Forse nessuno tra gli altri Dottori della Chiesa ha avuto la vita speciale e particolarissima della mistica renana che nella sua lunga e movimentata esistenza fu badessa e fondatrice, eccellente letterata, studiosa di discipline variegatissime, consigliera preziosa di papi e re, profetessa, e soprattutto santa monaca benedettina. Esattamente 10 anni fa, Benedetto XVI la riconsegnava alla cristianità del Terzo millennio con queste parole: “La sua autorevolezza supera decisamente i confini di un’epoca e di una società e il suo pensiero si manifesta di perenne attualità”.
Avvicinarsi alla figura di santa Ildegarda di Bingen per conoscere il suo pensiero e la sua azione è un’avventura tanto affascinante quanto realistica, perché la monaca benedettina vissuta nel XII secolo, avendo maturato una consapevolezza ferma e rigorosa sulle realtà naturali e soprannaturali, grazie alla scienza in lei infusa per grazia divina, quando parlava e scriveva era pienamente cosciente di che cosa sono la Creazione e la Storia della Salvezza. Di tutto ciò che le fu concesso di conoscere di visibile ed invisibile, la maestra e profetessa si fece portavoce per mandato celeste. Lasciano scritto i suoi primi biografi, Goffredo e Teodorico, nella Vita di santa Ildegarda: «In lei la Sapienza di Dio sedeva sul trono della potenza con sublime autorità e, operando per mezzo suo cose mirabili, palesava i giudizi sulla realtà».
Nostra intenzione è quella di approfondire con una rubrica a lei tutta dedicata la conoscenza della teutonica santa Ildegarda, dallo scibile immenso e dalla personalità forte, incisiva e determinata: vero e proprio gigante, anche per la poliedricità di doti, carismi e abilità, all’interno della Storia della Chiesa e dell’Europa. Come monaca è stata una grande mistica e predicatrice, come scrittrice, consigliera, teologa, scienziata, medico, farmacista, musicista ha prodotto opere che continuano ad essere non solo celebri, ma prese anche in seria considerazione e applicate.
I principi evangelici dei santi, sui quali basano le proprie esistenze, impediscono loro di essere legati alle circostanze individuali e sociali del tempo coevo, con le quali devono sì fare i conti, ma ciò non impedisce di oltrepassare i secoli e di renderli sempre maestri idonei e attuali, perché il loro segreto è riposto nell’unico modello a cui guardano, l’Eterno Gesù Cristo. Ci sono poi santi, come Ildegarda di Bingen, che sono particolarmente indicati per affrontare questioni, difficoltà e drammatiche crisi, come quelle, per esempio, che stiamo vivendo nei nostri giorni.
Autorevoli voci ecclesiastiche lungo i secoli si sono levate per garantire l’autorevolezza degli insegnamenti della monaca tedesca, eccelsa figlia di san Benedetto: da papa Eugenio III (1080ca.-1153) a Benedetto XVI, passando per san Bernardo da Chiaravalle (1090-1153), il quale si espresse in questi termini nei suoi confronti: «Bernardo, detto abate di Chiaravalle, innalza la sua preghiera per Ildegarda, sorella in Cristo, per quanto possa giovare la preghiera di un peccatore. Poiché tu sembri stimare la nostra pochezza assai diversamente da quanto la nostra coscienza stimi se stessa, crediamo di doverlo attribuire unicamente alla tua umiltà. [...]. Ci rallegriamo con te per la grazia di Dio che è in te. Per quanto ci riguarda, ti esortiamo e ti supplichiamo ad accogliere come grazia e a corrisponderla con tutta la forza d’amore dell’umiltà e della dedizione. Tu sai bene che Dio si oppone ai superbi, e agli umili invece dona la grazia. Del resto, che bisogno abbiamo noi di istruire e ammonire ulteriormente, quando sussiste già un maestro interiore e quando vi è un’unzione che illumina ogni cosa? Conviene piuttosto che preghiamo e chiediamo con insistenza a te di ricordare presso Dio noi e insieme coloro che ci sono uniti nella comunione spirituale in Dio» (1).
Eugenio III riconobbe non solo l’ortodossia di santa Ildegarda, ma anche l’autorevolezza dei suoi trattati e delle sue predicazioni che contrastavano il lassismo nella Chiesa e le eresie, in particolare il catarismo. In virtù della fama di santità e della sua eminente dottrina, il 6 marzo 1979 il cardinale Joseph Hoffner, arcivescovo di Colonia e presidente della Conferenza Episcopale tedesca, insieme con i cardinali, arcivescovi e vescovi della medesima Conferenza, fra i quali il cardinale Joseph Ratzinger, all’epoca arcivescovo di Monaco e Frisinga, sottopose a Giovanni Paolo II la supplica affinché Ildegarda fosse dichiarata Dottore della Chiesa. A tale supplica negli anni successivi se ne sono aggiunte altre, prima fra tutte quella delle monache del monastero di Eibingen, a lei intitolato. Al desiderio comune del popolo di Dio che Ildegarda fosse ufficialmente proclamata santa, dunque, si è aggiunta la richiesta che venisse dichiarata anche Dottore della Chiesa universale. Così, il 10 maggio 2012 Benedetto XVI ha esteso il suo culto liturgico (presente in alcuni luoghi della Germania e soprattutto a Bingen) a tutta la cattolicità attraverso la canonizzazione equipollente. Il 7 ottobre dello stesso anno l’ha quindi proclamata Dottore della Chiesa universale, mentre papa Francesco, il 25 gennaio del 2021 ne ha istituito la memoria facoltativa per tutta la Chiesa, fissandola al 17 gennaio.
