Autore: Padre Alessandro M. Apollonio, FI
Casa Mariana Editrice, Frigento 2013
Pagine: 258
È uno splendido trattatello liturgico-mariano quello che ci viene offerto dall’insigne teologo e filosofo scotista padre Apollonio, curatore dell’Opera Scoti, docente di Metafisica presso lo Studium dei Francescani dell’Immacolata e direttore dell’aurea rivista Immaculata Mediatrix.
L’Autore spiega in modo direi popolare tutto o quasi tutto il Trattato di Mariologia, attraverso il commento, piano ed accessibile, delle celebri Litanie della Madonna, conosciute come Litanie Lauretane (dalla Vergine di Loreto, ove risiede la Santa Casa dopo il volo angelico dal Vicino Oriente all’Italia). Nell’Introduzione si chiarisce che la tradizione della forma litanica di queste orazioni esiste almeno dalle «Litanie dei Santi (V secolo), che giù durante il pontificato di san Gregorio Magno (†604) si recitavano a Roma nella processione del 25 aprile» (p. 5), annessa alla festa dell’evangelista san Marco. Nel luminoso Medioevo europeo, mentre le migliori menti dell’Universo facevano a gara nella lode a Dio e alla sua divina Madre – si pensi a Bernardo di Chiaravalle, a Francesco d’Assisi, a Bonaventura da Bagnoregio e ad Alberto Magno –, furono composte, anonimamente, le prime Litanie mariane, conservate in un «manoscritto parigino del XII secolo» (p. 5). Oggi le Litanie alla Vergine sono, secondo il numero ufficiale stabilito nei libri liturgici cattolici, 51, «grazie a successive aggiunte volute da vari Sommi Pontefici, da san Pio V (†1572) al beato Giovanni Paolo II (†2005)» (p. 6). Ma nel libretto in questione esse ammontano a 53 a causa delle pie aggiunte dei titoli di Regina Ordinis Minorum (ovvero di tutti i seguaci del Poverello) e Mater misericordiæ (di uso comune tra i fedeli). Così, fa notare il Mariologo, nella dinamica delle Litanie «si possono distinguere sei sezioni»: quelle incentrate sulla santità di Maria e sul suo essere Soccorritrice, quelle sulla sua Maternità, Verginità, Regalità, e infine alcuni titoli di pretto rimando biblico (Turris davidica, Domus aurea, ecc.). Infondo ciò che conta davvero in questa nobile orazione è l’approccio contemplativo al Mistero di Maria, mistero dolcissimo e impervio, ma anche insondabile e impenetrabile, che però i tanti suoi devoti ed innamorati (dal Montfort al Kolbe per intenderci) sono riusciti se non a svelare, almeno a far intravedere a noi comuni mortali cristiani.
Certo il fatto che l’Autore oltre ad essere un mariologo di vaglia – paragonato da qualcuno a padre Roschini – sia un metafisico puro e un fine conoscitore della scolastica non poteva non emergere, almeno tra le righe. E così, al di là del simpatico riferimento (tomista-scotista) alla «buon’anima di Aristotele» (p. 79), è tutto l’argomentare dell’Autore che presenta un tessuto continuo di ragionamenti stringenti e sillogistici in favore della legittimità della Mariologia tradizionale e più in generale della Teologia dogmatica classica, a dir poco sabotata dal modernismo. «In questo duello tra Verità ed errore, tra luce e tenebre, tuttavia, si erge vittoriosa e indefettibile la fede della Chiesa, prolungamento storico della fede di Maria, debellatrice di tutte le eresie» (p. 23). Quanto dista questo fraseggio aulico, incisivo e militante, dalle scialbe teorie sul “dio” debole (Böse), la Madonna in bermuda (Bello), gli angioletti strappalacrime e tutta l’accozzaglia offerta a basso prezzo nei supermarket dell’ecumenismo cattolico-relativista.
