Tra i tanti interrogativi che la questione afghana pone, eccone uno che può sembrare marginale ma in realtà di primaria importanza per porsi correttamente davanti al problema: è giusto “esportare la democrazia”?
La questione dell’Afghanistan è certamente molto complessa. Anzi, complessissima.
è però una questione che può offrirci la possibilità di qualche riflessione. Soprattutto in merito all’irrinunciabilità del modello della civiltà cristiana.
Ci sono due punti da tener presente. Il primo: non si può esportare la democrazia. Il secondo: l’unica soluzione è l’evangelizzazione.
Non si può esportare la democrazia
Non si può pretendere di auspicare per la questione afghana (o questioni simili) soluzioni del tipo: fare la guerra per esportare la democrazia.
Ciò per un motivo ben preciso: perché si tratterrebbe di esportare il modello della liberaldemocrazia occidentale, con tutti gli errori ad esso connessi. Primo fra tutti l’essenza stessa del pensiero liberale che impone la priorità della libertà sulla verità. Anzi, una libertà talmente sganciata dalla verità da divenire completamente autosufficiente ed unico criterio di giudizio di se stessa.
Da qui ciò che l’Occidente contemporaneo sta patendo: relativismo e dittatura dei desideri individuali, ovvero ogni desiderio, proprio perché desiderio, deve in un certo qual modo trasformarsi in diritto.
Il grande pensatore cattolico, lo spagnolo Juan Donoso Cortes (1809-1853), così scrive a proposito del liberalismo: «Non si possono conciliare le utopie liberali con le leggi naturali della vita, con i dogmi della Fede cattolica, con la stessa realtà quotidiana».
Interessante notare come Donoso Cortes leghi i dogmi della Fede cattolica con la vita quotidiana facendo così capire tutta la pericolosità del liberalismo che va pertanto a destrutturare completamente l’ordine naturale e la verità della persona umana.
La cosiddetta “esportazione della democrazia” richiederebbe necessariamente un intervento militare. Di per sé tale intervento potrebbe trovare anche una giustificazione secondo la Verità cattolica, ma solo quando è a servizio della Verità, non per “esportare” errori.
E si è visto poi che quando sono stati compromessi certi interessi economici in Afghanistan, si è detto “arrivederci e grazie” lasciando quel popolo in balia di se stesso. Rendendo del tutto inutile il sacrificio di tanti soldati che hanno dato la vita per tutti questi anni.
L’unica soluzione è l’evangelizzazione
Il secondo punto della questione afghana è che questa, così come tante altre simili, dimostrano quanto sia una grave eresia rinunciare al concetto di “cristianità”, cioè al modello di civiltà cristiana.
Dire, come di fatto si sostiene nella dominante prospettiva neomodernista, che l’annuncio cristiano dovrebbe rinunciare al suo esclusivismo salvifico, vuol dire accettare, altrettanto di fatto, modelli sociali che sono molto lontani da un autentico rispetto della dignità della persona umana. E l’islam, al di là delle varie interpretazioni delle scuole coraniche, ha sensibili problemi a riguardo.
Il Cristianesimo è unione di fede e cultura. Meglio: è affermazione secondo cui la fede non può non tradursi in cultura, cioè in civiltà, quindi in strutture politiche e sociali, in promozione dell’uomo, della donna, dei bambini, di tutti.
Nella Rerum novarum di Leone XIII si afferma chiaramente che non c’è soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo e che solo nel Cristianesimo si esprime una perfetta concordanza tra morale soprannaturale e morale naturale.
La civiltà cristiana non è qualcosa di aggiuntivo all’evangelizzazione. Piuttosto è l’evangelizzazione che, una volta accolta, crea di suo la civiltà.
Così scrive san Pio X nella Notre Charge Apostolique: «[...] non si costruirà la città diversamente da come Dio l’ha costruita, non si edificherà la società, se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori [...] la civiltà non è più da inventare, né la città nuova da costruire sulle nuvole. Essa è esistita ed esiste; è la civiltà cattolica».
Ecco dunque la soluzione: non l’esportazione della democrazia ma l’evangelizzazione.
Ma perché questa sia vincente occorre ciò che è sempre stato necessario all’evangelizzazione stessa: la santità e l’ortodossia.
La santità, perché non c’è evangelizzazione che possa essere fruttuosa senza la santità di chi fa missione.
L’ortodossia, che sola rende possibile la reale evangelizzazione, la quale è prima di tutto annuncio che senza Cristo e la sua Chiesa non c’è salvezza possibile e poi, di conseguenza, promozione umana.