Nella Lettera apostolica di Benedetto XVI, che decreta la proclamazione a Dottore della Chiesa di santa Ildegarda, si legge: «L’eminente dottrina di Ildegarda riecheggia l’insegnamento degli apostoli, la letteratura patristica e gli autori contemporanei, mentre trova nella Regola di san Benedetto da Norcia un costante punto di riferimento. La liturgia monastica e l’interiorizzazione della Sacra Scrittura costituiscono le linee-guida del suo pensiero, che, concentrandosi nel mistero dell’Incarnazione, si esprime in una profonda unità stilistica e contenutistica che percorre intimamente tutti i suoi scritti». L’aderenza di santa Ildegarda con i nostri tempestosi tempi viene sottolineata dal Pontefice nello stesso documento: «L’insegnamento della santa monaca benedettina si pone come una guida per l’homo viator. Il suo messaggio appare straordinariamente attuale nel mondo contemporaneo, particolarmente sensibile all’insieme dei valori proposti e vissuti da lei. Pensiamo, ad esempio, alla capacità carismatica e speculativa di Ildegarda, che si presenta come un vivace incentivo alla ricerca teologica; alla sua riflessione sul mistero di Cristo, considerato nella sua bellezza» e poi all’approccio sensibile e teologico che ella possiede con la cultura, la scienza e l’arte, nonché «all’ideale di vita consacrata, come possibilità di umana realizzazione; alla valorizzazione della liturgia, come celebrazione della vita; all’idea di riforma della Chiesa, non come sterile cambiamento delle strutture, ma come conversione del cuore; alla sua sensibilità per la natura, le cui leggi sono da tutelare non da violare». Ecco che santa Ildegarda, testimone credibile, ha un enorme significato per il mondo contemporaneo e diventa un riferimento importante per le donne, che nel clima aggressivamente femminista in cui sono immerse, spesso perdono i riferimenti più nobili e più autentici della loro natura.
Santa Ildegarda, indebitamente presa in considerazione, come una sorta di testimonial, dalla cultura femminista, rappresenta invece e al meglio la condotta femminile, quella che non ha bisogno di scimmiottare gli uomini, ontologicamente diversi dalla muliebrità, ma che brilla di luce propria, proiettata nella Sapienza dell’Onnisciente. Oltretutto nel Medioevo cristiano non c’erano fallaci e dannose velleità competitive fra donne e uomini, fatte di snaturanti ambizioni e rivalità, bensì complementare progettualità per concorrere insieme alla maggior gloria di Dio, alla salvezza delle anime e al vero bene comune. Se rivalità esistevano in questo senso erano circoscritte, private e soggettive, non facevano parte del sistema culturale della Res Publica Christiana, assolutamente estraneo a questa esigenza maturata con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, per poi estendersi fino ai nostri giorni con una vera e propria invadenza dell’ideologia femminista in tutti i campi, che si oppone alla fede e alla ragione. Per questo l’attribuzione del titolo di Dottore della Chiesa a Ildegarda di Bingen ha un grande significato per il nostro mondo ed una straordinaria importanza per le donne: in lei risultano espressi i più nobili valori della femminilità.
Ildegarda di Bingen fu molto attenta a riformare la Chiesa al suo interno e specificatamente i monasteri sia femminili che maschili e per realizzare il suo progetto di risanamento non si risparmiò: saliva a cavallo e percorreva chilometri e chilometri per raggiungere i conventi dove era necessario agire contro la rilassatezza del Credo e l’immoralità.
«Richiamava soprattutto le comunità monastiche e il clero a una vita conforme alla loro vocazione. In modo particolare, Ildegarda contrastò il movimento dei cátari tedeschi. Essi – cátari alla lettera significa “puri” – propugnavano una riforma radicale della Chiesa, soprattutto per combattere gli abusi del clero. Lei li rimproverò aspramente di voler sovvertire la natura stessa della Chiesa, ricordando loro che un vero rinnovamento della comunità ecclesiale non si ottiene tanto con il cambiamento delle strutture, quanto con un sincero spirito di penitenza e un cammino operoso di conversione. Questo è un messaggio che non dovremmo mai dimenticare» (2).
Come non bisognerebbe mai dimenticare che gli errori restano errori, anche se il mondo dice il contrario. Per questo santa Ildegarda con coraggio e vigore predicava nelle piazze contro le eresie dottrinali e intratteneva una cospicua corrispondenza con le maggiori cariche civili e religiose al fine di elargire consigli e ammaestramenti, ma anche riprendere, quando era necessario, coloro che si lasciavano tentare dagli scorretti propositi, come accadeva all’imperatore Federico Barbarossa.
Ciò che il santo cardinale John Henry Newman scrisse a proposito del monachesimo medioevale rappresenta al meglio ciò che mise in pratica santa Ildegarda per tutta la sua straordinaria, per sé e per gli altri (compresi noi), esistenza: «E quando iniziava [il monaco o la monaca, n.d.r.] a scrivere, lo faceva ancora in quel modo che la natura e la rivelazione gli avevano insegnato, scrivendo con l’unico scopo di far riflettere nelle sue pagine, come in uno specchio fedele, le parole e le opere dell’Onnipotente così come gli si presentavano davanti, nella Scrittura oppure nei Padri, o in quell’enorme labirinto di imprese e di eventi che gli uomini chiamano la storia del mondo, ma che per lui era un ordine voluto dalla Provvidenza».
Di tutto questo e di molto altro tratteremo in questo spazio dedicato alla «Sibilla del Reno».
Note
1) E. Gronau, Hildegard. La biografia, Editrice Àncora, Milano 1991(2), pp. 108-109.
2) Benedetto XVI, Udienza generale, Aula Paolo VI, 8 settembre 2010.