Si assapori un tipico esempio di brano mariologico forte, di impianto filosofico e caratura dogmatica: «Come nell’ordine naturale, così in quello soprannaturale laddove vi è generazione e comunicazione di vita per l’uomo vi è una madre. Per questo la madre può essere definita la mediatrice della vita. Maria lo è nell’ordine della grazia» (p. 46): così un matrimonio senza una Mater non è più un matrimonio ma una mostruosità e una calamità da cui solo la Perfettissima Madre dei Viventi può preservarci. Secondo il Teologo poi, la Madonna, purissima a causa dell’esenzione dal peccato originale, fece altresì un voto (condizionato per Tommaso, assoluto per Scoto, cf. p. 94) di verginità e sebbene fosse data in Sposa al castissimo Giuseppe, resta un modello inarrivabile di «amore casto, verginale o coniugale» (p. 56). Con tutto ciò insegnando alle famiglie cristiane che anche senza la prole e il coniugio, il Matrimonio può essere fruttuoso ed edificante, e può esserlo perfino di più.
Se inoltre Maria è assieme «con Cristo la causa esemplare della Creazione, il principio primo di tutte le cose nella mente di Dio» (p. 81), certamente Ella è il modello dei modelli, e deve essere l’Architrave della Società cristiana, e la base e la vetta della stessa catholica Ecclesia. Sarà un caso che, dopo la svolta antropocentrica della teologia, coeva con lo svolgimento e l’applicazione del Vaticano II, sia iniziata l’era glaciale mariologica? Pare, salvo migliore giudizio, proprio di no. Di sicuro se la Madonna è l’acme della teologia, della spiritualità e della consacrazione religiosa, torneranno a fiorire le vocazioni, le famiglie cattoliche e i buoni teologi quando Ella sarà di nuovo vista come Regina dell’Universo, Maestra della Fede e della sapienza, Madre della grazia, Sterminatrice delle eresie, Mediatrice e Corredentrice dell’umanità. E non più come semplice ragazza ebrea, seguace (incosciente) della parola (?), vergine per ancestrali tabù, pia per conformismo sinagogale, donna dell’ascolto e del colloquio, e altre ridicole e blasfeme suggestioni catagogiche. Proprio al contrario le virtù mariane sono esempio di immane forza d’animo. La verginità per esempio che risplende all’ennesima potenza in Maria, la Vergine fatta Chiesa, «è una perfezione assoluta, semplicemente migliore del suo contrario, perché è un riflesso del modo divino di generare ad intra e di creare ad extra» (p. 95): passo sublime, e radicalmente antitetico alle proposte, ispirate dall’Anticristo, di abolire il celibato sacerdotale, che invece si dovrebbe imporre anche in Oriente, laddove per viltà e somatolatria, è caduto in disuso.
Padre Apollonio commentando il titolo di Regina dei Patriarchi fa una breve sintesi della cronologia storica universale, alla luce dell’infallibile Parola di Dio (anche in materia storica, cf. Providentissimus Deus). E così, seguendo la Settanta, siamo edotti sul fatto che «da Adamo al diluvio corsero 2.262 anni, e dal diluvio fino ad Abramo altri 2.262, per un totale di 4.524 anni da Adamo ad Abramo» (p. 200). Da Abramo a Gesù gli anni furono 2.240 (o forse altri 2.262?), e da Gesù ad oggi circa 2.013. Dunque, «Adamo, il primo uomo, risale a circa 8.776 anni fa» (p. 200). Nota il Mariologo che la Scienza (fallibile e non ispirata come la Scrittura) data invece l’umanità a circa 1.000.000 di anni, ma in questo essa si fonda «sulla teoria dell’evoluzionismo, la quale è a sua volta senza fondamento» (p. 200).
Un esempio, quest’ultimo, conclusivo e riepilogativo di tutto il senso del libro. Fidiamoci anzitutto di Dio, della Madonna, della Chiesa e dei santi, e solo dopo degli uomini e delle loro importanti ma fragili acquisizioni. Così facendo imiteremo nel modo migliore la Piena di grazia, sottomessa in toto non al mondo ma al suo Divin Figlio per la Redenzione oggettiva, e al contempo virtuale, dell’umanità tutta intera.