un santo canonizzato, o una sorta di venerabile figura a disposizione della Chiesa! Questa, per esempio, fu la principale accusa rivolta a padre Pio, negli anni Cinquanta, dal vescovo di Padova. Cappuccino anche lui, mons. Bortignon aveva proibito nella sua diocesi che si facessero pellegrinaggi da padre Pio e che si organizzassero i Gruppi di preghiera. Perché, secondo il suo giudizio, cioè equivaleva a fare di questo sacerdote un santo, poiché non solo si pregava per lui ma si pregava con lui, e soprattutto si pregava lui; e chiaramente ciò era inammissibile. Fu questo un modo per perseguitare nuovamente padre Pio e tutti quelli che si rivolgevano e si recavano da lui perché ne ricavavano un grande beneficio spirituale. Il padre Gemelli, dunque, aveva avviato una persecuzione, che, come le altre, sarà costretta a fare capolino.

/ continua

di Padre Serafino M. Lanzetta, Il Settimanale di Padre Pio, N. 36/2022

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