Dopo il grande evento dell’Incarnazione, Maria non ha detto nulla a Giuseppe, ha chiuso il mistero di Dio fatto uomo in se stessa, nel silenzio sereno e adorante. Giuseppe si accorge. A questo punto il mondo avanza sospetti, ma Giuseppe, che è vergine e casto, ha capito da tempo chi è la sua Sposa...
Quand’ero allievo degli Oblati di San Giuseppe (Giuseppini di Asti), per le scuole superiori, il 23 gennaio di ogni anno l’indimenticabile preside padre Pietro Franchini, con noi “suoi ragazzi”, aveva sempre un ricordo per Maria Santissima, l’Immacolata sempre Vergine, e il suo castissimo sposo san Giuseppe, nella memoria liturgica del loro Sposalizio che lui rettamente chiamava «una meraviglia di Dio» Anche padre Paolo Re, professore di italiano e storia ce ne parlava, con verità ed eleganza.
Dagli “appunti” allora presi che sono ancora belli e sempre veri, benché ora su carta ingiallita dal tempo, estraggo quanto sto per scrivere.
Vangelo secondo san Matteo
È il Vangelo secondo Matteo, scritto per comunità di cristiani provenienti dall’ebraismo, che più ci parla di Giuseppe, così da essere definito “Vangelo giuseppino”, dai “Josefologi”, come padre Tarcisio Stramare del medesimi Oblati astigiani. Mentre Luca è “l’evangelista mariano”: questo lo diciamo riguardo ai primi capitoli dei due Vangeli.
Leggiamo pertanto da Matteo 1,18-25:
«Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto».
Così apprendiamo che Maria e Giuseppe erano sposi, veri sposi. Maria era stata concepita senza peccato d’origine ed era l’Immacolata Concezione stessa. Dio aveva tutto un piano su questa ragazza quindicenne di Nazareth, di prepararla all’opera della Redenzione che il Figlio suo incarnato avrebbe compiuto. Maria era destinata da Dio a essere la Madre del Figlio suo incarnato Gesù. Ella, guidata da Dio, aveva offerto a Lui il voto di perpetua verginità. Lo sappiamo da Maria stessa, quando all’arcangelo Gabriele che, a nome di Dio, le chiede di diventare madre del Figlio di Dio ella risponde: “Come può avvenire questo, se non conosco uomo?» (Lc 1,34).
“Non conosco uomo”. Affermazione che significa la sua condizione verginale che non “ha conosciuto” né intende “conoscere uomo”. Con la sua sapienza superiore, Maestro Tommaso d’Aquino definisce tutto questo come voto di verginità perpetua. Altrettanto affermano grandi santi, come san Massimiliano M. Kolbe e san Pio da Pietrelcina, e la Tradizione ininterrotta della Chiesa.
Allora perché era sposa di Giuseppe di Nazareth? Intanto, sappiamo dalla Sacra Scrittura (cf. Levitico 21,2-8; Secondo libro dei Maccabei 3,19) che presso il Tempio di Gerusalemme vivevano giovanissime donne consacrate a Dio solo. Erano il frutto di una singolare chiamata di privilegiate da Dio che in ogni tempo e luogo suscita anime predilette alle quali Dio solo basta. Ma Dio preparava Maria di Nazareth a diventare la Madre del Figlio suo, con stile singolarissimo: Gesù doveva essere “Virginis Filius”. Per proteggere e custodire insieme verginità e maternità divina di Maria, le occorreva uno sposo degno di Lei.
Nulla è impossibile a Dio. Il quale, a far irrompere il suo Verbo (il suo “Logos”), il Figlio suo nel mondo, preparava uno sposo verginale alla Immacolata Vergine Maria. A questo punto, il mondo sfrenato nella carne, ride beffardo ed esplode: “Su questo ti ascolteremo un’altra volta”. Purtroppo, anche qualche pastore (sedicente teologo) sorride neppur troppo furtivamente. Io ne rimango “imbufalito”, contro costoro.
Siamo nella “Galilea delle genti”, più di duemila anni fa, quando la Galilea era abitata da piissimi israeliti e da altri poco osservanti, che, questi ultimi, si omologavano ai pagani che vi erano numerosi, dai fenici ai greci, ai siri, ai romani, di “liberi costumi”. Attenzione! Proprio quasi in quegli anni, Seneca a Roma, filosofo stoico, futuro ministro di Nerone e (pare) in corrispondenza epistolare con Paolo di Tarso (“l’Apostolo!”) dirà che «un fanciullo ebreo è più sapiente e più esemplare dei nostri filosofi».
