ATTUALITÀ
Dentro una clinica per l’aborto
dal Numero 25 del 4 luglio 2021
di Francesca Romana Poleggi

“Live Action” ha raccolto la testimonianza di una donna americana alle prese con una gravidanza indesiderata, decisa ad abortire. è una storia drammatica ma a lieto fine, che riteniamo di condividere con i Lettori italiani.

Jill Stojeba, una giovane americana come tante, si trovò incinta a 26 anni di un uomo che si è subito premurato di accompagnarla alla Planned Parenthood per abortire.

 

Arrivata in clinica, mentre sbrigava le pratiche amministrative, accidentalmente ha visto la foto del suo bambino scattata durante l’ecografia: «Ho visto delle piccole braccia, due gambette e una testa». Ha cercato di raccontarlo al fidanzato, ma questi non si è lasciato commuovere e continuava a ripeterle: «Non posso farcela».

 

Poco prima di vedere quell’immagine (che in alcuni Stati americani è vietato per legge mostrare alle donne che chiedono l’aborto), Jill aveva fatto una seduta di consulenza con il personale specializzato della clinica: due domande rapide, un sospiro, un: «Va bene, allora è deciso» e una (ridicola) spiegazione della procedura chirurgica come cosa asettica, facile, rapida, pulita e indolore.

 

In sala d’aspetto, due amiche stavano ridendo a crepapelle per gli aborti che avevano fatto insieme dopo qualche notte brava. Una donna sulla quarantina, invece, stava seduta da una parte in condizioni apparentemente miserevoli. E poi c’era un certo numero di ragazze che, come età, potevano essere studentesse universitarie.

 

Il personale della clinica le smistava e le spostava da una stanza all’altra un po’ come bestiame: cura e attenzione per le donne, secondo Jill, erano praticamente inesistenti.

 

«Vestita così come ero, sono stata indirizzata verso una saletta: mi sono sdraiata lentamente su un freddo tavolo di metallo, accanto a un vassoio che sembrava d’argento, pieno di lucidi strumenti affilati di ogni forma e dimensione». Una donna anziana entrò nella stanza, e informò Jill che il medico sarebbe arrivato entro cinque minuti. Non le chiese se voleva antidolorifici, ma le disse di prepararsi.

 

A questo punto, sdraiata su quel tavolo freddo, Jill si è sentita madre: una madre che vuole salvare la sua vita e quella di suo figlio. Si è alzata, ha strappato il camice di carta e si è precipitata a fare quel primo, urgente, indimenticabile, passo fuori dalla clinica per l’aborto: «Sarò sia mamma sia papà per questo bambino».

 

«Dove vai?», «Ma che fai?», «Ma come farai?» il personale della clinica le gridava dietro di fermarsi. Jill non rispondeva. Diceva a se stessa: «Non lo so come farò, ma questo che stavo per fare so che è sbagliato!».

 

Da un angolo della sala, vicino all’entrata, si levò una voce soffocata di qualcuno che le ha sussurrato: «Vai da Birthright», un centro di aiuto alla vita.

 

Fuori dalla clinica due volontarie, due “sidewalk counselors” l’hanno aiutata a districarsi anche dal suo ex dicendo: «Per favore, non uccidere il tuo bambino! Gesù ama il tuo bambino!». Jill poi è ritornata sul posto per ringraziarle di aver pregato per lei. Con una delle due è diventata amica: una splendida “ragazza” di 84 anni che distribuisce fiori e volantini pro-life ogni sabato fuori da quella clinica. 

 

Le prime parole che le hanno detto alla reception di Birthright sono state: «Congratulazioni per essere diventata mamma!». Dopo tante cose così terribili e terrorizzanti che aveva sentito fino a quel momento, tipo: «Solo l’aborto ti consentirà di continuare a vivere la tua vita», è stato un balsamo per le orecchie e il cuore di Jill. 

 

E così è nato Nicholas. Jill è diventata un’attivista pro-life e lavora come volontaria per aiutare le donne incinte in difficoltà, che purtroppo in questa società vengono messe davanti all’aborto come davanti all’unica soluzione, l’unica scelta (ma davvero è una scelta?) possibile.

 

Non c’è stato un giorno in tutta la sua vita in cui Jill si sia pentita di essersi alzata da quel tavolo operatorio, nonostante abbia dovuto affrontare mille difficoltà, non solo economiche.

 

A ogni donna incinta, Jill scrive: «Esiste un aiuto: fidati del tuo istinto. Dio dà a ogni madre nove mesi di tempo per prepararsi ad accogliere il suo bambino in questo mondo. Hai un sacco di tempo per prepararti all’arrivo del tuo angelo!».

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