FEDE E CULTURA
Santi avventurieri francescani in Cina /2
dal Numero 27 del 18 luglio 2021
di Carlo Codega

Tra i molti visitatori che il Papa riceveva ogni anno, era facile annoverare anche emissari e religiosi delle varie Chiese d’Oriente venuti a propiziare la causa della riunificazione. Ma un giorno, ai piedi del Sommo Pontefice si presenta un giovane francescano dal volto familiare. Cosa era venuto a chiedere?

Dall’Armenia al Papa…

Proprio nello stesso torno di tempo della visita di Bar Sauna – o, forse, un poco posteriormente – un altro emissario da Oriente si accostò al bacio della sacra pantofola papale: questa volta si trattava però di un personaggio ben conosciuto dal Santo Padre, anzi addirittura di un confratello, ovvero di fra’ Giovanni da Montecorvino, insignito già dai predecessori di Niccolò IV dell’incarico di legato pontificio presso il re di Armenia Haiton II, il quale non solo era in comunione con Roma, ma si professava apertamente protettore dell’Ordine francescano, tanto da finire la sua vita proprio indossando il saio del serafico Ordine. 

 

Ad ogni modo il re Haiton inviava questo insigne frate, che aveva allora circa quarant’anni, per impetrare dal Santo Padre il rilancio di una nuova crociata, data la sempre maggior baldanza con cui l’espansionismo dei musulmani mamelucchi insidiava i regni cristiani di Oriente. Fatto sta che Niccolò IV, ricevendo con benevolenza il frate campano a Rieti, pensò bene al contempo di rispondere all’appello del re di Armenia, a rilanciare l’ideale dell’unione tra tutte le Chiese cristiane orientali sotto la sua persona e, infine, di riprendere il sogno missionario orientale, di cui i confratelli francescani erano stati indiscussi pionieri già qualche decina di anni prima. In tal senso affidò a fra’ Giovanni lettere per il re di Armenia, i prelati delle Chiese orientali e per Argun, khan della Persia, e Kublai, gran khan, e lo inviò a percorrere i molti chilometri che separavano Rieti dall’Armenia, per poi dirigersi in Persia e negli altri territori dove risiedevano i prelati delle varie Chiese separate orientali, e, infine, fissare la propria dimora a Kambaliq, ovvero l’attuale Pechino. 

 

Ma chi era questo fra’ Giovanni da Montecorvino, a cui veniva affidata una tale impresa? Nato negli anni ’40 a Montecorvino Rovella – nei pressi di Salerno (anche se un’omonima città pugliese si contende i natali) – secondo alcuni fra’ Giovanni in giovinezza fu un insigne scienziato e dotto, tanto da entrare nella cerchia di amici e consiglieri di Federico II, l’imperatore detto “stupor mundi”, che di tutte le scienze e le pseudo-tali si proclamava amico e protettore. Tale circostanza in realtà, considerati i dati anagrafici, è ben poco probabile, mentre ben più probabile è che, all’interno dell’Ordine dei Frati Minori, fra’ Giovanni fosse tra gli esponenti del movimento spirituale, ovvero dell’ala più austera e osservante, come lascerebbero intendere i cronisti dell’Ordine, fra’ Elemosina di Assisi e Pellegrino di Castello. La sua pluriennale permanenza in Armenia lo aveva già arricchito con l’esperienza dell’Oriente, il contatto con non cattolici e non cristiani e la conoscenza di quei mongoli, a cui veniva in effetti mandato per iniziare una missione vera e propria. E, come vedremo, la sua particolare e industriosa abilità, il suo zelo apostolico e la grazia del Signore, che mai tradisce chi confida in Lui, lo aiuteranno in effetti a impiantare la prima vera e propria missione cattolica in Cina.
 

...e ritorno in Cina

Da Rieti, città in cui aveva conferito con papa Niccolò IV, fra’ Giovanni da Montecorvino raggiunse Venezia da dove, per via mare, poté approdare ad Antiochia e da lì muovere i passi verso l’Armenia, potendo discutere con l’amato re Haiton sulla missione affidatagli. Per diversi mesi sostò a Tabriz, importante snodo commerciale tra la Persia e il Caucaso, dove poté arruolare nella sua spedizione un domenicano, fra’ Niccolò da Pistoia, e quello che diventerà per lunghi anni un compagno di avventura e un amico confidente, il mercante armeno Pietro da Localuongo. 

 

Dopo più di un anno, nel quale svolse gli incarichi diplomatici ed ecclesiastici affidatigli, il Francescano con i due compagni riprese le vie dell’Oriente, ma con una significativa deviazione: dato che la famosa “Via della seta” era impraticabile a causa della guerra tra il gran khan e un khan locale, i tre si diressero verso Hormuz, nel Golfo Persico, per poi navigare, vista terra, nel mare arabico e nell’Oceano Pacifico, fino a raggiungere il Malabar, nei pressi dell’attuale città indiana di Madras. La necessità di interrompere di nuovo il viaggio, per svolgere altre mansioni diplomatiche e attendere circostanze migliori per continuare la rotta verso l’Oriente, fu trasformata dai due religiosi in un’occasione di apostolato: una lettera del 1292-’93 ci informa come l’industriosità dei due frati mendicanti avesse già permesso di erigere una chiesa in quella zona e di battezzare un centinaio di persone, se non che i problemi climatici avevano ulteriormente complicato la debole salute di fra’ Niccolò, che da lì a poco morì. Data onorevole sepoltura al compagno, Giovanni da Montecorvino ripartì con Pietro da Localuongo: sbarcarono a Canton e da lì a Quanzhou e Hangzou, sulla costa orientale. Proprio da quest’ultima città partiva il famoso Canale Imperiale che permetteva di coprire, tramite navigazione interna, gli oltre 1800 km che mancavano alla capitale Kambaliq (l’attuale Pechino), situata nell’estremo nord della Cina. Anche questo ultimo viaggio non fu né semplice né agevole, ma in tal modo gli fu possibile giungere a Pechino già nel 1294, anche se una cattiva notizia aspettava il missionario: il grande promotore del Cristianesimo, il gran khan Khubilai, era appena morto e da lì a poco sarebbe stato sostituito dal più tiepido Timur Olgeitu. Le more e i ritardi della Cristianità ancora una volta avevano buttato al mare una buona occasione di evangelizzare la Cina, ma un altro problema – forse ancor più doloroso – attendeva il Frate francescano, unico sacerdote e religioso cattolico nell’immensa capitale dell’impero mongolo.

 

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