Una perla di ragazzo
Appunto tra questi ragazzi piissimi ed esemplari di Israele, che si trovavano a vivere nella “Galilea delle genti”, Dio benedetto, Dio tre volte santo, il Santissimo, scelse e ispirò Giuseppe (il cui nome significa “Dio aggiunge, Dio accresce, Dio fa crescere”!) a diventare lo sposo verginale e castissimo di Maria, la tutta bella, la tutta santa, la “pan-aghia”, come la venerano i greci, la “piena di grazia” come diciamo noi latini.
La Tradizione più genuina della Chiesa afferma che Giuseppe, a immagine dei “nazirei” (= consacrati a Dio), forse degli stessi “esseni” che erano celibi “per il Dio di Israele”, aveva anch’egli consacrato a Dio la sua castità... Impossibile per il mondo antico? Non del tutto, e poi non deve essere dimenticato che Dio può fare delle pietre dei figli di Abramo (cf. Lc 3,8), che per corrispondenza alla grazia di Dio, Giuseppe doveva essere una perla di ragazzo, per il quale “gustato Deo, omnis caro desipitur”: una volta assaporato chi è Dio, ogni amore umano diventa insapore. Noi cattolici possediamo le perle preziosissime dei giovani casti e vergini per sempre, quali san Ludovico d’Angiò (1273-1297), san Luigi Gonzaga (1568-1591), san Domenico Savio (1842-1297), beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925). Anch’io conosco “perle di ragazzi”, anche tra giovani sposi. Nonostante il mondo putrescente di ieri e di oggi.
Ebbene un giovane come Giuseppe di Nazareth, Dio lo ha preparato per la più santa di tutte le creature, Maria di Nazareth. Erano entrambi della stirpe regale di Davide, il re per eccellenza; forse Maria aveva anche il sommo sacerdote Aronne tra i suoi antenati; ma erano ormai di umile, pur dignitosa condizione.
Presso gli ebrei il matrimonio avveniva in due fasi: il fidanzamento ufficiale (che aveva già valore di matrimonio vero, con diritti e doveri degli sposi), cui seguiva un anno dopo l’ingresso della sposa nella casa dello sposo e la seguente coabitazione. Tutto questo avvenne per Maria e Giuseppe. I quali, sposandosi in amore purissimo, sarebbero vissuti in totale castità, vergini per sempre. Giuseppe, la perla di Nazareth, sapeva di avere in sposa una meraviglia di Dio, e di condividere il suo voto verginale.
Tutto era purezza, armonia, candore, bellezza assoluta. Tanto più bello se si pensa che Maria era quindicenne e Giuseppe doveva essere attorno ai 20/21 anni, l’età in cui presso i popoli d’Oriente si convolava a nozze. Il mondo sorride beffardo, perché è solo capace di pensare che nella medesima epoca, a Roma imperiale, era assai difficile trovare un piccolo gruppo di vergini per custodire il fuoco alla dea Vesta e queste vergini dovevano essere custodite dai soldati! Il “mondo” di Maria e Giuseppe non era Roma imperiale né Atene dei filosofi, ma “il mondo di Dio”.
Ma ecco, capita una cosa straordinaria, davvero singolare: dopo alcuni mesi, Giuseppe scopre dai segni evidenti, che Maria sua castissima sposa verginale è incinta. Se ne accorge dopo che Ella è tornata dalla visita alla cugina Elisabetta, che nonostante l’età avanzata, era al sesto mese della gravidanza di un bimbo, quando Maria arriva per servirla (cf. Lc 1,36-56).
“Custode del Redentore”
Maria non ha detto nulla a Giuseppe, ha chiuso il mistero di Dio fatto uomo in se stessa, nel silenzio sereno e adorante. Ormai al terzo-quarto mese, Giuseppe con trepidazione si accorge che aspetta un Bambino. A questo punto il mondo avanza i suoi sospetti, ma Giuseppe che è vergine e casto, non è sfiorato dal dubbio che Maria possa aver tradito né essere stata vittima di un oltraggio. Ha capito da tempo chi è la sua Sposa, “umile”, casta, candida come e più della neve, “alta più che creatura”. Il minimo sospetto verso di Lei sarebbe stato temerario e avrebbe gettato ombra sul suo candore, sulla stessa Opera di Dio iniziata in Lei.
