Ciò che sfuggiva ai rozzi Apostoli, non poteva sfuggire alla Madre d’amore, immensamente sensibile tanto all’amore di Gesù quanto all’odio del traditore. Il suo sguardo trepidante e materno avrà cercato con indicibile ansia il traditore, nel desiderio di estrarre quella spina acuta dal Cuore del Figlio, non per gettarla nell’abisso qual tizzone d’inferno, ma per trasformarla in rosa d’amore per il Paradiso.
Tra i personaggi della Passione che la Settimana Santa propone alla nostra attenzione, c’è anche quello oscuro di Giuda il traditore, il «figlio della perdizione» (Gv 17,12). Don Dolindo Ruotolo, nel suo commento ai quattro Vangeli, dedica molto spazio a questa losca figura, cercando di esaminare quelle incognite psicologiche che sono lasciate alla nostra indagine e trapelano con sottile discrezione e precisione da alcuni particolari messi in luce dagli Evangelisti.
Don Dolindo, nell’insieme, mostra quanta predilezione e dolcezza Gesù riservò a colui che sapeva l’avrebbe tradito, tenendo nascosti agli occhi degli altri apostoli quei difetti e quelle mancanze che l’avrebbero smascherato e chiamandolo “amico” persino nel momento in cui si rivelava con il bacio menzognero (cf. Mt 26, 49-59 e Lc 22,48). La delicatezza e l’amore del Figlio dell’uomo fu come sempre esemplare, soprattutto se si considera che Egli vedeva perfettamente come il traditore, lungi dal ravvedersi e migliorare, alimentava e moltiplicava interiormente i sentimenti di odio, ribellione, malvagità, fino ad arrivare alla decisione di venderlo per pochi soldi. Nelle ultime ore della vita terrena del Maestro, come riporta il Vangelo, «Satana entrò in Giuda» (cf. Lc 22,3), ma la misericordia di Gesù lo seguì premurosa fino alla fine.
L’ambigua ed emblematica figura di Giuda non poteva non essere motivo di somma sofferenza anche per Maria Santissima. Il servo di Dio Pier Carlo Landucci, nella sua magistrale mariologia evangelica, ha espressioni decisamente toccanti, che rivelano come la divina Madre di fronte all’apostolo prevaricatore «non poté che dilatare il suo cuore in una estrema impetrazione per la conversione e la salvezza di quell’infelice» (1). Il dolore della Madonna era duplice, sia perché vedeva che, nonostante ogni tentativo, Giuda non dava segni di ravvedimento, sia perché il suo Cuore materno, vibrando all’unisono con quello di Gesù, vi leggeva tutto il dolore provocato da tale perdita.
Il Landucci descrive l’impenitenza finale di Giuda come una vera tragedia:
«Il diabolico pungolo sospinse l’infelice lontano, fino alla morte disperata (cf. Mt 27,5). E invano per lui le misericordiose braccia inesauste si lasciarono inchiodare, a prolungarne il gesto amoroso e straziante sopra la Croce. Le braccia misericordiose di Gesù restarono aperte fino all’ultimo istante verso di lui, sostenute da inesauribile amore, pronte ad accoglierlo nel loro abbraccio vivificatore, appena si fosse rifugiato in esse. Così il Cuore Immacolato lo attese maternamente fino all’ultimo per stringerlo in un amplesso d’amore. Invano!» (2).
Sorprende riscontrare le medesime riflessioni negli scritti della serva di Dio Madre Maria Costanza Zauli che parlano dell’estremo e doloroso tentativo di Gesù e Maria Santissima di riportare Giuda sulla via della grazia. Come Don Dolindo, anche per la Zauli
«si sarebbe detto che il divino Maestro prediligesse Giuda sugli altri, tante erano le finezze, le attenzioni che gli usava... Quale strazio per Gesù e per la Madre sua! E quale mistero!» (3).
Ma di questo mistero «dell’iniquità di fronte alla Misericordia più grande», la contemplazione di Madre Maria Costanza coglie e offre un aspetto inedito, che intende mostrare come la Madonna, Madre e Rifugio dei peccatori, abbia tentato veramente il tutto per tutto pur di far breccia nel cuore traviato dell’infelice prevaricatore.
Madre Maria Costanza contempla Maria Santissima, la sera del Giovedì Santo, studiare il momento dell’arrivo degli Apostoli nel Cenacolo:
«Cercò di porsi sulla via che conduceva al Cenacolo, mantenendosi nascosta fino a quando il disgraziato apostolo vi si portò. Arrivò ultimo, a passi concitati, in maniera che si notava in lui qualcosa di sinistro e oscuro. La Madonna voleva dare un tocco soavemente materno a quel cuore travolto dalla passione e, silenziosamente, con l’espressione di un amore che si sarebbe creduto dover trionfare di ogni più ostinata resistenza, si mise là dove quel figliolo avrebbe dovuto necessariamente passare. Giuda di lontano riconobbe Maria ed ebbe un primo moto di urto. Se avesse potuto sfuggirla, lo avrebbe fatto volentieri: quell’incontro – dominato com’era da Satana – gli era insopportabile. Ma l’amorosa Madre, ancor più accorata per quelle diaboliche disposizioni che intuiva con tutta chiarezza, intensificando la sua preghiera all’Altissimo, si avvicinò in maniera da non poter essere evitata. E il miserabile ebbe l’ardire di disprezzare Colei che veniva ad offrirgli la salvezza! Con un urtone villano la respinse, quasi gli tardasse il momento di entrare là ove era atteso, e bieco, torvo, si precipitò nell’atrio del Cenacolo» (4).
Parole eloquenti che invitano a riflettere sulla realtà del rifiuto della misericordia divina non solo da parte di Giuda, ma anche da parte di tanti che come lui, nonostante tutte le opportunità e i richiami possibili, preferiscono liberamente il male che conduce alla perdizione. Quante volte dietro a questi richiami e opportunità, si nasconde proprio la Madre amorosissima di ogni anima, che tenta l’impossibile, rischiando di essere respinta e oltraggiata.
La Zauli conclude descrivendo la Madonna come
«la viva statua della sofferenza» per lo schianto e l’amarezza di quel rifiuto. Un rifiuto che le faceva sentire «quanto passava in quel momento nel cuore del Figlio che, col tradimento di Giuda, aveva presenti quanti nel corso dei secoli, per loschi fini, per il più basso interesse, avrebbero rinnovato quel sacrilego mercato...» (5).
Il tradimento di Giuda fu veramente una trafittura lacerante, una pena che trova sempre uniti i due Sacri Cuori davanti al ripetersi moltiplicato di tale misfatto, ogni volta che un’anima, nonostante tutti i richiami e gli inviti della grazia, sceglie di seguire la stessa dinamica di “non ritorno” dalla via della perdizione eterna.
La contemplazione di questo mistero d’iniquità ci sproni ad “ascoltare” e rispondere maggiormente ai palpiti d’amore che i Cuori del Redentore e della Corredentrice hanno a favore delle anime da salvare, donandoci più prontezza e generosità nella pratica della riparazione, sapendo riconoscere quando – come diceva san Pio da Pietrelcina – «è Lui che viene a mendicare pene e lacrime: ne ha bisogno per le anime».
Note
1) P. C. Landucci, Maria Santissima nel Vangelo, Edizioni San Paolo, p. 381.
2) Ivi, p. 382.
3) Serva di Dio madre Maria Costanza Zauli, Rosario ed Eucaristia, Città Nuova, p. 75.
4) Ivi, p. 76.
5) Ibidem.