Salve, mi sono imbattuto (per caso) in una trasmissione YouTube in cui un famoso rapper e un giovane youtuber intervistano un ospite (diverso per ogni puntata). Nel video in questione era la volta di un giovane sacerdote, [...], che nello scorso tempo di lockdown è divenuto a sua volta e senza volerlo un famoso youtuber perché alcuni brevi video-catechesi che aveva messo online per i ragazzi del suo oratorio sono divenuti, come si dice, “virali” e hanno avuto oltre 100.000 visualizzazioni, facendo di lui un fenomeno dei nostri giorni. Premetto che il sacerdote mi sta simpatico (anche se a volte il suo linguaggio mi sembra inadeguato), si vede che è convinto della sua vocazione e penso possa fare del bene ai ragazzi. Sorvolo sul fatto che dalle domande del rapper e del giovane compagno trapela totale ignoranza e anche una certa irriverenza in materia religiosa. E vengo al dunque. In un passaggio dell’intervista, il sacerdote sostiene con convinzione una cosa che mi ha sorpreso, oltre ad aver sconvolto i due giovani intervistatori che lo hanno guardato con occhi sbarrati. La domanda era: «Se dovessi recensirci la Bibbia, cosa diresti?». Risposta: «La Bibbia è una grande storia. Una storia composta da tante storie: la storia mai accaduta (Adamo ed Eva, Caino e Abele, il Diluvio universale), la storia accaduta in epoche specifiche, altre storie che sono metaforiche (il racconto di Giobbe, di Giuditta) che partono da eventi che sono magari sì accaduti però interpretati da altri uomini...». Alla reazione: «In che senso Adamo ed Eva, Caino e Abele non sono mai accaduti??! Quindi sono delle allegorie?», ha risposto: «È metastoria. Secondo gli studi, i testi dei primi capitoli della Genesi corrispondono a un genere letterario particolare che si chiama “eziologia metastorica”, cioè cerca di studiare le cause di alcune cose che vivono gli uomini (l’origine del male, il rapporto tra fratelli, il rapporto con l’altro sesso...) collocandoli al di fuori della storia: “in principio”. Quand’è “in principio”? Boh, però, quello che valeva in principio vale sempre, anche oggi, quindi Adamo ed Eva si può leggere in modo molto attualizzato...».
Chiaritemi vi prego le idee... Adamo ed Eva è un racconto reale oppure è un’allegoria? [...].
Marco S.
Caro Marco, per dissipare subito ogni suo dubbio possiamo aprire insieme il Catechismo della Chiesa Cattolica e leggere quanto insegna. Leggiamo i passi più significativi, che riportano affermazioni di Concili e di Magistero della Chiesa. Si tratta quindi di affermazioni normative e vincolanti per chi si definisce cattolico, non soggette a libera disputa.
Circa il paradiso terrestre e Adamo ed Eva dice: «La Chiesa, interpretando autenticamente il simbolismo del linguaggio biblico alla luce del Nuovo Testamento e della Tradizione, insegna che i nostri progenitori Adamo ed Eva sono stati costituiti in uno stato “di santità e di giustizia originali” [Concilio di Trento, DS 1511]. La grazia della santità originale era una “partecipazione alla vita divina” [Lumen gentium, 2]» (n. 375). Poco prima aveva detto: «Il primo uomo non solo è stato creato buono, ma è stato anche costituito in una tale amicizia con il suo Creatore e in una tale armonia con se stesso e con la creazione, che saranno superate soltanto dalla gloria della nuova creazione in Cristo» (n. 374). Successivamente precisa: «Finché fosse rimasto nell’intimità divina, l’uomo non avrebbe dovuto né morire (Gen 2,17; 3,19), né soffrire (Gen 3,16). L’armonia interiore della persona umana, l’armonia tra l’uomo e la donna (Gen 2,25), infine l’armonia tra la prima coppia e tutta la creazione costituiva la condizione detta “giustizia originale”» (n. 376).
Il Catechismo parla inequivocabilmente di «prima coppia». La prima coppia (Adamo ed Eva) non è linguaggio simbolico. Quanto segue spiega ancora meglio: «Il racconto della caduta (cf. Gen 3) utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all’inizio della storia dell’uomo [cf. Gaudium et spes, 13]. La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori» (n. 390).