Tuttavia Maria è incinta. Giuseppe pensa di comprendere che si tratta di un Avvenimento più grande di lui. «Tolto ogni dubbio, sia di morale disordine, sia di materiale oltraggio, restava però il Mistero. “Joseph – dice san Girolamo (in Mt 1,1-19) – sciens castitatem Mariae, et admirans quod evenerat, celat silentio, cuius Mysterium nesciebat” (Giuseppe, conoscendo la castità di Maria e stupito di ciò che era avvenuto, cela nel silenzio ciò di cui ignorava il Mistero)» Così scrive Pier Carlo Landucci, Maria SS. nel Vangelo, San Paolo, Milano 2000, pp. 118-119.
Giuseppe comprende che si tratta di un Mistero divino e questo è già luce per lui, ma non risolve i drammatici interrogativi che premono nella sua anima: quando, come, perché, che cosa fare? Se avesse ripudiato pubblicamente Maria, l’avrebbe esposta all’infamia, cosa che non può avvenire per Maria, la più santa delle creature. Lui, poi, è “uomo giusto”, uomo perfetto, uomo santo, benché così giovane... così decide di licenziare Maria in segreto, e di farsi da parte, davanti all’Avvenimento divino che è in Lei, affidandola all’amore provvidente di Dio che ha cura di tutti i suoi figli. Ma che dolore, mio Dio, per lui e per Maria!
Riprendiamo tra mano il testo del Vangelo di Matteo (1,20-25):
«Mentre Giuseppe stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore, e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria tua sposa, perché quel che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un Figlio e tu lo chiamerai Gesù: Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Mio Dio, che luce, che orizzonti infiniti, per il giovanissimo Giuseppe! Dio, conducendolo per mano, con il suo fascino per Lui solo l’ha portato ad essere il primo collaboratore, con e dopo Maria, sua sposa, all’opera della Redenzione. Maria è stata adombrata dallo Spirito Santo e nel suo grembo si è incarnato il Figlio di Dio. A lui, umile carpentiere di Nazareth, viene dato di fare il padre putativo, da custode, di questo Bambino straordinario, unico al mondo. E lui è chiamato a dargli il nome – Gesù – cioè il Salvatore, “Dio che salva”, Dio Salvatore del suo popolo dai suoi peccati. Lui, Giuseppe, da ora, è e sarà il Custode del Redentore, nelle sue origini, nella sua infanzia e giovinezza... in silenzio sì, nel nascondimento, ma poi a custodire anche il suo popolo nuovo, la Chiesa dei redenti da quella “Creatura” che ora già cresce nel seno virgineo della sua Vergine Sposa. Mai giovane sulla terra ebbe un incarico e una dignità tanto grande.
Commenta Matteo:
«Tutto questo avvenne affinché si adempisse ciò che aveva detto Dio per mezzo del profeta [Is 7,14]: Ecco la Vergine [in ebraico “almah”] concepirà [restando vergine] e partorirà un figlio che sarà chiamato “Emmanuele” che significa “Dio con noi”».
Ecco, e la sua Sposa è la “almah”, la Vergine profetata da Isaia, la quale sarà la Madre dell’Emmanuele, quel Dio che vivrà in intimità con gli uomini che lo accolgono, elevandoli alla sua stessa vita divina. Ora era chiara ogni cosa: lui che voleva farsi da parte, ora è coinvolto sino in fondo all’opera del Redentore del mondo. Che gioia, che trepidazione: per poco il suo cuore di ragazzo, perla di ragazzo, gli scoppia in petto. Non gli restava che far presto:
«Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale partorì un Figlio che egli chiamò Gesù» (Mt 1,24-25).
E fu festa di nozze a Nazareth, con corteo della sposa Maria, che entrava nella casa dello sposo Giuseppe, ignoti agli annali della storia del tempo, noti a Dio solo, nel Mistero che veniva compiendosi in loro, primi protagonisti con Gesù che irrompeva nella storia per farla nuova e orientarla all’eternità. La storia, che nonostante tutto il clamore anti-cristico, continua ora. E nessuno la fermerà.
* Per saperne di più: Pier Carlo Landucci, Maria Santissima nel Vangelo, San Paolo 2000; Pier Carlo Landucci, San Giuseppe nel Vangelo, Effe Di Effe, Viterbo 2021.