A quanti dicono che si tratta di “storia mai accaduta”, la Chiesa ricorda che, al di là delle immagini usate, si tratta al contrario di un fatto realmente accaduto all’inizio della storia: ossia di storia certamente accaduta. Questa è la dottrina della Chiesa e per chi è cattolico, sacerdote o laico, il non accettarla significa entrare in contraddizione con la propria fede.
Sulla questione è interessante sapere che la Pontificia Commissione Biblica, la quale prima del Concilio Vaticano II era un organo del Magistero, direttamente collegato all’ex Sant’Uffizio, emanò nel 1909 un decreto sul carattere storico dei primi tre capitoli della Genesi, che contengono il racconto della creazione. In questo decreto si respingono le interpretazioni che riducono il racconto biblico della creazione a un insieme di miti orientali, leggende o allegorie cui non corrisponderebbe un fondamento oggettivo nella realtà dei fatti.
In particolare il decreto presenta un elenco di fatti, sui quali non è possibile avere dubbi: 1) la creazione di tutte le cose dal nulla, fatta da Dio all’inizio del tempo; 2) la creazione speciale dell’uomo; 3) la formazione della prima donna dal primo uomo; 4) l’unità del genere umano; 5) la felicità originale dei Progenitori, in uno stato di giustizia, integrità e immortalità; 6) il comando dato da Dio all’uomo per provarne l’ubbidienza; 7) la trasgressione del comando divino, per istigazione del diavolo sotto apparenza di serpente; 8) la caduta dei Progenitori dallo stato primitivo di innocenza; 9) la promessa del futuro riparatore.
Circa le modalità in cui questi fatti si siano avverati, il medesimo decreto scrive: «Nello scrivere il primo capitolo della Genesi non fu intenzione del Sacro Autore di insegnare alla maniera scientifica l’intima costituzione delle cose visibili e l’ordine completo della creazione, ma piuttosto di dare al suo popolo una nozione popolare, come comportava il comune parlare di quei tempi, adattata ai sensi e alla portata di quegli uomini. Perciò nella sua interpretazione non si deve cercare con precisione e sempre la proprietà del linguaggio scientifico. Non si devono prendere sempre e necessariamente in senso proprio tutte le singole parole o frasi che occorrono nei suddetti capitoli; sarà quindi lecito staccarsi da tal senso quando le stesse locuzioni usate appaiono chiaramente improprie o metaforiche, oppure antropomorfiche, e quando una ragione proibisca di tenere il senso proprio o una necessità costringa ad abbandonarlo. Nell’interpretare quei passi che i Padri e i Dottori intesero in modo diverso, senza dare alcunché di certo e definito, è lecito seguire e difendere la sentenza che a ciascuno sembra prudentemente dimostrabile, salvo il giudizio della Chiesa e conservando l’analogia della fede. Nella denominazione e distinzione dei sei giorni, di cui si parla nel primo capitolo della Genesi, si può prendere la parola yôm (giorno) sia in senso proprio, come giorno naturale, sia in senso improprio per un certo spazio di tempo, ed è lecito disputare liberamente su tale questione».
L’enciclica Humani generis (12 agosto 1950) ribadisce che «gli undici primi capitoli della Genesi, benché propriamente parlando non concordino con il metodo storico usato dai migliori autori greci e latini o dai competenti del nostro tempo, tuttavia appartengono al genere storico in un senso vero, che però deve essere maggiormente studiato e determinato dagli esegeti; i medesimi capitoli con parlare semplice e metaforico, adatto alla mentalità di un popolo poco civile, riferiscono sia le principali verità che sono fondamentali per la nostra salvezza, sia anche una narrazione popolare dell’origine del genere umano e del popolo eletto.
Se qualche cosa gli antichi agiografi hanno preso da narrazioni popolari (ciò che può essere concesso), non bisogna mai dimenticare che essi hanno fatto questo con l’aiuto della ispirazione divina, che nella scelta e nella valutazione di quei documenti li ha premuniti da ogni errore. Quindi le narrazioni popolari inserite nelle Sacre Scritture non possono affatto essere poste sullo stesso piano delle mitologie o simili, le quali sono frutto più di una accesa fantasia che di quell’amore alla verità e alla semplicità che risalta talmente nei Libri Sacri anche dell’Antico Testamento, da dover affermare che i nostri agiografi sono palesemente superiori agli antichi scrittori profani».